Maria Novella De Luca, la Repubblica 7/11/2014, 7 novembre 2014
OTTO BAMBINI SU CENTO NASCONO DA QUARANTENNI O POCO PIÙ. LE MAMME ITALIANE SONO LE PIÙ MATURE D’EUROPA
Otto bambini su cento nascono oggi in Italia da madri quarantenni e anche un po’ di più. Bambini- testimonial di quelle “maternità tardive”, spesso assai desiderate e programmate, che ogni anno spostano però più in là (e incautamente, dicono i medici) l’età della fecondità. Un fenomeno così “macro” e irreversibile, da aver messo in discussione ogni certezza antropologica sulla teoria del “momento giusto” nel quale mettere al mondo un figlio. Momento, com’è noto, e come raccontano le donne, che sembra inafferrabile, sfuggente, mai perfetto. E si potrebbe aspettare all’infinito il D-day se ad un certo punto non ci si decidesse a mollare gli ormeggi, e ascoltare finalmente l’allarme dell’età.«Avevo trentotto anni e mio marito quarantacinque», racconta Laura, avvocatessa in prima linea nei processi antiviolenza, «e ho capito che dovevo abbandonare il cervello e seguire il cuore, altrimenti a furia di rimandare un bambino non sarebbe mai arrivato». Laura ce la fa, diventa madre a 39 anni, e oggi dice che il «momento giusto» era proprio quello, «un insieme di consapevolezza, allegria e coraggio». Conferma indiretta di quanto sostengono i più recenti studi sulla felicità delle coppie, prima e dopo l’arrivo di un figlio. Lo affermano ad esempio i due sociologi Mikko Myrskjla della London School of Economics, e Rachel Morgolis docente all’università canadese del Western Ontario, autori di un ormai celebre ma anche contestato saggio “Happiness before and after kids”. «Più si va avanti con l’età, più il diventare genitori aumenta il benessere della coppia, mentre quando si è giovani la felicità è più a corto raggio...». E dopo aver analizzato per otto anni decine di coppie, Myrskjla e Morgolis ipotizzano addirittura una fascia d’età “ottimale” per trasformarsi in madri e padri, e cioè tra i 35 e i 49 anni.Letizia Mencarini, professore di Demografia all’università di Torino, anche lei studiosa della relazione tra felicità e fecondità all’interno del progetto europeo “Swellfer”, conferma: «I dati ci dicono che tra benessere soggettivo e benessere riproduttivo, le donne “grandi” risultano più serene e soddisfatte della loro maternità, rispetto alle madri sotto i 25-30 anni. Perché, se tutto va bene, e i figli arrivano, visto che il rischio del rimandare le gravidanze è- l’infertilità, la solidità economica e la stabilità di coppia, sono ingredienti fondamentali per una serenità familiare. Anche le statistiche sui divorzi dimostrano che quando ci si incontra da adulti l’inquietudine sentimentale è minore. Ma con l’età – aggiunge Mencarini – la fertilità delle donne subisce una caduta vertiginosa...».Il rinvio anno dopo anno quindi, che ha portato la media del primo parto in Italia a 32 anni, contiene in sé dunque la speranza e l’inganno insieme. «Il pensiero delle donne di poter rinviare all’infinito il concepimento di un figlio, può creare enormi delusioni. Ma in Italia l’estrema precarietà dei trentenni di oggi, rende quasi impossibile progettare una famiglia prima dell’età limite». Abbiamo infatti il record europeo di maternità tardive (over 35).E i numeri non fanno sconti. Oggi la nostra percentuale di fecondità è di 1,3 figli per donna, contro i 2,1 del 1996, o i 2,7 del 1964, quando l’Italia del Novecento raggiunse il suo culmine demografico (nati oltre un milione di bambini) speculare allo zenith del miracolo economico. Bruno e Paola, entrambi ricercatori universitari, e globetrotter tra Roma, Perugia e Londra, raccontano che soltanto quando, finalmente, Bruno, biologo, ha “vinto” un contratto pagato in modo decente in Inghilterra, hanno buttato via ogni precauzione. Paola, 44 anni, è oggi madre di due gemelli: «Bruno l’ho incontrato quando non ci speravo più. Avevo già 37 anni, una laurea in Storia, un dottorato, un master negli Stati Uniti, e nessuna certezza di ottenere uno stipendio vero. E in più avevo messo insieme un semi-matrimonio fallito e una convivenza sbagliata. Ma con Bruno abbiamo capito subito che poteva funzionare. Ho fatto la valigia e l’ho seguito a Londra, dove dodici mesi fa con la fecondazione assistita sono nati Vittorio e Allegra, i loro nomi sono lo specchio di ciò che per noi significano: la realizzazione di un sogno in cui non speravamo più...».Ma i bambini come stanno? Cosa vuol dire nascere da genitori così adulti che un tempo si sarebbero definiti vecchi? Secondo Jacqueline Barnes, professore di Psicologia alla “Birkbek university of London”, questi desideratissimi figli di mamme quarantenni avrebbero «addirittura una salute fisica e psichica migliore, e maggiore capacità linguistica, dei bambini nati da donne più giovani...». E il tutto si spiegherebbe di nuovo con le maggiori disponibilità, sia emotive che economiche, di coppie mature e senza rimpianti. «Però io a queste madri adulte e più che perfette non ci credo», ironizza Alessandra Kustermann, direttore del pronto soccorso ostetrico ginecologico della clinica Mangiagalli di Milano, polo di eccellenza per gravidanze e maternità, dove nel 2013 si è verificato uno storico sorpasso di partorienti “over 40” rispetto alle altre. «Le madri adulte – continua la dottoressa Kustermann – sono di solito donne appagate, che arrivano al parto con una grande preparazione, e mettono al mondo figli assai desiderati. E sono anche molto brave nel crescerli, anche se il rischio è quello di scivolare in una ricerca della perfezione a tutti i costi. È come se si fosse persa un po’ di leggerezza: io ho avuto il primo figlio a 24 anni e sono diventata primario lo stesso...».Certo, oggi i tempi sono diversi, la precarietà, il non lavo- ro, ma anche, conferma Kustermann, «alle coppie non sembra mai di trovare il momento giusto». Così quando alla fine la decisione arriva, in agguato c’è la delusione. «Intorno ai 40 anni ci vogliono almeno nove mesi per concepire un figlio, e dopo i 41 la qualità degli ovociti di una donna è così bassa, che anche con la fecondazione assistita i successi sono scarsi. Stesso discorso per l’eterologa: se da una parte trovo assurdo – conclude Kustermann – il limite dei 43 anni, è giusto dire però che anche con questa tecnica i successi sono soltanto parziali. E più che fare campagne per il congelamento degli ovociti, sarebbe meglio spingere le donne e le coppie ad anticipare di quattro o cinque anni la gravidanza».Insomma, dietro scelte tanto rinviate, avverte Carla Facchini, docente di Sociologia alla Bicocca di Milano, c’è un «iper-investimento» sulla maternità. «Ma la posticipazione degli eventi, che è propria di questa generazione, riguarda tutto: l’uscita di casa, la vita di coppia, il lavoro, e si riverbera sui processi procreativi». Come se fossero cambiate le mappe mentali dell’età. «Italo Svevo in “Senilità” scriveva che la vecchiaia iniziava a 35 anni, oggi a 35 anni si diventa genitori. Per scoprirsi dentro una grande voglia di concentrarsi su questo figlio così atteso che in gran parte dei casi resterà unico».
Maria Novella De Luca, la Repubblica 7/11/2014