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 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

Tutta l’arte è contemporanea, anche Tiziano - Che cos’è l’arte con­temporanea? È la prima domanda cui deve rispondere il curatore chiamato al Padiglione Italia nella Bienna­le di Venezia del 2011

Tutta l’arte è contemporanea, anche Tiziano - Che cos’è l’arte con­temporanea? È la prima domanda cui deve rispondere il curatore chiamato al Padiglione Italia nella Bienna­le di Venezia del 2011. Per l’Italia una Biennale speciale giacché corrisponde all’anno delle cele­brazioni per il 150˚ dell’Unità. L’occasione impone di provve­d­ere alla ricognizione ampia e ge­nerosa della creatività dell’ulti­mo decennio, che è anche il pri­mo del secondo millennio. Sia­mo entrati in un’epoca nuova, e l’arte non può non averne dato segnali, che dobbiamo, con pre­cisa coscienza, tentare di docu­mentare. E mai, prima di oggi sia­mo stati in condizioni più favore­voli per farlo. In verità è arrivato anche il mo­mento di dimostrare, oltre le mo­de e le tendenze, che tutta l’arte è arte contemporanea. Non solo per i prodigiosi annunci, dagli idoli cicladici, alle Steli della Lu­nigiana, ma per la loro resisten­za rispetto al tempo breve della nostra vita. Come non considera­re contemporanea la Tempesta di Giorgione? Sull’argomento si è esercitata ora Elisabetta Rasy, in un bellissimo saggio su un’opera ricca di significati più che di misteri come La Vecchia dello stesso Giorgione. La Vec­chia non è e non appare un’ope­ra del ’500, ma una Vanitas , che indica la molteplicità del concet­to di bellezza, che va oltre la bel­lezza fisica, legata alla giovinez­za, e «col tempo» ne mostra non solo la caducità, ma la bellezza di ciò che non è più bello. La vec­chiaia rende brutte le persone o, meglio, debilita e consuma la lo­ro bellezza, ma non incide sulla bellezza dell’arte. Tanto che La Vecchia appare un indiscutibile capolavoro, ed è anche difficile pensare che sia un’opera così an­tica. Analoghe considerazioni possono essere fatte sul Cristo morto di Mantegna, la cui attuali­tà è comprovata dall’accosta­mento alla fotografia del Che Guevara morto; ma anche su opere come l’ Efebo di Mozia o i Bronzi di Riace che non sono sol­tanto contemporanei perché li abbiamo di fronte ed esistono nel nostro tempo, ma anche per­ché sono scoperte recenti. I Bron­zi furono ritrovati nel 1972 e so­no conosciuti solo dal 1980. Dun­que hanno, esattamente come l’età fisica che dimostrano,30 an­ni. C’è in loro qualcosa di «ar­cheologico », ovvero di apparte­nente a un’altra epoca che ce li faccia sentire lontani? Mi sem­bra invece che essi parlino pro­prio perché ci sono, ora, hic et nunc . E allo stesso modo possia­mo dire che Caravaggio, nella percezione che ne abbiamo og­gi, non sia lo stesso degli inizi del secolo scorso, ma che ci sia stato consegnato, nella sua straordina­ria «attualità», dagli studi di Ro­berto Longhi e, in via definitiva, dalla mostra di Palazzo Reale a Milano del 1951. Caravaggio ha dunque meno di sessant’anni. Così il mio Padiglione Italia nella Biennale di Venezia inse­guirà questi accostamenti, cer­cando nessi tra condizioni spiri­tuali apparentemente lontane, stabilendo corrispondenze im­previste. Negli spazi nuovi del­l’Accademia di Venezia trove­ranno ospitalità i volti indagati nei ritratti di Lorenzo Lotto, pitto­re che sembra applicare ai suoi soggetti il metodo della psicoa­nalisi; e tanto più sarà evidente al confronto con i ritratti di Tizia­no, Tintoretto, Veronese, Caria­ni e gli altri pittori del suo tempo. Ma, una volta misurata la distan­za, sarà utile metterli in relazio­ne con due artisti del ’900 come Lucian Freud e Fausto Pirandel­lo. Chi di loro più contempora­neo, e in che modo misurarlo? Il rispecchiamento tra passato e presente nelle Gallerie dell’Acca­demia potrà continuare con le esercitazioni di David Hockney sul disegno e la pittura italiana nel Rinascimento; e anche con le agnizioni miracolose di Denis Mahon nella scoperta di capola­vori dimenticati del ’600 italia­no. Riabilitazioni o rianimazio­ni? La forte presenza di opere sto­riche, in occasione della Bienna­le di Venezia, consentirà di ripe­tere l’impresa di Giulio Cantala­messa, che volle riaprire le Galle­rie dell’Accademia in co­inciden­za con la prima Biennale Interna­zionale d’Arte del 1895. Di qui, di palazzo in palazzo, la Biennale arriverà fino al Padiglione Italia nell’Arsenale, dove tenterò il ri­sarcimento del rapporto fra lette­ratura, pensiero, intelligenza del mondo e arte, chiedendo, non a critici d’arte, neppure a me stes­so, quali siano gli artisti di mag­giore interesse tra il 2001 e il 2011, ma a scrittori e pensatori, il cui credito è riconosciuto per qualunque riflessione essi faccia­no sul nostro tempo. Gli scrittori si leggono per ciò che ci dicono della storia, dell’economia, del costume, della letteratura, del ci­nema. Perché non, o non più (co­me Pasolini, Sciascia, Moravia) dell’arte,della pittura,della foto­grafia? Uno dei saggi più belli sul­la fotografia è stato scritto da Su­san Sontag. Interventi memora­bili furono quelli di Roland Bar­thes. Oggi non più? Dobbiamo affidarci ai «curatori indipenden­ti », perché ci indichino i loro pro­­tetti, ci portino nella loro inferme­ria dove «curano»i loro pazienti? L’arte è diventata come un ospedale, al quale hanno acces­so solo i medici e i parenti dei ma­lati. Un grande«sanatorio»,sepa­rato dal mondo, non frequenta­to se non accidentalmente dalle persone sane. E intanto la bellez­za del mondo sta fuori di quelle mura ed è sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno la indichi. Dunque ho chiesto a persone che ammiro, che sono diversa­mente ammirate, di indicarmi l’artista, il pittore, il fotografo, il ceramista, il designer, il video ar­­tista, il grafico che egli ritenga più interessante in questa apertura del nuovo millennio. Saranno 150 i «segnalatori», i testimoni di una realtà che non può essere esi­liata in un ghetto. Fra questi Ber­nardo Bertolucci, Alberto Arbasi­no, Oliviero Toscani, Guido Ce­ronetti, Giovanni Reale, Roberto Calasso, Luca Canali, Gianni Vat­timo; Robert Hughes, Vargas Llo­sa, Giorgio Pressburger, Salvato­re Settis, Mina Gregori, Elisabet­ta Rasy, Aldo Busi, Giorgio Agam­ben, Pietro Citati, Salvatore Ve­ca, Francesco Merlo, Pietrange­lo Buttafuoco, Gianluca Nicolet­ti, Roberto Peregalli, Manlio Can­cogni, Edoardo Nesi, Paolo Mie­­li, Geminello Alvi, Giovanni Sar­tori, Furio Colombo, e anche al­cuni «italianizzanti» come Tahar Ben Jelloun, Dominique Fernandez, Erica Jong, Ferzan Ozpetek, Michael Cunnin­gham. Insomma, 150 punti di vi­­sta, per una rappresentazione ca­leidoscopica e libera dal pregiu­dizio di un critico che abbia la sua squadra, le sue predilezioni, i suoi protetti. Non mancheran­no presenze inevitabili, ma per grandi allestimenti, come il Mu­seo della Follia e il Museo della Mafia di Cesare Inzerillo, un grande ambiente di Luigi Serafi­ni, la proiezione di tutti i Blob di Enrico Ghezzi, il Polittico degli Immortali di Filippo Martinez; e una serie di grandi disegni inedi­ti di Enzo Cucchi. Onore sarà re­so a uno dei più grandi ceramisti italiani, fino a oggi dimenticato: Federico Bonaldi; e, tra i desi­gner, a Luigi Caccia Dominioni. Nel Padiglione Italia vi sarà poi la presenza dei più significativi arti­sti italiani operosi all’estero, at­tr­averso un collegamento in tem­po reale con tutti gli Istituti di Cul­tura ( 89), che potranno segnala­re uno o più artisti. Cento televi­sori saranno un occhio aperto sul mondo entro il Padiglione Ita­lia. Simmetricamente in un pa­lazzo veneziano, che potrebbe essere Ca’ Pesaro,andranno do­cumentati gli artisti stranieri che lavorano in Italia (da Cy Town­ley, a Ivan Theimer, a Hermann Albert, a Klaus Mehrkens, Dieter Kopp, a Jannis Kounellis, a Jen­ny Saville). In altre sedi di Vene­zia, come a Palazzo Grimani, do­ve avrà sede il «Cantiere Bienna­le- Padiglione Italia», potranno essere accolti artisti contempora­nei o collezioni, come quella di Francesca Thyssen. Nella Scuo­la di San Rocco immagino un confronto fra Tintoretto e Pol­lock. Ma il Padiglione Italia vero e proprio sarà altrove, sarà in tutta Italia, tentando una rappresenta­zione variegata e credibile della creatività italiana indagata regio­ne per regione. Nei capoluoghi si tenterà l’inventario di pittori, scultori,fotografi,ceramisti,desi­gner, video artisti, grafici, che sa­ranno esposti nelle sedi più rap­presentative, dai formidabili ma­g­azzini del Porto Vecchio di Trie­ste alla Palazzina di Stupinigi a Torino, alla Mole Vanvitelliana di Ancona, all’Albergo delle Po­vere a Palermo, al Museo Madre di Napoli, alla Villa Genoese Zer­bi di Reggio Calabria. In alcune regioni, per evidenti ragioni, le sedi saranno sdoppiate: non po­tranno mancare, infatti, Manto­va, Verona, Parma, Urbino, Ma­tera, Lecce, Noto. Ogni sede sarà Padiglione Italia, consentendo l’esposizione di circa mille artisti in corrispondenza con l’epopea deiMillenel150˚dell’Unitàd’Ita­lia. Ancora nel sito più straordi­nario di Venezia, che doppia i Giardini,l’area di Forte Marghe­ra, troverà spazio la titanica im­p­resa di Oliviero Toscani con Sal­vatore Settis che documenta la devastazione del paesaggio ita­liano, attraverso le fotografie e le segnalazioni, anche con le ripre­se dei telefonini, di quanti abbia­no visto, e con ciò denunciato, gli innumerevoli scempi degli ulti­mi cinquant’anni nell’edilizia, negli arredi urbani, con gli im­pianti eolici, i campi occupati dai pannelli fotovoltaici e altri or­rori. L’indagine non sarà comple­t­a senza una rappresentanza del­le venti Accademie di Belle Arti d’Italia, i cui direttori sono stati chiamati a proporre una scelta delle opere dei loro allievi. A quel punto, anche ciò che non sarà esposto, potrà meritare d’esse­re, registrato in un catalogo neu­trale degli «esistenti» sul model­lo del Catalogo dei viventi curato da Giorgio Dell’Arti Essere dichiarati «esistenti» si­gnificherà uscire dall’anonima­to e dalla dimensione amatoria­le per ottenere un riconoscimen­to che è il punto d’arrivo di que­sta titanica impresa, il cui titolo potrà essere Babele o- nella varie­tà delle esperienze, oltre l’«aut aut» cui i critici-curatori-infer­mieri ci hanno obbligati -et et .