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 2014  novembre 07 Venerdì calendario

ECCO DOVE SI NASCONDE L’UOMO DELLA STRAGE


FRANCOFORTE Se la spassa a spese dei contribuenti tedeschi. Measho Tesfamariam, 29 anni, eritreo, vive non lontano da Francoforte, secondo quanto ha confermato la polizia criminale di Giessen, cittadina universitaria nel cuore dell’Assia. Un nome, il suo, che nasconde tre identità. Dal Sudan alla Libia è un famoso trafficante di profughi. In Italia è accusato di essere coinvolto nella scomparsa nel Mediterraneo di un barcone con 243 esuli eritrei e sudanesi, più lo scafista arabo, così come è spiegato nell’esposto consegnato il 17 ottobre alla Procura di Milano. E come “l’Espresso” ha raccontato nel numero 43, uscito il 24 ottobre. In Germania si è presentato a un centro di accoglienza per rifugiati, ha registrato le sue impronte digitali ed è stato accolto tra i richiedenti asilo. Con questa ultima qualifica, Tesfamariam passa le sue giornate indisturbato e mantenuto dal governo di Angela Merkel: lui, l’uomo che è sospettato di aver incassato 3.200 dollari, oltre 2.500 euro, per ciascuna delle migliaia di persone accompagnate attraverso il Sahara e poi spedite in mare. Come è possibile? «Senza una denuncia presentata all’autorità tedesca o un’attivazione ufficiale da parte della magistratura italiana», spiega un commissario della polizia criminale, «ora che abbiamo scoperto chi è e dov’è, non possiamo fare altro che guardarlo».
Qui, nell’elegante e silenzioso municipio di Giessen, sapevano da fine settembre dei profughi dispersi e dell’arrivo in Germania di Measho. Cioè molto prima della denuncia presentata in Italia. Lo aveva rivelato il fratello del trafficante all’ufficio minori del Comune. Ma nessuno dei funzionari ha ritenuto di dar seguito alla segnalazione. “L’Espresso” ha ora rintracciato il presunto boss che ascolta Michael Jackson e pubblica selfie su Facebook. L’uomo della probabile strage, protagonista della nostra inchiesta di due settimane fa, da poco più di un mese è iscritto all’anagrafe tedesca dei rifugiati. Measho Tesfamariam è entrato in Germania la sera del 19 settembre, dopo aver preso a Bologna l’Eurocity per Bolzano delle 11.52. Quel pomeriggio in stazione aveva un appuntamento con uno dei parenti dei 243 passeggeri del barcone partito alle tre di notte del 28 giugno dalla spiaggia di Al-Khums in Libia e mai arrivato in Italia. Di fronte al caos della guerra civile libica, anche Tesfamariam si era poi imbarcato. A metà settembre, era stato soccorso da una nave della Marina italiana impegnata nell’operazione “Mare nostrum”. E, con duemila euro in contanti nascosti nello zaino, era arrivato sano e salvo a Brindisi da dove è subito fuggito per raggiungere prima Napoli, poi Bologna, infine la Germania. Superfluo aggiungere che, all’appuntamento in stazione a Bologna, Measho non si è mai presentato. Lo aveva rintracciato in quelle ore, sul suo nuovo numero di cellulare italiano, il fratello di una ragazza eritrea di 30 anni scomparsa con un cugino e lo zio. Il fratello, che abita vicino a Milano, giorni dopo ha firmato l’esposto alla Procura: un resoconto dettagliatissimo che raccoglie la sua testimonianza e quelle di una commerciante milanese, un operaio e un rifugiato che vivono a Roma. Tutti cittadini di origine eritrea che ancora sperano che i loro familiari siano vivi. Centoquaranta dei 243 passeggeri, tra i quali donne e bambini, erano già stati sequestrati in Libia. Li avevano liberati dopo il pagamento del riscatto: 3.600 dollari a ostaggio. Così ai parenti sparsi tra l’Eritrea, l’Europa e il Canada non resta che sperare adesso che siano stati rapiti un’altra volta. Sembra un paradosso, sì: ma è sempre meglio che rassegnarsi all’ipotesi del naufragio.
In Germania “l’Espresso” ha rintracciato anche il fratello di una ragazza salita a bordo, Helen, 20 anni, dispersa con la cugina Freiweht, 18 anni. La sua denuncia dovrebbe permettere finalmente alla polizia tedesca di invitare in ufficio Measho e chiedergli tutto ciò che sa sul barcone e i suoi passeggeri. Il primo passo verso un eventuale provvedimento giudiziario. Per questo la polizia criminale prega che non sia rivelato l’indirizzo dove il presunto trafficante abita. Tesfamariam ha una parente in Svezia e una ex compagna in Norvegia. Se dovesse fuggire adesso, sarebbe un’ulteriore beffa.
Nelle stesse ore in cui i soccorsi dell’operazione italiana “Mare nostrum” vengono sostituiti dall’agenzia di polizia europea “Frontex”, la sfacciataggine di Measho dimostra quanto l’Ue sia refrattaria al coordinamento. E facilmente permeabile a qualunque forma di criminalità globale. Al punto che un cittadino vittima di un gravissimo reato non sa a quale autorità rivolgersi. Il primo ostacolo è la mancanza di una lingua ufficiale europea. In attesa dei lunghi tempi della rogatoria dall’Italia e della traduzione in tedesco dell’esposto italiano, la polizia criminale di Giessen ha saputo per caso del coinvolgimento della Germania nella storia. Da questa domanda: vi siete mai occupati del cittadino eritreo Measho Tesfamariam? Resta poi da stabilire quale procura e quindi quale ufficio di polizia dovrà indagare sui reati commessi in Libia e su un eventuale rapimento o naufragio di cui non esistono tracce: Brindisi (dove Tesfamariam è sbarcato), Bologna (dove è stato filmato in stazione), Giessen (nella cui zona è stato segnalato)? Anche questo è ancora da definire.
Proprio a Giessen abita da aprile il fratello di Measho. È ospite della Caritas in una casa accoglienza per minorenni. Ha dichiarato di avere 16 anni e, come accade per le migliaia di profughi accolti nell’efficiente sistema tedesco, frequenta la scuola. Sono diecimila i rifugiati assistiti nel 2014 in questa cittadina di ottantamila abitanti a un’ora di autostrada da Francoforte. Secondo quanto ha spiegato Karin Launer, tutore dell’ufficio minori del Comune, alla giornalista Katharina Windmaisser del settimanale “Bild am Sonntag”, già a fine settembre il più piccolo dei Tesfamariam aveva confidato agli assistenti sociali che Measho lo aveva chiamato. Il presunto trafficante era già in Germania. Ed era arrabbiatissimo perché il fratello minore aveva rivelato il suo nuovo numero di cellulare tedesco ai parenti dei passeggeri dispersi. Il sedicenne racconta così di aver saputo che un barcone con centinaia di profughi era scomparso da giugno e che suo fratello, rifugiato nella Repubblica federale, era coinvolto: «Se lui è responsabile, deve essere punito», dice agli assistenti. Ma la preziosa segnalazione si ferma all’ufficio minori. Measho cambia numero di cellulare. E le duecentoquarantatre famiglie dei dispersi vengono abbandonate alla loro angoscia.