Alessandro Gilioli, L’espresso 14/10/2010, 14 ottobre 2010
L’AEREO FANTASMA DI LOS ROQUES
Se non lo trovano questa volta, è ufficiale: l’aereo non è mai precipitato. Perché ora le ricerche si fanno sul serio: una nave oceanografica, un robot subacqueo hi-tech teleguidato, un’area di ricerca di 40 miglia quadrate. è lì - e solo lì - che può essere caduto il biturboelica Let 410 scomparso al largo dell’isola di Los Roques (Venezuela) il 4 gennaio 2008 con otto turisti italiani a bordo, oltre ai due piloti e ad altri passeggeri, forse quattro o forse otto.
Già, perché nella storia del volo Yv2081 della Transaven non è chiaro nemmeno quante persone ci fossero: una tra le tante anomalie di un giallo che, forse, solo la spedizione in partenza il 21 ottobre prossimo potrà risolvere. Sulla nave della C&C Technologies (azienda Usa specializzata) ci sarà anche una delegazione italiana, composta da un ammiraglio (Giovanni Vitaloni) e da un esperto di incidenti aerei, Mario Pica, ex ufficiale dell’Aeronautica militare. "Abbiamo identificato, con un margine di abbondanza, l’area nella quale il velivolo può essere precipitato e la scandaglieremo per tre settimane, 24 ore su 24, a rastrello", spiega Pica: "Se l’aereo è caduto veramente lo troviamo. E se non lo troviamo vuol dire che non è mai caduto".
Ecco, appunto: l’ipotesi che il volo Yv2081 abbia avuto un destino diverso da quello ufficiale non ha nulla di dietrologico. è una possibilità reale per diversi motivi. Ad esempio, nessuno degli elicotteri alzatisi da Los Roques pochi minuti dopo l’Sos ha mai trovato traccia del relitto: "In un ammaraggio con onde alte oltre un metro come c’erano quel giorno, l’aereo si spezza e il materiale viene a galla", spiega Pica. Invece niente, nessun rottame è mai affiorato: "Resta solo l’ipotesi che, miracolosamente, il comandante abbia fatto un ammaraggio perfetto. Ma in quel caso il velivolo avrebbe galleggiato per due o tre minuti, quindi qualcuno avrebbe aperto il portellone e qualcosa sarebbe tornato in superficie".
Ma questo, appunto, è solo uno dei misteri del volo Yv2081. Singolare, ad esempio, che il cellulare di una passeggera (Annalisa Montanari) abbia squillato libero quando un amico - avvertito della tragedia 24 ore dopo - ha provato a chiamarla: sott’acqua i telefonini non danno libero. Strano che sia stato ripescato un solo corpo, dieci giorni dopo la sparizione dell’aereo: quello del copilota, morto non di annegamento ma per un trauma al plesso solare, trovato nudo con un paio di slip, verso la Colombia: e gli anatomopatologi dicono che è stato in acqua al massimo tre giorni, non dieci (ammesso che sia lui, visto che non è mai stato fatto l’esame del Dna). Insolito che la scatola nera predisposta per emettere segnali anche dal fondo del mare sia rimasta muta. Inspiegabile che nel suo Sos via radio il comandante abbia detto che si erano spenti entrambi i motori (evento rarissimo) senza poi dare nemmeno la sua posizione. Sorprendente, come si diceva, che i fogli d’imbarco della Transaven documentino 12 passeggeri, mentre nei contatti con Caracas il comandante parlava di 16 persone a bordo, oltre ai due piloti.
Quanto è bastato a Debora Napoli, sorella di una passeggera, a combattere due anni per arrivare a una spedizione che chiarisse ogni dubbio, ottenendo infine l’aiuto della Protezione civile italiana. Perché in Venezuela negli ultimi 15 anni sono scomparsi 33 aerei, almeno metà dei quali dirottati dai narcos: "Che, è provato, usano proprio i Let 410 per trasportare droga e uomini nei territori che controllano", dice Pica.
Insomma, l’aereo con gli italiani può essere atterrato in un campo di trafficanti, magari complice il pilota (che, si è scoperto, era pieno di debiti). "In questo caso probabilmente i passeggeri sono stati uccisi", dice Debora Napoli: "Ma mia sorella è un medico e forse l’hanno risparmiata perché poteva fargli comodo". Chissà. Certo è che se l’aereo non viene trovato sott’acqua, si dovrà iniziare a cercare gli otto italiani da qualche altra parte: vivi o morti che siano.