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 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

PROVANO A INSABBIARE LO SCANDALO FINI


La contessa Anna Maria Colleoni non ha imbrogliato il fisco monegasco, e quando compilò l’atto testamentario in favore di Alleanza Nazionale valutò in modo “congruo” l’appartamento al 14 di Boulevard Princesse Charlotte, indicandone nell’anno 1999 il prezzo in franchi francesi equivalenti a circa 240 mila euro. Questa notizia, contenuta in un documento monegasco pervenuto ieri alla procura di Roma, è stata accolta trionfalmente dal gruppo Futuro e Libertà - cui mancano esperti di mercato immobiliare - e assai imprudentemente anche da Gianfranco Fini. Secondo le agenzie il presidente della Camera, questa volta sbagliando da solo senza i consigli dell’avvocato Giulia Bongiorno, si sarebbe lasciato andare a uno sfogo: «Adesso ci sarà da divertirci con le querele». Poi un portavoce della Camera ha smentito lo sfogo, come sempre capita in questi casi.
In realtà la collaborazione del principato di Monaco con le autorità giudiziarie italiane anche in questo caso si è rivelata discarsissima utilità. Nonostante due rogatorie inviate a Montecarlo, i poveri magistrati romani si sono visti trasmettere documentazione in larga parte incompleta e inutile ai fini della loro inchiesta. Il valore della casa nel 1999 è inutile a stabilire se sia stato o meno commesso il reato ipotizzato da denuncia di parte, vale a dire la truffa. Che quello fosse il prezzo di partenza, i magistrati romani non avevano bisogno di chiederlo ai colleghi monegaschi: era esattamente il valore di carico con cui la casa inquestione era stata inserita nel bilancio di Alleanza Nazionale. Tanto è che nel 2008, quando l’immobile fu venduto alla Printemps Ltd il giorno 11 luglio, nel bilancio di An fu inserita una plusvalenza di circa 65 mila euro.
Per valutare se sia stata o meno compiuta una truffa nei confronti di Alleanza Nazionale servono i prezzi di riferimento del mercato immobiliare di Montecarlo del 2008, non la congruità dei valori nel 1999. In quei nove anni, solo per fare un esempio, il valore medio degli immobili in Italia è cresciuto di quasi due volte e mezza (146,5%). A Montecarlo la crescita è stata assai superiore. Secondo un rapporto della Cmb, il principale istituto di credito monegasco, il valore medio delle transazioni immobiliari fra il 1999 e il 2009 (anno in cui però c’è stata una limatura dei prezzi) è cresciuto del 478 percento. Questa crescita si è verificata però in modo assai più sensibile in alcune zone del principato rispetto ad altre: lievitati anche dieci volte i prezzi intorno al porto e poco meno quelli di zone limitrofe, quale è Boulevard Princesse Charlotte. Basta guardare il sito Internet di una delle principali agenzie immobiliari del principato, la DottaImmobilier, una sorta di Gabetti locale. Oggi i prezzi oscillano fra 20 e 50mila euro circa al metro quadrato, e i valori degli appartamenti sono alle stelle. Per le regole del mercato immobiliare di Montecarlo - diverse da quelle italiane - oltretutto nella vendita si considera integralmente superficie calpestabile anche quella di terrazzi e balconi, che quindi vanno inclusi a prezzo pieno nella metratura per calcolare il valore dell’appartamento. Grazie al web.archive, il programma pertrovare le varie modifiche fatte ai siti Internet negli anni, Libero è riuscito ad esaminare la variazione delle offerte immobiliari a Montecarlo fra il 2001 (più indietro non si può andare) e il 2008. Ebbene, nello stesso identico palazzo un appartamento che nel 2001 veniva valutato 256 mila euro sette anni più tardi veniva messo in vendita a 3 milioni di euro. Un caso di supervalutazione, ma tutti gli immobili che oscillavano fra i 400 e i 600 mila euro sono messi in vendita negli stessi palazzi con le stesse metrature fra i 2 e i 3 milioni di euro.
L’inchiesta della procura di Roma è dunque ancora all’anno zero sull’ipotesi di truffa. E non ha a tema (perché non c’era nella denuncia) chi sia il vero proprietario dell’appartamento monegasco: per questo non verrà ascoltato Giancarlo Tulliani. Ma sulla proprietà dell’immobile l’inchiesta giornalistica ha già offerto una serie infinita e schiacciante di indizi che non consentono oggi una identità diversa da quella del cognato di Fini. Il caso qui (in assenza di querele di parte possibili) più che giudiziario è politico. Ma il presidente della Camera, ben conscio della propria responsabilità, ha scelto la politica delle tre scimmiette: non vede, non sente e non parla più. Sperando che prima o poi tutti se ne scordino.