Filippo Ceccarelli, la Repubblica 7/11/2014, 7 novembre 2014
L’ULTIMA BEFFA DEL FISCO
Prepararsi dunque a guardare con spensierata o malinconica sorpresa a quei fogliettini sgualciti che ancora per un po’ navigheranno, superstiti coriandoli del carnevale del fisco italiano, nelle tasche dei cambi di stagione: “Toh, uno scontrino!”.
Non si scrive qui “addio scontrini” perché in Italia davvero non si sa mai, e un provvedimento come quello annunciato ieri dalla nuova direttrice dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi è già stato promesso due o tre volte e poi chi s’è visto s’è visto — i ministri Del Turco e Fantozzi, il presidente Berlusconi — ed eccoci qui.
Per cui d’accordo gli sviluppi tecnologici e la formidabile rintracciabilità, ma prudenza. D’altra parte quando vennero introdotti, ormai più di vent’anni orsono, gli scontrini non arrivarono solamente in ritardo, ma determinando inesorabile caos. Non erano pronti i registratori di cassa, le multe incombevano, i commercianti protestavano e fin dall’inizio la disciplina si connotò per la consueta filastrocca di norme transitorie, e deroghe, proroghe, esenzioni, variazioni, dilazioni, sospensioni e altre arcane diavolerie tributarie che condannavano supermercati, barbieri e copisterie nello stesso momento in cui salvavano benzinai, giornalai e tabaccai.
Sui caldarrostai si sviluppò quindi un’intrepida controversia, risoltasi in modo creativo con l’accettazione dello scontrino “manuale” o “a penna”; mentre, ma non subito, la fecero franca gli spazzacamini, i gondolieri e gli stabilimenti balneari, là dove — esistono al riguardo mirabili prose di ordine burocratico-sensoriale — i bagnanti si ritennero impossibilitati a “conservare” quei pezzettini di carta. E lo “scontrino nel bikini”, come avevano preso a chiamarlo sui giornali, rischiò di dare il titolo a qualche canzonetta.
Più misterioso, ma anche sintomatico di un certo carattere nazionale, è stabilire come per tanti anni siano riusciti a convivere una certa vena punitiva-vessatoria e il classico andazzo, non di rado camuffato da buonsenso. La torsione fra i due estremi, al solito generatrice di commedia, si ritrova nelle innumerevoli contravvenzioni che le cronache allegramente e regolarmente rubricavano nel vasto comparto dello “strano ma vero”.
Multata la mamma per il cioccolatino senza scontrino, e il bimbo per le patatine, e il nonno per la brioche, e il figlio parrucchiere (“Maison d’art” di Bibbiena) per aver fatto la permanente alla mamma. E tanti altri a vario titolo sanzionati, per estive, gioiose e romantiche violazioni, la fetta d’anguria, il palloncino o il mazzo di fiori. Per non ricordare vicende tra l’assurdo fiscale e il metafisico esistenziale, tipo il proprietario chietino di un bar accusato di aver servito un bicchier d’acqua di rubinetto, ma “con scorza di limone”, a un conoscente che l’aveva cortesemente richiesto, o forse disperatamente implorato perché “sofferente di stomaco”.
Coriandoli, dunque e sul serio, dalla Napoli di Eduardo alla finta e anzi sospetta Prussia bismarckiana passando per il ministro leghista Pagliarini, che già alla metà degli anni ‘90 proponeva la lotteria “Ce l’hai lo scontrino?”, fino al Festival delle Trovate Strabilianti di Baselga di Pinè (Trento) dove nel 1999 furono appiccicati su nastro adesivo migliaia e migliaia di scontrini per farne uno da Guinness dei primati, lunghezza 12 chilometri e 314 metri.
Ma quel bizzarro monumento, nel frattempo, rendeva comunque merito all’inconsapevole supporto che le ricevute fiscali hanno finora fornito alle indagini di polizia. Vastissima la casistica. Inchiodato per un scontrino il giovane trapanese che mise il veleno topicida nel purè di cui è ghiotta la sua mamma. Beccati per due scontrini (uno di pizza, l’altro “Ideal Market Nuoro”) i sequestratori di Silvia Melis. Non si ha idea dei rapinatori incastrati, dei latitanti rintracciati, dei cadaveri identificati per quei bigliettini obbligatori che però quasi un commerciante su tre non mollava ai suoi clienti (più al Sud che al Nord, record a Napoli e Palermo).
Evasione fiscale e correzione civica, per certi versi, come dimostra la storia vera del rapinatore di Torino, zona Porta Susa, che entra nel negozio, conquista con la forza un telefonino, pretende e ottiene lo scontrino brontolando mentre si dà alla fuga: «Così pagate le tasse anche voi!».
Ecco, questa epopea di strette retrattili e beatissimi rilassamenti, di scomodità, paradossi, dispettucci e follie starebbe — starebbe, attenzione! — per finire. Il congedo affidato ai blitz estivi della Guardia di Finanza a Cortina e Portofino; e poi alla saga delle spese pazze delle Regioni: reggiseni di pizzo, collezioni di Diabolik, pasta fresca, Barbie, campanacci per bovini, mazze da golf, Gratta&Vinci, adozioni a distanza, toelettatura del cane, tinture per capelli, mutande verdi, ricevimenti di cresima, un corno istoriato, acquisto volume “Il segreto delle donne, viaggio nel cuore del piacere”. Tutto documentato dai coriandoli dell’umana debolezza. Gli scontrini del più scontato scontento.