Il Messaggero, 7 novembre 2014
La spunta blu, ovvero l’ultima beffa di WhatsApp che ci costringe a rispondere subito: non c’è più scusa che tenga, il messaggio l’hai visto, se non rispondi è solo perché non ne hai voglia. È la vittoria forse definitiva di quella creatura mostruosa che ormai ci perseguita: il demone della reperibilità
Quei pochi cittadini occidentali che ancora non posseggono uno smartphone magari non capiranno neppure di cosa si parla. Tutti gli altri da ieri hanno visto comparire sul loro cellulare una piccola ma drammatica novità: la spunta blu. Ovvero il segno grafico che WhatsApp ha deciso di introdurre per far sapere a chi invia un messaggio che il destinatario lo ha letto. Finora esisteva solo la spunta nera, quella che segnala l’avvenuta ricezione del testo senza garantirne l’effettiva lettura.
E già con quella non si poteva tanto scherzare: se hai ricevuto vuol dire che sul tuo telefonino quel messaggio c’è, e per quanto tu sia distratto o impegnato in altre faccende, prima o poi un’occhiata al display la dovrai pur dare. Ma l’invadenza della spunta nera evidentemente non bastava a soddisfare la perfidia dei programmatori di WhatsApp, e quindi vai con la virgoletta blu: non c’è più scusa che tenga, il messaggio l’hai visto, se non rispondi è solo perché non ne hai voglia.
È la vittoria forse definitiva di quella creatura mostruosa che ormai ci perseguita e che è stata genialmente descritta in un fumetto del disegnatore Zerocalcare: il demone della reperibilità. Un tempo soltanto poche categorie professionali avevano il dovere di farsi trovare a qualunque ora del giorno e della notte, i medici, i grandi manager, i politici importanti. Adesso la rintracciabilità è un obbligo a cui nessuno può sottrarsi. L’essere umano pretecnologico poteva comunicare con un numero contenuto di persone, quei pochi che incontrava fisicamente nell’arco delle 24 ore, più qualche scambio epistolare. Oggi la giornata dell’uomo qualunque è una via crucis di notifiche e di suonerie che si sovrappongono, richieste da evadere, quesiti da risolvere, e di sensi di colpa che si accumulano: io ti ho scritto e tu non mi hai risposto, io ti mando la foto del mio micio e tu brutto cafone neanche un commento. I mezzi per raggiungerci si moltiplicano: alla posta e al telefono si sono aggiunti gli sms, le email, le chat, WhatsApp, Messenger, Facebook, Twitter, per non parlare di quelle applicazioni che consentono agli altri di individuare la nostra posizione sulla carta geografica in qualunque luogo del mondo ci troviamo, sempre che non ci andiamo a nascondere in un’area senza copertura telefonica.
Sia chiaro, la facilità di comunicazione è sempre stata una cosa buona, anzi è la base della civiltà, quando non si comunicava sulla Terra c’erano solo i trogloditi. Ma ora che il progresso tecnologico ci ha catapultato nell’era della connessione totale si impone il tema di come disciplinare questo immenso scambio di informazioni, peraltro non sempre vitali. È un po’ come per le automobili: se ce ne sono troppe, bisogna regolare il traffico. A liberare l’ingorgo dei nostri cellulari non arriverà nessun vigile urbano, dobbiamo salvarci da soli. Per chi fosse interessato, ecco le istruzioni: aprire la schermata delle impostazioni; selezionare la modalità “off line”.