Il Messaggero, 7 novembre 2014
I beni sequestrati alla criminalità sono pari a otto miliardi di euro, settemila le imprese confiscate, ma a sopravvivere è solo una su dieci. Ecco tutti i dati dell’Istituto degli amministratori giudiziari
Il valore nominale dei beni sequestrati o confiscati alla criminalità vale 8 miliardi di euro. È questa la stima contenuta nel rapporto che sarà presentato oggi dall’Inag nel corso del terzo congresso nazionale dei beni sequestrati ala criminalità organizzata. Nell’indagine dell’istituto nazionale degli amministratori giudiziari che Il Messaggero ha potuto consultare in anteprima, si legge tra l’altro che le aziende confiscate definitivamente dallo Stato sono 1.700, mentre quelle sequestrate ma non ancora colpite da una sentenza definitiva sono 5 mila. Si tratta di un enorme volume di attività giudiziaria che coinvolge circa 100 mila persone. E cioè i 20 mila lavoratori che operano in società i cui proprietari sono indagati o condannati per attività illecite, e gli 80 mila inquilini che occupano immobili sottoposti a provvedimenti cautelari. I dati dell’Inag dicono che l’economia sommersa ha un impatto del 27% sul Pil ma, secondo il presidente dell’Istituto Domenico Posca, l’Italia spreca l’occasione di salvare le imprese sequestrate e finisce per abbandonare al loro destino i lavoratori condannandoli alla disoccupazione. Infatti oltre il 90% delle aziende non sopravvive ai sequestri e fallisce con la confisca definitiva. Disperdendo in questo modo energie che potrebbero essere riconvertite. «Queste imprese – secondo il ragionamento di Posca – rappresentano un’opportunità concreta di lavoro che non può essre sprecata. Invece spesso si assiste a un paradosso: attività economiche simbolo del potere mafioso che una volta sequestrate dallo Stato non sono in grado di divenire modelli di legalità economica garantendo sicurezza sociale ai lavoratori coinvolti».
LA RIFORMA
Così gli amministratori giudiziari suggeriscono di cambiare radicalmente schema riformando il meccanismo di ripartizione dei fondi del Fondo unico di giustizia. E cioè il salvadanaio da circa 3,5 miliardi di euro nel quale confluiscono soldi e titoli sequestrati o confiscati alla criminalità organizzata. «È necessario – spiegano gli amministratori – che i fondi confiscati siano messi a garanzia di interventi bancari a favore delle aziende. E ancora siano introdotti sgravi contributivi per regolarizzare i lavoratori in nero delle imprese regolarizzate». E tra le proposte c’è anche l’affidamento della gestione degli immobili sequestrati a un soggetto pubblico che eviti il loro abbandono. Si tratta di norme contenute in un progetto di legge all’esame della Camera. Ed a giudizio dell’Inag bisogna accelerare su questa strada. Critica invece la posizione nei confronti dei contenuti della riforma della giustizia del governo Renzi. Il provvedimento, per limitare la concentrazione presso tre o quattro grandi studi professionali, prevede infatti il divieto di cumulare più di un incarico di amministratore giudiziario per azienda. Una svolta considerata «lesiva della competenza e delle professionalità della categoria».