Paolo Colonnello, La Stampa 7/11/2014, 7 novembre 2014
IL CSM PRONTO A TRASFERIRE ROBLEDO O BRUTI LIBERATI PER RISOLVERE LO SCONTRO ORMAI SENZA FINE TRA IL PROCURATORE E IL SUO AGGIUNTO. ORA LA PAROLA VA ALLA PRIMA COMMISSIONE CHE PUÒ DISPORRE L’ALLONTANAMENTO DEI MAGISTRATI PER QUESTIONI D’INCOMPATIBILITÀ CON LA SEDE IN CUI OPERANO. SAREBBE UN MODO PER ARRIVARE A UNA SOLUZIONE SENZA ATTRIBUIRE TORTI O RAGIONI
Nel giorno dell’assemblea convocata da Bruti Liberati per rilanciare «l’orgoglio dell’appartenenza» della Procura più blasonata d’Italia, il Csm a Roma si affida alla Commissione per i trasferimenti d’ufficio per risolvere uno scontro ormai senza fine tra il Procuratore e il suo aggiunto. Ancora ieri infatti, dopo la segnalazione di Bruti al Csm circa una presunta incompatibilità di Robledo con le indagini Expo per un contratto di collaborazione con la stessa società della moglie di quest’ultimo, Robledo rilanciava annunciando azioni «di tutela della mia funzione». Ma per Palazzo dei Marescialli la misura è colma. E dunque il vicepresidente Giovanni Legnini ha passato il caso alla Prima Commissione che può disporre l’allontanamento dei magistrati per questioni d’incompatibilità con la sede in cui operano. Sarebbe un modo per interrompere lo scontro senza attribuire comunque torti o ragioni.
Ma intanto, chi si aspettava lo scorrer del sangue durante l’incontro di ieri tra i pm milanesi radunati nell’ufficio di Bruti, una cinquantina sugli 80 circa in organico, è rimasto deluso. Dopo un breve cenno alla questione, dove il Procuratore ha rivendicato la correttezza e la necessità della revoca delle deleghe sull’anticorruzione a Robledo, l’assemblea per due ore e mezzo ha affrontato questioni meramente organizzative: dalla distribuzione dei fascicoli ai parcheggi delle auto. Alcuni alla fine hanno applaudito, altri hanno parlato di una riunione che si è svolta «in un clima di sfiducia». Il convitato di pietra era lui, Alfredo Robledo che in mattinata aveva fatto circolare una lettera nella quale spiegava i motivi per i quali non avrebbe partecipato alla riunione «per l’assenza delle condizioni minime per offrire un contributo reale» e denunciava «i comportamenti di interferenza e di violazione delle regole protrattisi negli ultimi 4 anni». Insomma, conclude Robledo rivendicando le sue denunce al Csm, «non è tacendo che si tutela la storia della Procura della Repubblica di Milano, è un esempio che non possiamo dare». Quanto abbia inciso la lettera di Robledo non è cosa che viene commentata nei corridoi. Spiccava l’assenza di magistrati come Ferdinando Pomarici o come il pm Roberto Pellicano. Di certo molti non hanno più voglia di sentire polemiche.
Paolo Colonnello, La Stampa 7/11/2014