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 2014  novembre 07 Venerdì calendario

Quando crollò il Muro del Pci. Oggi al posto della Bolognina c’è un barbiere cinese. Un militante ricorda: «Ero lì 24 anni fa e adesso ci vado a farmi tagliare i capelli. Occhetto ha avuto ragione»

Il 12 novembre del 1989 l’ultimo segretario del Pci Achille Occhetto scelse una sezione del partito alla Bolognina, quartiere ultra-rosso della città rossa per antonomasia, per tirare il suo personalissimo colpo di piccone a quel Muro che era venuto giù a Berlino tre giorni prima: davanti a una platea di militanti ed ex partigiani – era venuto a commemorare i caduti bolognesi della Resistenza – pronunciò il discorso che preludeva al terremoto che stava per investire il Partitone, compreso il cambio del nome, come precisò subito dopo a due giornalisti presenti. Di lì a un anno e mezzo sarebbe nato il Pds, seppellendo falce e martello sotto la quercia della nuova formazione politica.
Oggi, nello stesso stanzone dove una volta si riunivano i compagni della Bolognina, per ironia della storia ha trovato posto un salone da parrucchiere cinese: niente a che vedere con Mao o coi suoi discendenti convertiti al capitalismo di Stato, al Fashion Mania si fanno acconciature ambosex a prezzi, quelli sì, veramente popolari, 8 euro per un taglio maschile e 25 per messa in piega e colore alle donne. E poi, per una deliziosa coincidenza che solo i capricci della storia con la «s» minuscola possono mettere in scena, fra gli affezionati clienti dei barbieri cinesi di via Tibaldi 17 c’è anche un pensionato di 73 anni, Paolo Mantovani, che un quarto di secolo fa era venuto qui ad ascoltare Occhetto nel suo celebre discorso: «Quel giorno c’ero: ero un tesserato del Pci da sempre, pioniere da ragazzino, poi giovane comunista e infine iscritto al partito. A me il discorso del segretario piacque molto, perché si passava da un partito di stampo totalitario, che nel suo passato aveva guardato all’Unione Sovietica, a un partito più democratico».
Mantovani ovviamente non poteva immaginare che dagli accenni di Occhetto alla Perestrojka di Gorbaciov e alle «strade nuove» che l’allora Pci avrebbe dovuto percorrere si sarebbe arrivati al Pd attuale, ma la famosa «svolta» l’ha sempre condivisa, fino alle sue conseguenze più estreme: «Il cambiamento ha attirato al partito molta più gente rispetto ad allora, e personalmente io continuo a votare Pd, anche se non sono iscritto».
Ancora più lontana dalla sua immaginazione era l’idea che la storica sezione della Bolognina si sarebbe trasformata in quello che è ora, «un barbiere cinese dove ogni tre mesi vengo a “tosarmi”», dice facendosi serio. «D’altra parte – aggiunge – il quartiere è pieno di negozi cinesi, hanno rilevato alimentari, bar e saloni come questo. Ma è gente tranquilla, di sicuro, la politica questi cinesi non sanno neanche cos’è, e non sono interessati».
Poi i ricordi tornano a quella domenica mattina di 25 anni fa, quando al posto dell’insegna Fashion Media c’era ancora il simbolo con la bandiera rossa: «Non c’era la sensazione che stesse succedendo qualcosa di storico, ci fu qualche discussione fra i compagni ma sostanzialmente eravamo tutti d’accordo, anche se i più vecchi piansero quando venne cambiato il nome al partito. Non io però, perché sono sempre stato democratico: la svolta di Occhetto per me era una cosa logica da fare».