Avvenire 14/10/2010, 14 ottobre 2010
IN FILA AI CENTRI DI AIUTO CRESCONO GLI ITALIANI
Chiamatela onda lunga della crisi. Sta di fatto che un milione di persone si sono messe in fila ai servizi parrocchiali e diocesani delle Caritas per chiedere un aiuto esclusivo per sopravvivere, perché i servizi pubblici non erogano nulla a chi è proprietario di casa o ha una pensione anche modesta. Trecentomila sono italiani, gli altri stranieri. Il decimo rapporto sulla povertà di Caritas italiane Fondazione Zancan documenta anche le forti risposte della Chiesa locale.
Da una rilevazione su un campione di diocesi, nel 2008 risultava che 360mila persone si erano rivolte alla rete Caritas. Tenendo conto dei nuclei familiari di riferimento, si arriva così a un milione di persone che annualmente beneficiano di un intervento strutturato di aiuto e accompagnamento. Sono quindi aumentate di un quarto le presenze in un anno ed è cresciuta del 40% la richiesta di aiuto dei soli italiani, anche se una fetta di povertà dei connazionali continua a rimanere sommersa causa vergogna.
Due terzi degli utenti sono stranieri, gli italiani sono un terzo. Geografia ribaltata anche nella miseria: al Centronord prevalgono gli immigrati, nel Mezzogiorno gli italiani. Purtroppo i volti nuovi crescono del 30% e spicca l’impoverimento di ritorno degli immigrati fino al 2008 ben integrati. Ma la crisi di diversi comparti produttivi ha colpito prima loro e molti ora progettano il rientro almeno della famiglia. Inoltre, secondo la Caritas, le misure di controllo imposte dai ’pacchetti-sicurezza’ inducono tanti irregolari a non rivolgersi ai centri di ascolto per l’infondata paura di una denuncia.
Le storie di povertà incontrate dalla Caritas sono sempre meno legate a individui soli e sempre più caratterizzate da un coinvolgimento dell’intero nucleo familiare. I problemi maggiori sono la povertà economica (65%), la mancanza di occupazione (62%) e, in minor misura, di un alloggio (23%), sia per gli italiani che per gli stranieri. Le richieste di aiuto si riferiscono soprattutto a viveri e vestiario, vale a dire le esigenze quotidiane di sopravvivenza. Ci sono più stranieri a chiedere lavoro (30%) che italiani (17,5%). Al contrario i sussidi economici sono stati richiesti in misura molto superiore da italiani (22%) piuttosto che da stranieri (8%). Nel 51% dei casi i Centri hanno erogato soprattutto beni e servizi materiali.
La strategia delle Caritas diocesane nel 2009, per fronteggiare l’anno orribile della recessione, si è dispiegata su varie frontiere del bisogno. Ben 114 organismi diocesani hanno realizzato 195 progetti in vari ambiti chiedendo alla Cei oltre 11 milioni e 300 mila euro con una partecipazione economica delle diocesi interessate di oltre 9 milioni e mezzo. Destinatari sono stati famiglie in difficoltà, minori, immigrati, detenuti ed ex detenuti, anziani, vittime di violenza e tratta, malati terminali, persone senza dimora, richiedenti asilo.
Specifiche attenzioni sono state riservate dalle Caritas diocesane ai problemi di lavoro, usura, indebitamento, alle problematiche abitative. Inoltre, per affinare le antenne della ricerca sociale, sono stati realizzati 16 progetti regionali di promozione Caritas e 6 progetti diocesani di promozione di centri di ascolto, osservatori delle povertà per un totale di 490 mila euro.
Due milioni infine sono andati a progetti diocesani per integrare Rom e Sinti, per superare gli ospedali psichiatrici giudiziari, il degrado delle periferie e aiutare persone in stato di povertà estrema a risollevarsi. Operazioni necessarie in un anno che molti ricorderanno come drammatico.