Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 14/10/2010, 14 ottobre 2010
CONTI: «ENEL FA IL BIS IN BORSA. LE ENERGIE PULITE? NON SONO UNA BOLLA» - L’
Enel torna a chiedere soldi alla Borsa offrendo azioni Enel Green Power, la società che riunisce le attività nelle energie rinnovabili sue e di Endesa. Sarà la maggior offerta pubblica di vendita del 2010 in Europa: tre miliardi. Già un’ altra volta l’ Enel fece offerte record. Fu nel 1999, quando il Tesoro la collocò in Borsa a un prezzo altissimo e per quantità enormi. Ma chi sottoscrisse in 10 anni ha poi ottenuto un rendimento annuo del 2,4%, dividendi compresi. Un Btp avrebbe dato quasi il doppio. Dottor Fulvio Conti, perché ci dovremmo fidare? «Erano epoche, soggetti e oggetti diversi. Allora le Borse erano nel pieno di un lungo rialzo. E il Tesoro fece un ottimo affare...». Il Tesoro, non i risparmiatori. «Infatti il soggetto è diverso: chi offre i titoli di Egp è l’ Enel. Ho già portato sul mercato Terna e una serie di obbligazioni, tutte ancor oggi sopra la pari. L’ Enel non smentirà la sua reputazione. Ma anche l’ oggetto è diverso. Enel vuol dire stabilità, solidità, dividendi, diversificazione geografica e tecnologica. Egp vi aggiunge una forte crescita». Ma se il 77% della produzione viene dalle storiche piccole centrali idroelettriche e dalla geotermia? «Ma queste tecnologie avranno nuovi sviluppi in Sud America. Ed entro il 2014 Egp investirà 5 miliardi, in buona parte nell’ eolico, così da abbassare al 50% le due fonti oggi prevalenti». Molte rinnovabili non sono economiche. Quanto pesano gli incentivi in Egp? «Per il 28% dei ricavi. Non è poco. E sul risultato operativo sarà di più. Quanto? «Non parecchio di più». C’ è speculazione sulle rinnovabili. «Non vedo bolle. Le fonti rinnovabili costituiscono un progresso per tutti. Perfino Cina e Brasile, che non hanno obblighi rispetto al Trattato di Kyoto, marciano: eolico in grande stile nelle steppe mongole, idroelettrico fluente sui fiumi amazzonici. La tecnologia progredisce: quel che non è economico oggi lo diventerà domani. A patto che l’ innovazione non si fermi. Ma nessuno investe se non ha un ritorno. Di qui gli incentivi, ma anche la loro graduale riduzione mano a mano che le tecnologie migliorano...». Tremonti voleva cancellare i certificati verdi. «Alla fine se n’ è ridotto l’ impatto del 20%. Ed è un bene». Per l’ Enel che li compra, non per EPG che li vende. «La rimodulazione spunta la speculazione degli improvvisati. Per gli industriali come noi, alla fine, è un bene. Del resto, i vincoli di Kyoto impediscono scelte troppo drastiche». Il boom però si sta sgonfiando. Le quotazioni delle rinnovabili di Iberdrola ed Edf sono crollate. «Erano state offerte l’ una a 46 volte il margine operativo lordo e l’ altra a 30. Oggi stanno a 10 e a 12 volte. Il prezzo di Egp sarà in questo intorno». In ogni caso, prenderete 3 miliardi. Ne avete 68 di debiti, di cui un sesto a breve... «Questo incasso e le dismissioni fatte o pronte ridurranno la posizione finanziaria netta dell’ Enel, concetto che preferisco perché tiene conto anche della liquidità, da 51 a 45 miliardi entro l’ anno, incidendo sulla parte a breve. D’ altra parte, l’ Enel ha un margine operativo lordo che dai 16 miliardi del 2009 arriverà ai 19 del 2014 mentre il debito netto scenderà a quota 39». Se i tassi risalgono? «L’ 80% della nostra esposizione è a tasso fisso o blindato con operazioni di hedging». E però avete tagliato gli investimenti. «L’ Enel genera abbastanza cassa per coprire investimenti, oneri finanziari, tasse e dividendi. E per ridurre gradualmente il debito. Abbiamo riadeguato gli investimenti nel 2009, di fronte a un calo della domanda che potrà essere recuperato solo in 4-5 anni: non si investe tanto per investire». Come sarà l’ Enel di domani? «Oggi la metà dei ricavi è in Italia; a fine piano, che prevede 10 miliardi di investimenti in Italia e 20 fuori, l’ estero sarà prevalente». Una fuga dal proprio paese? «No. L’ Enel insegue la crescita dove c’ è. La diversificazione garantisce la società. E dopo il 2014 partiremo in Italia con il programma nucleare». Ma ci si crede poco. Avete già scelto i siti? «La prossima domanda?». Quali garanzie dallo Stato? «Due sole: se il nucleare fosse bloccato da un altro referendum, chi investe deve poter recuperare le spese; l’ energia nucleare dovrà essere ritirata per intero, perché viene da centrali che non si possono fermare facilmente». Negli anni Novanta, con il petrolio a 10 dollari al barile, l’ atomo non lo voleva più nessuno... «Le centrali nucleari durano 60 anni. Non ha senso ragionare sui prezzi di un anno o due. Direi che se per trent’ anni il barile fosse sempre sotto i 40 dollari, allora l’ energia nucleare sarebbe troppo costosa. Ma chi può azzardare una tale previsione? Uno Stato entra nel nucleare per garantirsi contro la volatilità dei prezzi delle fonti fossili». Con il gas che sul mercato spot quota ormai la metà dei contratti take or pay, i cicli combinati non tornano a essere convenienti? «Chi ha una centrale termoelettrica deve essere sicuro di avere il gas. Per accedere stabilmente al mercato spot bisognerebbe avere una logistica e infrastrutture che l’ Italia non ha. E poi ho i miei dubbi che nel tempo i conti non si pareggino. Meglio diversificare le fonti e le infrastrutture. L’ Enel anticipa le strategie del paese e i bilanci gli danno ragione».
Massimo Mucchetti