Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Che cosa devono pensare, i lettori, dei giornali e dei giornalisti che per due giorni hanno scritto succosi retroscena della lotta in corso in seno al board della Bce, cioè i 18 governatori dell’area euro più i sei membri del Comitato esecutivo? Ieri, finita la riunione dei ventiquattro, Draghi ha affrontato i cronisti assetati di sangue e con la sua solita flemma d’acciaio ha annunciato in inglese che il board aveva adottato le misure che aveva adottato all’unanimità. Poi, per essere ancora più chiaro, ha ripetuto para para la frase che i famosi falchi gli avrebbero contestato aggiungendo che in Bce non esistono coalizioni e non c’è nemmeno un Nord o un Sud. Quindi: o i bene informati non erano per niente bene informati o il nostro Draghi è un osso troppo duro anche per i durissimi tedeschi oppure i durissimi tecdeschi sono divisi al loro interno e quello che vogliono i banchieri non è quello che vuole la Merkel o infine i durissimi tedeschi si sono resi conto che i numeri della Germania non sono così buoni come si pensava e che quindi un po’ di allentamento (easing), un po’ di flessibilità andrebbe bene pure per loro. Piovevano intanto dati Ocse sul nostro futuro, tremendi come al solito, e il falco Schäuble annunciava la decisione tedesca di investire dieci miliardi in tre anni per stimolare la ripresa, persino finanziando, se necessario, lavori inutili.
• Si potrebbe entrare un po’ più nel merito?
Sì, a patto di ammettere che, stringi stringi, non si capisce niente. Lo ammette?
• Lo ammetto se lei me lo dimostra.
Il primo paradosso è questa storia del board Bce. Hanno scritto i giornali nei giorni scorsi, spinti da rivelazioni della Reuters inglese, che all’interno di questo quadro di comando della Banca Centrale Europea s’era formato un partito di minoranza contrario agli acquisti dei titoli del debito «quanto serve» e assai irritati per il fatto che Draghi, a loro dire di testa sua, aveva annunciato un’espansione del bilancio europeo di un migliaio di miliardi. I pettegolezzi erano giunti al punto che i dieci avevano criticato anche l’atteggiamento di Draghi durante le riunioni. «Sta lì con tre cellulari sul tavolo, spesso scrive sms o esce per parlare al telefonino». Si faceva notare che il predecessore, Trichet, era assai più comunicativo. Il gruppo dei ribelli era formato, secondo i retroscenisti, dai governatori tedesco, olandese, lussemburghese, èstone, lèttone, slovacco, sloveno, austriaco più almeno un paio di membri del Comitato esecutivo. A capo del dissenso, ovviamente, Jens Weidmann, governatore della Banca Centrale Tedesca o Bundesbank. Si mormorava - e i giornali scrivevano - che il dissenso di Weidmann rispetto a Draghi era talmente forte che era possibile prevedere le sue dimissioni. La Merkel avrebbe pregato «Mario» di sentirlo un momento, di cercare un’intesa. Si aspettava dunque questo vertice di ieri come Noè aspettava il diluvio, e invece, alla fine, esce Draghi e, dopo aver annunciato che tutti i tassi restavano invariati, diceva: «Il Consiglio Bce è unanime nel prendere in considerazioni ulteriori misure non convenzionali se si verificasse un prolungato periodo di bassa inflazione.. Lo staff dell’Eurotower ha ricevuto dai governatoti unanimi il mandato di preparare ulteriori misure da utilizzare solo se necessario. Non si tratta di monetizzare il debito. Con gli acquisti di covered bond (obbligazioni garantite dall’emittente, ndr) e Abs (prestiti cartolarizzati, ndr), insieme con le aste di liquidità (Tltro) il bilancio della Bce tornerà ad ampliarsi ai livelli di inizio 2012» cioè il migliaio di miliardi che non era piaciuto a Weidman e ai dieci. Come mai si è passati così rapidamente dal giorno alla notte? Mistero.
• Altri misteri?
I dati Ocse, che peggiorano le stime dell’altro giorno diffuse dalla Commissione Ue (ma l’Ocse consiglia di affrontare la crisi lasciando che la Bce compri debito, cioè si sono schierati contro i tedeschi), non sono per niente un mistero, sono casomai, con la ripetizione del lamento, una noia. Il vero elemento indecidibile riguarda americani e giapponesi.
• Cioè?
Il capo della Federal Reserve Janet Yellen ha deciso non comprare più dosi massicce di titoli pubblici. Preoccupazione da questa parte del mondo di una serie di esperti: ci saranno meno soldi in giro, la domanda raffredderà ulteriormente. Insorgono altre esperti: no, per noi europei è un vantaggio, introducendo austerità gli Stati Uniti rafforzano il dollaro e se il dollaro si rafforza l’euro si indebolisce, quindi esportiamo più di prima.
• Chi ha ragione?
E chi lo sa? Badi che sul lato giapponese si pratica il ragionamento inverso. Siccome la cura degli acquisti massicci non ha funzionato, il premier Abe e il suo governatore hanno deciso di acquistare ancora di più. Su quel lato, perciò, lo yen si indebolisce e l’euro si rafforza e le esportazioni risultano colpite. C’è qualcosa per cui dobbiamo esultare? C’è qualcosa per cui dobbiamo dolerci? Ah, saperlo.
(leggi)