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 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

I PARENTI DELLE VITTIME CONVOCATI VIA POSTA PER PERDONARE GALLINARI

La convocazione è stata recapitata agli interessati a mezzo posta, come fosse l’ invito a ritirare una multa o qualche altro atto giudiziario. Ma non c’ erano infrazioni da contestare, né i destinatari avevano cause pendenti. Solo il destino di aver avuto un parente ammazzato, trent’ anni fa o giù di lì. E adesso lo Stato bussa a casa loro per chiedere se hanno intenzione di perdonare uno degli assassini del proprio congiunto. Come fosse una banale adempienza burocratica, mogli, figli e figlie di vittime delle Brigate rosse vengono chiamati in comissariato per rispondere a un quesito talmente intimo e complesso da suonare stonato. Tanto più se a porlo è un imbarazzato ispettore di polizia, su ordine di un magistrato. Il quale a sua volta dovrà decidere - anche in base alle risposte, evidentemente - se liberare o meno l’ assassino. È successo nei giorni scorsi, in diverse città d’ Italia visto che le Br uccidevano un po’ ovunque. Il motivo è la richiesta di liberazione condizionale da parte di un ex dirigente di quella banda armata, Prospero Gallinari, uno dei carcerieri di Aldo Moro. Arrestato nel 1979, è stato condannato a diversi ergastoli, da alcuni anni è in detenzione domiciliare nella sua casa di Reggio Emilia, poiché il suo stato di salute è incompatibile con il carcere. Ha il permesso di andare a lavorare per qualche ora al giorno. Ora ha maturato i termini per chiedere la liberazione condizionale, prevista anche per i condannati a vita dopo 26 anni di reclusione. Gallinari ne ha scontati più di trenta e ha presentato al tribunale di sorveglianza di Bologna la domanda di tornare libero, come hanno già chiesto e ottenuto molti suoi compagni d’ armi degli anni Settanta. Prima di decidere il magistrato ha voluto interpellare i familiari delle vittime, per sapere se vogliono perdonare l’ ex terrorista. Si tratta di decine di persone, giacché il carceriere di Moro è stato condannato non solo per gli omicidi materialmente commessi, ma anche per tutti quelli firmati dalle Br mentre lui faceva parte del comitato esecutivo o di altri organismi decisionali del gruppo, fra il 1977 e il 1979. A Genova, ad esempio, l’ hanno giudicato colpevole delle uccisioni e dei ferimenti avvenuti in quel periodo. Compresa la morte dell’ operaio e sindacalista comunista Guido Rossa, assassinato il 24 gennaio 1979 dopo aver denunciato un impiegato dell’ Italsider sospettato di aver diffuso volantini brigatisti. Per questo alla vedova ultraottantenne di Rossa, la signora Maria Silvia, è arrivata la convocazione in questura, per essere ascoltata in qualità di «parte lesa». Al suo posto è andata sua figlia Sabina, da due legislature parlamentare del Partito democratico. E ha riempito il «verbale di sommarie informazioni in relazione alla circostanza se intenda concedere il perdono a Gallinari Prospero». Un atto di poche righe, nel quale Sabina Rossa ha dettato: «Non intendo fornire dichiarazioni in merito, in quanto la richiesta in oggetto non è riferibile ad un preciso articolo del codice di procedura penale. Inoltre contesto nel metodo e nel merito la richiesta contenuta negli atti». È un modo per respingere una procedura che al tribunale di Bologna definiscono «prassi» pur in assenza di specifici appigli nel codice. Dove, all’ articolo 176, è prescritto solo che «il condannato abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento». A parte il coinvolgimento dei parenti delle vittime in una decisione che spetta al giudice, caricando su di loro l’ onere di determinare il destino di chi trent’ anni prima ha sparato a un familiare o ha contribuito a deciderne la morte, resta da capire che cosa farà il magistrato delle risposte. Sceglierà a seconda della prevalenza dei «sì» o dei più probabili «no»? «Il perdono della persona offesa non è richiesto dalla legge - dice Sabina Rossa -. Credo che i magistrati debbano assumersi le loro responsabilità fino in fondo, senza tenere conto di elementi non previsti dal codice, come l’ eventuale sfavorevole impressione dei loro provvedimenti sull’ opinione pubblica. Trovo insopportabile e profondamente ingiusto essere convocati a mezzo di avviso postale per essere sottoposti, senza alcuna informazione, a una generica e distratta domanda se si intenda perdonare questo o quel condannato». La figlia dell’ operaio assassinato dalle Br difende la liberazione condizionale per gli ergastolani, perché «ha reso meno crudele l’ esecuzione di una pena perpetua, e soprattutto non in contrasto con il principio rieducativo contenuto nella Costituzione», ma considera una distorsione ancorarla al giudizio dei parenti delle vittime. Due anni fa ha presentato un disegno di legge per vincolarla non più al difficilmente valutabile «ravvedimento» (per questo ci si rivolge ai familiari delle persone colpite, o si richiede ai condannati di stabilire un contatto con loro, anche solo epistolare) bensì a «un comportamento tale da far ritenere concluso positivamente il percorso rieducativo di cui all’ articolo 27 comma della Costituzione».
Giovanni Bianconi