Marco Magrini, Nòva24 14/10/2010, 14 ottobre 2010
CARBONEIDE
«Cantami, o Diva, dell’Atomo Sesto le provvide gesta». Il racconto di cos’ha combinato su questo pianeta il carbonio – l’elemento numero 6 della tavola periodica – potrebbe anche cominciare così, con toni epici.
All’istante del Big Bang il carbonio non c’era: è stato cucinato nelle fornaci stellari e, da lì, con la potenza delle esplosioni primordiali, disseminato in tutto il cosmo e quindi sulla Terra. Cosicché, quando nell’arco di tempi geologici si è ritirato dall’atmosfera (dove, sotto forma di anidride carbonica, imprigionava il calore del sole) ha modulato la temperatura del pianeta, tirando lui stesso il sipario sul proprio capolavoro: la vita.
La presenza del carbonio definisce la chimica organica. Non a caso, c’è un ramo della scienza, l’astrobiologia, che vive solo per rispondere a una domanda: è possibile che, altrove nello spazio, esista una forma di vita non basata sul carbonio? Perché, da quaggiù, nessuno l’ha mai vista. E nessuno, fantascienza a parte, sa immaginarla.
L’atomo della vita ha un nucleo fatto di 6 protoni e 6 neutroni, attorno al quale orbitano 6 elettroni. Se fossero sette, sarebbe azoto. Se fossero cinque, boro. Ma il numero 6 è intimamente connesso con il carattere socievole del carbonio. Lasciamo perdere i primi due elettroni, che si muovono più vicini al nucleo. Gli altri quattro orbitano nella cosiddetta area di valenza, quella più esterna, adatta a costruire fugaci rapporti e amicizie durature. Così, ogni atomo di carbonio è capace – senza che nessuno lo rimproveri di promiscuità – di avere contemporaneamente quattro relazioni con altri quattro atomi.
Si stima che, sulla Terra, esistano venti milioni di diverse molecole a base di carbonio. Senza il carbonio, non ci sarebbero gli aminoacidi, i mattoni delle proteine. Non ci sarebbero gli acidi nucleici, gli enzimi, i grassi e – lo dice la parola stessa – neppure i carboidrati. In un corpo umano di 70 chili, 16 chili sono di carbonio.
A livello macroscopico, il Ciclo del carbonio – quella monumentale, apocalittica circolazione di atomi che avviene fra la geosfera, l’idrosfera e l’atmosfera – fa funzionare la fotosintesi, nutre i suoli e fertilizza gli oceani, grazie a 200 miliardi di tonnellate di carbonio che si scambiano di posto ogni anno.
Ma questa è storia antica. Nell’ultimo batter d’occhio di quest’avventura – diciamo un paio di secoli – il carbonio ha impresso un’accelerazione al mondo che conosciamo. Senza il carbonio, non ci sarebbe stata la vita. Ma neppure la rivoluzione industriale, il capitalismo, la globalizzazione. I combustibili fossili che, noti anche come idrocarburi e sublimati nella formula CH4 del metano (un atomo di carbonio che ha concesso tutti e quattro gli anelli nuziali a quattro atomi di idrogeno), fanno letteralmente girare il mondo.
Ma non è finita qui. Con l’energia dei carboidrati che accende la loro mente e l’energia degli idrocarburi che accende le loro macchine, gli scienziati sono riusciti a comporre il carbonio in forme meravigliose che la Natura – già grandiosa inventrice del diamante e della grafite – non aveva immaginato.
Prima è arrivato il fullerene, la cui scoperta ha fruttato il premio Nobel per la chimica 1996: è una sfera nanoscopica fatta di 60 atomi di carbonio. Poi i nanotubi di carbonio, gli attuali prìncipi del regno delle nanotecnologie, che portano in dote una messe di potenziali applicazioni. E infine, il grafene.
Il foglio di carbonio che forma un reticolo bidimensionale di atomi, ha regalato il recente Nobel per la fisica a Konstantin Novoselov e Andre Geim. Ma promette di regalare al genere umano un sacco di altre cose. Le sue potenzialità sono vastissime (le raccontiamo a pagina 10) e il numero di futuribili applicazioni sconfinato. La magìa del grafene sta nella sua sottigliezza: per arrivare allo spessore di un millimetro, ci vogliono tre milioni di fogli, uno sull’altro.
Così, possiamo star certi che la Carboneide – la lunga epopea del carbonio – si arricchirà di nuovi capitoli e di nuove avventure. Del resto, come si conviene, già oggi la suspense non manca.
Bruciando gli idrocarburi, l’idrogeno si separa dal carbonio che, di natura così socievole, si fidanza subito col primo ossigeno che trova. Ed ecco che l’atmosfera si popola di altra anidride carbonica: nell’ultimo mezzo milione di anni, l’effetto-serra generato dalla CO2, ha regalato al pianeta una temperatura media adatta alla vita (+14° invece che -18). Ma se ne aggiungiamo troppa, rischierà di fare caldo. Troppo caldo.
Fatalmente, in quest’epica avventura, non ci sono dèi dell’Olimpo che tengano. Nel prossimo batter d’occhio – questo secolo – toccherà ai comuni mortali scongiurare che l’atomo della vita si trasformi in un boomerang. E che «le provvide gesta» non diventino, citando più fedelmente Omero, «un’ira funesta».