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 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

«COSI’ FARAI SALTARE TUTTI I CONTI» «HO LA COSCIENZA A POSTO» SCAMBIO DI LETTERE NEL GOVERNO

La «letteraccia» arriva lunedì mattina. L’ ufficio legislativo del ministero dell’ Economia dice che la riforma dell’ università «pregiudica la stabilità dei conti di finanza pubblica». Anche se in burocratese, Giulio Tremonti sta accusando Mariastella Gelmini di mandare a rotoli il bilancio dello Stato pur di salvare la sua riforma. «È chiaro che il problema non è l’ università, ci sono altri interessi in gioco» dice il ministro dell’ Istruzione. Che però, all’ inizio, prova a salvare il salvabile. Risponde a Tremonti, fa dire ai suoi tecnici di essere «disponibile a riscrivere l’ emendamento sui ricercatori», quello studiato per rimediare al blocco delle lezioni negli atenei. Non più 9 mila assunzioni in sei anni, ma la metà, 4.500 in tre anni. Un passo indietro non da poco: quell’ emendamento era stato approvato da Tremonti in persona il 22 settembre, il giorno prima della conferenza stampa che i due ministri avevano organizzato per promettere nuovi fondi agli atenei. Il secondo no arriva mercoledì mattina, questa volta in calce c’ è la firma di Mario Canzio, il Ragioniere generale dello Stato. Ed il messaggio è ancora più sottile. Il documento accusa la Gelmini di pensare ad una sanatoria mascherata, perché le 9 mila assunzioni da lei volute «renderebbero possibili richieste emulative di carattere oneroso», cioè un fiume di ricorsi al giudice del lavoro. E perché ricorda che il vero obiettivo di lungo termine è un altro: «come si raccordano», chiede la Ragioneria dello Stato, quelle assunzioni con la «necessaria razionalizzazione del sistema?». Altro che assunzioni: razionalizzazione, cioè tagli. A questo punto la Gelmini capisce che la partita è davvero un’ altra, che l’ università è solo il terreno di scontro di una battaglia tutta politica. «Ho la coscienza a posto - si sfoga con i suoi collaboratori - perché la gente lo sa: le riforme io le ho fatte, ma è Tremonti che non dà i soldi. Anche lui deve fare la sua parte». Alle sette di sera i due si incontrano alla Camera, un vertice di maggioranza per provare a mettere insieme i cocci. Non si rivolgono la parola. Prima dell’ arrivo di Tremonti la Gelmini fa per alzarsi, «se la mia presenza è un problema posso uscire da questa stanza. Ma sappiate che non mi dimetto». In gioco, a questo punto, non c’ è solo la riforma, ma la sopravvivenza stessa del sistema, come riconosce il finiano Giuseppe Valditara, che parla di «grande delusione». Nelle casse degli atenei italiani mancano, per il 2011, un miliardo e 350 milioni, come ricorda ogni giorno per il Pd Manuela Ghizzoni. Era stato lo stesso Tremonti a dire che solo dopo il via libera alla riforma il governo avrebbe ripianato in parte quel buco con il decreto mille proroghe di fine anno. Uno scambio accettato anche dalla Conferenza dei rettori che infatti adesso sostiene come sia l’ intero mondo accademico a rischiare il collasso. La richiesta iniziale della Gelmini era di un miliardo di euro. Ma il braccio di ferro tra i due ministri aveva fatto scendere l’ asticella a 900 milioni. Ma adesso tutto è saltato. «Senza quei soldi - ammette la Gelmini - le facoltà non potrebbero più lavorare. Non si possono colpire le università per colpire me». Il ministro dell’ Istruzione tenta l’ ultima carta: stralciare l’ emendamento sui ricercatori, approvare una riforma a costo zero, e rinviare le assunzioni ad un altro disegno di legge da portare al prossimo Consiglio dei ministri. Possibile. Ma sarebbe solo un modo per prendere tempo. E rinviare lo scontro con Tremonti alla prossima curva.
Lorenzo Salvia