Armando Spataro, il Fatto Quotidiano 14/10/2010, 14 ottobre 2010
SEGRETO DI STATO FABBRICA DI IMPUNITÀ
Accade spesso in Italia, nei momenti di tensione politica o di “scontro” tra esecutivo e potere giudiziario, che l’attenzione si concentri sul ruolo dei nostri Servizi di informazione. C’è chi li ritiene sospettabili di attività illegali “a prescindere” da ogni prova, c’è chi invoca sempre e comunque una speciale immunità per loro sulla base di discutibili segreti di Stato e c’è pure chi ritualmente chiede che il Copasir eserciti i poteri di controllo conferitigli dalla legge. Da ultimo, ciò è avvenuto in relazione alle notizie acquisite all’estero sull’ormai nota casa di Montecarlo affittata al “cognato” del Presidente Fini e alla “sorveglianza” cui sarebbe stato sottoposto l’on. Bocchino. Può essere utile chiarire quali sono i Servizi, le loro competenze, i contenuti del segreto di Stato, come dovrebbe operare il Copasir e perché non funziona. La materia è regolata dalla legge di riforma n. 124 approvata a larghissima maggioranza nell’agosto 2007, in pieno caso Abu Omar, l’egiziano sequestrato a Milano nel febbraio 2003, illegalmente trasferito in Egitto e lì torturato per ottenere informazioni. Il Tribunale di Milano ha condannato 23 americani, ma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di 5 italiani appartenenti al Sismi per il segreto di Stato apposto dai governi Prodi e Berlusconi. E’ in corso il processo d’appello che riguarda anche due ex appartenenti al Sismi condannati a 3 anni per favoreggiamento personale. La legge del 2007 (che ha cancellato la precedente vecchia di 30 anni), come ogni buona riforma italiana, ha modificato anzitutto le denominazioni dei due Servizi “segreti”: il Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) ed il Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) oggi si chiamano rispettivamente Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna). Il primo dipende dal ministro della Difesa, il secondo dall’Interno.
NEI SETTORI di rispettiva competenza, la ricerca ed elaborazione di tutte le informazioni utili è affidata all’Aise in vista della difesa dell’indipendenza, integrità e sicurezza della Repubblica dalle minacce provenienti dall’estero e all’Aisi per difendere la sicurezza interna della Repubblica e le istituzioni democratiche…da ogni minaccia, attività eversiva e aggressione criminale o terroristica. Oltre ad altre funzioni, ad entrambi i servizi è poi affidato il compito di individuare e contrastare le attività di spionaggio contro l’Italia e gli interessi nazionali; ma, mentre l’Aise opera al di fuori del territorio nazionale, l’Aisi lo fa all’interno di esso. La legge prevede poi modalità di controllo politico sull’attività dei servizi affidato al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir),equivalente del vecchio Copaco. Ma qual è la materia che può essere coperta dal segreto di Stato? La legge 124/07 lo dice chiaramente all’art. 39: “Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali; alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato”. Definizione che appare in linea coi principi fondanti di ogni democrazia, cui non è certo estranea la necessità di tutelare la sicurezza dello Stato.
Eppure l’utilizzo del segreto di Stato negli ultimi decenni – non solo in Italia – è stato spesso causa di tensione tra l’esecutivo, chiamato a tutelare l’integrità e ’indipendenza dello Stato, e il potere giudiziario, garante delle esigenze di giustizia. Ma, come si vedrà, il problema non è la definizione legislativa del segreto di Stato, ma la sua applicazione e finanche la sua dilatazione amministrativa con atti privi di forza di legge. Basti ricordare che il Presidente Prodi emanò nell’aprile 2008 un Dpr che prevede la possibile estensione del segreto alla “tutela di interessi economici, finanziari, industriali, scientifici, tecnologici, sanitari e ambientali”, sebbene ciò fosse stato escluso nel dibattito parlamentare dal testo della legge poi approvata: ciò che era uscito dalla porta rientrò dalla finestra. Ecco allora la necessità di seri controlli sull’apposizione del segreto di Stato - che spetta al Presidente del Consiglio - per assicurare un punto di equilibrio tra interessi parimenti essenziali: la sicurezza dello Stato e la tutela giurisdizionale dei diritti.
I controlli istituzionali sul segreto di Stato possono definirsi di due tipi: quello giudiziario-costituzionale e quello politico.
Il primo riguarda la risoluzione dei contrasti tra Magistratura ed Esecutivo: se l’Autorità Giudiziaria ritiene che il segreto di Stato sia stato apposto dal Presidente del Consiglio fuori dai casi previsti dalla legge (ad esempio, è vietato apporlo su notizie, documenti o cose relativi a fatti di terrorismo o eversivi dell’ordine costituzionale nonché su altre materie) o al di fuori delle procedure previste o che esso non sussista sulle notizie e sugli atti che si intendono utilizzare, ricorre alla Corte Costituzionale sollevando conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Altrettanto può fare il Presidente del Consiglio quando ritenga che l’A.G. abbia violato le sue prerogative utilizzando notizie coperte dal segreto. La Corte Costituzionale, cui non può essere opposto il segreto, ne deciderà il fondamento o i limiti, risolvendo i conflitti e dando indicazioni all’A.G. per il prosieguo delle attività di competenza.
Il secondo tipo di controllo è quello politico e spetta al Parlamento attraverso il Copasir, presieduto per prassi da un membro dell’opposizione politica. E’ composto da 5 deputati e 5 senatori, nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, garantendo comunque la rappresentanza paritaria di maggioranza e opposizioni.
E’ PREVISTO che i provvedimenti di conferma dell’opposizione del segreto di Stato all’Autorità Giudiziaria siano trasmessi dal Presidente del Consiglio al Copasir che valuterà le ragioni dell’opposizione e investirà il Parlamento ove la ritenga infondata. Il Parlamento potrà a sua volta valutare la responsabilità politica del Presidente del Consiglio, fino alla crisi di fiducia nei suoi confronti; ma in nessun caso la sua decisione originaria potrà essere revocata o modificata dal Comitato e neppure dallo stesso Parlamento, restando così impregiudicato il segreto .
Ma perchè l’attività di controllo del Copasir (e prima del CopaCo) sull’apposizione del segreto di Stato ha sin qui deluso le aspettative di molti commentatori? E’ utile ricordare qualche fatto recente. Ad esempio, a oltre quattro anni di distanza dall’opposizione del segreto di Stato nel caso Abu Omar da parte del Presidente Prodi, il Copasir presieduto dagli on. Rutelli (prima) e D’Alema (dopo) non ha ancora espresso le dovute valutazioni (al pari del precedente Copaco, all’epoca presieduto dall’on. Scajola), nonostante il clamore suscitato dalla vicenda a livello internazionale e l’invito rivolto al Governo italiano da Parlamento europeo e Consiglio d’Europa a rimuovere quel segreto apposto in un palese caso di violazione dei diritti umani. Forse quella vicenda non è stata ritenuta di grande interesse o di particolare urgenza, diversamente del caso (giugno 2009) delle fotografie di personalità di vario genere immortalate durante la loro permanenza a Villa Certosa, proprietà di Silvio Berlusconi. In questo caso il Copasir ha agito con immediatezza e zelo, sentendo a palazzo San Macuto, in rapida successione, i vertici dell’Aisi e dell’Aise e il sottosegretario Gianni Letta, anche per verificare l’ipotesi del possibile coinvolgimento nella vicenda di servizi deviati, italiani o stranieri. Sempre a proposito del caso Abu Omar, va sottolineato che il Copasir è stato presieduto negli ultimi due anni e mezzo, in successione, da due parlamentari – gli on. Rutelli e D’Alema - che, entrambi da vicepremier del governo Prodi, avevano approvato la decisione di sollevare conflitto di attribuzione contro la Procura e il Gip di Milano per supposte violazioni del segreto di Stato. Una scelta che entrambi avevano pubblicamente condiviso, sicchè appare anomalo che potessero poi partecipare, in funzione di garanti delle prerogative politiche del Parlamento (così si può definire il ruolo di Presidente del Copasir), alla valutazione della correttezza dell’apposizione di quel segreto. Se ne sono meravigliati anche molti membri della Commissione Diritti Umani e Affari Legali del Consiglio d’Europa quando il 17 settembre, in un meeting a Tbilisi (Georgia), hanno appreso la circostanza esprimendo la convinzione che il controllo politico per evitare l’abuso del segreto di Stato deve ’essere affidato a una commissione sganciata dall’esecutivo. Per inciso, a quell’importante meeting era presente un solo componente italiano della Commissione, l’on. Renato Farina, mentre erano assenti sia il membro titolare che quello supplente del Pd.
MA ANCHE altri episodi suscitano le critiche degli accademici e degli osservatori più attenti. Sono forti le preoccupazioni circa la possibile estensione a macchia d’olio del segreto di Stato, già verificatasi in casi di reati comuni. Ci si vuol riferire al processo pendente a Perugia, a carico di due ex funzionari del Sismi, accusati di peculato all’esito di una perquisizione effettuata nel 2006 in una base romana del servizio; a quello pendente a Milano (“processo Telecom”) a carico di varie persone per associazione per delinquere, corruzione ed altro; e perfino al processo pendente a Milano a carico di Magdi Cristiano Allam, accusato di diffamazione nei confronti dell’imam di una moschea di Fermo. In questi casi, gli imputati e un testimone hanno opposto il segreto di Stato in sede di esame. Il Presidente del Consiglio, interpellato dal giudice, l’ha confermata e come la legge prevede deve averne sicuramente informato il comitato di controllo. Ma non risulta che il Copasir abbia adottato le determinazioni che gli competono . Si può affermare, in definitiva, che il problema dell’effettività del controllo parlamentare sulle questioni coinvolgenti il segreto di Stato non è in Italia un problema di qualità della legge, ma solo di prassi e volontà politica. Proprio per tale ragione, però, l’uso del segreto di Stato rischia di essere percepito dai cittadini non come strumento di tutela della sicurezza della nazione, ma come mezzo che oggettivamente finisce con l’ostacolare la giustizia e distribuire impunità. Le preoccupazioni aumentano ove si consideri la relazione presentata nella scorsa estate dalla Commissione Granata nominata nel 2008 dal Governo Berlusconi per studiare una nuova disciplina del segreto di Stato. La Commissione intanto s’è detta convinta che la legge 2007 permetta già ora al Presidente del Consiglio di autorizzare i Servizi a effettuare intercettazioni preventive “sotto l’usbergo delle garanzie funzionali”, malgrado l’art.15 della Costituzione preveda che la limitazione di ogni forma di comunicazione “può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità Giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. Ma la relazione contiene anche un’interpretazione restrittiva dei divieti di apporre il segreto di Stato su certe materie e proposte tali da favorirne ulteriori dilatazioni fino a coprire tutti gli accordi tra i servizi di informazione dei vari Stati, a prevedere che il segreto di Stato vincoli non solo, come ora dice la legge, pubblici ufficiali, pubblici impiegati e incaricati di pubblico servizio, ma “chiunque ne sia venuto a conoscenza”, e a estendere oltremisura la durata del segreto . Silenzio della Commissione, invece, su altre possibili modifiche legislative di cui si sente la necessità: come la previsione del divieto di un’apposizione tardiva del segreto di Stato (dopo, cioè, l’avvenuta pubblicità delle notizie che si intendano preservare), l’obbligo per il Copasir di riferire entro un termine breve alle Camere ove ritenga infondata l’opposizione del segreto e, per rendere effettivo il controllo politico, la “separazione” del Copasir dall’Esecutivo, vietando che ne possano far parte membri dei precedenti governi , integrandone la composizione con esperti nominati dal Capo dello Stato o affidandone la presidenza a personalità super partes. Diversamente, il Copasir continuerà a essere tirato in ballo non tanto per esigenze di sicurezza dello Stato, quanto come supposto arbitro di scontri politici ed espressione delle logiche di governo: di qui, in particolare, sembra trarre origine la richiesta del Pdl di sostituire come membro del Comitato l’on. Briguglio, come se la legge, anziché prevedere eguale rappresentanza a maggioranza e opposizione, prevedesse una presenza di politici fedeli al premier.