e.gua., La Stampa 14/10/2010, pagina 7, 14 ottobre 2010
Piñera, la grande vittoria del presidente-regista - Il presidente regista si gode il successo nell’operazione di salvataggio più importante nella storia del Cile
Piñera, la grande vittoria del presidente-regista - Il presidente regista si gode il successo nell’operazione di salvataggio più importante nella storia del Cile. Sebastian Piñera ha scommesso forte assicurando al mondo di poter portare in salvo i trentatré minatori, e adesso la sua popolarità vola. Il governo cileno non ha lesinato sforzi, ha mandato tre perforatrici diverse, impiegato cinquecento uomini, mobilitato mezzo gabinetto. Piñera ha fissato l’operazione come prioritaria ed è venuto quattro volte in due mesi a controllare il procedere dei lavori. Una scelta obbligata dalle vite umane a rischio e dalla necessità di salvaguardare la reputazione del settore minerario, fondamentale per l’economia cilena. Ma anche una strategia politica, perché Piñera ha subito capito la forza e l’importanza, non solo mediatiche, della notizia. Così lo scorso 22 agosto si è precipitato nel deserto di Atacama per mostrare di persona il messaggio scritto dai minatori in cui annunciavano che erano vivi. Sebbene la notizia fosse trapelata già la mattina al campo base Esperanza, l’ufficialità è arrivata solo nel tardo pomeriggio, in diretta televisiva, dalla bocca del presidente. Il suo «Viva Chile, mierda», è stato usato a più riprese durante la lunga e appassionante copertura televisiva delle vicende legate a «los 33». Eletto all’inizio dell’anno, Piñera si è subito trovato a dover affrontare le conseguenze del grave terremoto nel centro-sud del Cile. Primo presidente di destra dal ritorno della democrazia, è un imprenditore prestato alla politica, che ha costruito la sua fortuna sulla linea aerea cilena Lan, leader in Sudamerica. Prima di iniziare il suo mandato ha dovuto vendere le azioni che aveva in una tv privata e nella squadra di calcio più popolare del paese, il Colo Colo. Ha aspettato però un mese prima di disfarsi del pacchetto azionario della Lan, che nel frattempo volava in borsa. Con la fama del decisionista e la scarsa abitudine alle riunioni di partito, ha dato un’impronta personale al suo governo, formato quasi esclusivamente da ministri presi nella società civile. Come Laurence Golborne, un manager messo a gestire lo strategico Ministero delle Miniere, che è diventato il suo luogotenente alla San José. Ancora a metà dell’anno la popolarità del presidente però non decollava, in luglio Piñera ha dovuto affrontare lo sciopero della fame di alcuni dirigenti degli indios mapuche, che protestavano contro l’invasione dei loro boschi nel Sud del paese da parte delle imprese forestali. Il presidente non ha ceduto e i mapuche sono stati oscurati dai media impegnati a raccontare la vicenda dei minatori. Nella stretta finale dell’operazione Piñera è stato accusato di voler accelerare il più possibile il salvataggio per non farlo coincidere con la sua visita in Europa, che inizierà questo fine settimana. Accuse respinte dal presidente e probabilmente esagerate, ma resta il fatto che è arrivato giusto in tempo per l’ora x. Una presenza, poi, non proprio discreta. È stato a fianco del pozzo da dove sono usciti i primi minatori, li ha abbracciati e baciati a uno a uno, ha promesso di rimanere sul posto fino a quando l’ultimo non fosse uscito. «E’ stato un trionfo del Cile e dei cileni - ha detto subito dopo il salvataggio di Florencio Avalos, il primo a uscire - la dimostrazione che quando vogliamo facciamo le cose bene». Ieri ha incassato le congratulazioni dei colleghi dell’America Latina - a cominciare dalla telefonata di complimenti del brasiliano Lula - , ma anche quella dell’opposizione. Dalle viscere di quella terribile montagna, il presidente-regista ha saputo estrarre la vittoria più preziosa.