Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
I minatori cileni stanno tornando in superficie. Mentre ne scriviamo, ne sono stati salvati 16.
• Che ordine hanno seguito? Come stabilire chi doveva essere il primo e chi l’ultimo?
Sono stati formati gruppi di cinque. I primi cinque: i più forti, quelli che avrebbero potuto affrontar meglio un qualche imprevisto. I secondi cinque: i più deboli. Poi tutti gli altri. L’ultimo, il capoturno Luis Urzua, 54 anni, il topografo che è considerato il leader del gruppo. Urzua ha scherzato: «Il capitano è sempre l’ultimo a lasciare la nave». L’ordine in cui sarebbero stati tirati fuori è stato tenuto segreto, per non creare ansie e, magari, conflitti. Prima di cominciare l’operazione di salvataggio vera e propria, la capsula-ascensore è stata mandata su e giù per prova. Bisognava esser sicuri che non vi fossero sorprese. Se a qualcosa non si fosse pensato, meglio saperlo senza nessuno a bordo. Il primo test ha provato il tunnel fino a 65 metri, punto dove il pozzo cessa di essere intubato. Poi si è saggiato – ad ascensore sempre vuoto – il percorso fino a 460 metri, il punto dove la galleria si restringe. Quindi c’è stata un’andata-e-ritorno solo con il primo soccorritore: nessun minatore è infatti risalito da solo. Questo primo soccorritore si chiama Manuel Gonzalez. È un esperto della Codelco, la principale azienda del settore minerario cileno, con vent’anni di esperienza in salvataggi, specialmente nella miniera El Teniente, il più grande giacimento sotterraneo di rame esistente al mondo.
• Com’è fatta la capsula?
La capsula Fenix è stata concepita per un percorso sotto terra di 622 metri. Pesa 422 chili, scende alla velocità di 7 metri al secondo e risale più lentamente: un metro al secondo, che possono diventare tre. Il condotto da attraversare è largo in media 71 centimetri. Il viaggio dura tra i 10 e i 20 minuti. Ogni otto viaggi bisogna riparare o cambiare le ruote, che la roccia consuma. I minatori devono indossare tute speciali, sono imbracati e dotati di occhiali scuri, viene fornito loro l’ossigeno e alla base della capsula c’è una botola che consente, nel caso, di scappare. In questi settanta giorni i 33 uomini hanno seguito un corso di respirazione, e un team di psicologi ha lavorato per lenire l’angoscia. A quanto se ne sa, il gruppo non ha dato segni di cedimento.
• Come è stata la vita laggiù?
Le cronache riportano solo gli episodi divertenti, o curiosi. Jorge Galleguillos, 56 anni, recuperato per undicesimo, ha suonato la chitarra e cantato per tenere allegra la compagnia. Fa parte infatti del gruppo folcloristico Copiapo. Dopo di lui è venuto fuori Edison Pena, 34 anni, diventato famoso perché non ha mai smesso di fare addominali e a un certo punto ha fatto jogging per dieci chilometri, andando su e giù per la galleria. È uno che pratica regolarmente triatlon. Questi episodi di colore non devono farci dimenticare l’aspetto drammatico della vicenda: tutti e 33, appena tornati alla luce, sono stati portati di corsa in ospedale e tenuti sotto controllo per 48 ore.
• Le mogli?
Carlos Barrios e Victor Zamor (salvati numeri 13 e 14) hanno saputo che stava arrivando un figlio mentre si trovavano sotto. Barrios ha gridato alla moglie: «Sicura che il padre sono io?». Le agenzie di tutto il mondo hanno lungamente raccontato come mogli e fidanzate si siano fatte belle in attesa del ritorno dei loro uomini. «Si sono rifatte la tinta, le mani, i massaggi, di tutto», ha raccontato il manager Cristian Delgado al Times. Tutti i trattamenti, per le donne dei minatori, sono stati gratuiti. «Tutte le donne vogliono farsi belle per i loro uomini», ha detto Lilian Ramirez, 57 anni. Il suo compagno di lunga data, Mario Gomez, 63 anni, il più anziano dei minatori intrappolati, l’ha chiesta in moglie dalle viscere della terra. Antonia, la moglie del minatore Richard Villarroel (mentre scriviamo deve ancora risalire), ha mostrato in tv la biancheria intima appena comprata per la fatidica prima notte.
• A proposito di tv, quante ne sono arrivate?
Almeno duemila, e da tutto il pianeta. La storia della miniera di San José, che naturalmente finirà in un film e in un libro, ha commosso il mondo e mobilitato i media della Terra. I politici ne hanno approfittato: il presidente cileno, Sebastian Piñera, ha fatto propaganda a se stesso in modo esagerato: anche l’ora d’inizio delle operazioni, l’altra notte, è stata aggiustata in modo da favorire i tg e Maradona lo ha attaccato per questo. Il presidente boliviano, Evo Morales, che aveva da salvare la vita del suo connazionale Carlos Mamani, s’è precipitato intorno al buco – chiamiamolo così – per pigliarsi il suo connazionale e riportarselo a casa sul suo aereo personale. Bene, ma senza le tv avrebbe fatto lo stesso? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/10/2010]
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