Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 14/10/2010, 14 ottobre 2010
RISANAMENTO GROSSO GUAIO PER I BANCHIERI
Riusciranno i banchieri a venir fuori dal disastro di Luigi Zunino salvando i bilanci (difficile) e anche la faccia (più difficile)? La risposta vale quasi 3 miliardi di euro. A tanto ammontano i finanziamenti elargiti negli anni scorsi dai colossi del credito nostrano (in primis Intesa e Unicredit) al gruppo Risanamento gestito fino al luglio 2009 dall’immobiliarista un tempo rampante Zunino.
Ebbene, non bastasse la grana dell’area milanese di Santa Giulia, sequestrata dalla procura di Milano per una storia di bonifiche ambientali non proprio a regola d’arte, adesso c’è gran fermento anche sulla vendita dei terreni di Sesto San Giovanni dove un tempo sorgevano le acciaierie Falck. A luglio era stata annunciata la cessione a una cordata di investitori guidati da Davide Bizzi con la partecipazione di alcune banche creditrici: Intesa, Unicredit e Bpm. Questa operazione da sola avrebbe migliorato di oltre 400 milioni la posizione finanziaria di Risanamento. Il fatto è che il contratto finale doveva essere firmato il 30 settembre. Scadenza passata senza che nulla sia accaduto. Da qui voci e indiscrezioni che addirittura davano per rinviata sine die l’operazione. Un guaio che rimetterebbe in discussione tempi e modi del salvataggio dell’intero gruppo immobiliare da mesi sotto il controllo degli istituti di credito.
Chi paga
il conto
“NESSUN PROBLEMA, solo questioni tecniche”, recitano le fonti ufficiali. Il fatto è che la situazione risulta in piena evoluzione. E non solo per motivi "tecnici". Le banche vorrebbero limitare al massimo, non più di 36 milioni, il loro investimento diretto nella società che comprerà l’area di Sesto. In sostanza premono perchè Bizzi e soci,oltreadaccollarsiilmutuo di Intesa per 275 milioni che grava sui terreni, diano il massimo di garanzie per far fronte con mezzi propri all’investimento. Ed è a questo punto che sono nate le discussioni, perchè il gruppo coreano Honua daprincipiointenzionatoapartecipareconunaquotavicinaal 30 per cento dell’investimento complessivo di 120 milioni, ha fatto una parziale marcia indietro . Per il momento i coreani non metteranno più del 10 per cento nel capitale della Sesto immobiliare holding, che a sua volta possiede il 60 per cento della Sesto immobiliare spa, il veicolo che materialmente comprerà l’area di Sesto. Da qui la corsa a trovare nuovi capitali. Intesa, a cui era stato richiesto di intervenire, ha detto no. L’imprenditore bolognese Mario Bandiera (Les Copains) e le cooperative (gruppo CCC) restano fermi a meno del 10 per cento ciascuno.
Così tocca a Bizzi far fronte all’imprevisto. Come? La possibilitàdifarsiprestaredenarodalle banchesarebbestatascartata.E allora il denaro supplementare in parte è stato ricavato dalla vendita di alcune proprietà immobiliari all’estero, con l’impegno a completare altre cessioni nelle prossime settimane. In questo modo Bizzi conta di riuscire a rispettare i termini dell’accordo con le banche.
Cosa guadagna
il gruppo Biffi
TUTTO BENE? Non ancora. Perchè ai piani alti degli istituti di credito qualcuno ha puntato il dito sui proventi della Bizzi & partners, la società di sviluppo immobiliarechesaràincaricata di seguire il progetto Sesto. Un progetto, con la firma dell’architetto Renzo Piano, che prevede nuove costruzioni su una superficie di quasi un milione dimetriquadrati. In base alle intese preliminari, la Bizzi & partners incasserà commissioni (management feee succes fee) calcolate in percentuale sul valore dei ricavi dalla vendita dei vari palazzi che verranno costruiti. Ebbene, tra gli addetti ai lavori si maligna che Bizzi potrebbe alla fine rientrare del suo investimento personale in buona parte proprio grazie a queste commissioni. Su questo tema, comunque, la discussione con le banche è ancora aperta.
Ormai però il tempo stringe. Se l’operazione andasse in porto entro la fine dell’anno Risanamento potrebbe mettere a bilancio già nel 2010 i 65 milioni cash che secondo l’accordo preliminare dovrebbero essere versati al rogito. I protagonisti dell’affare, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, contano però di chiudere la partita entro un paio di settimane al massimo. Sperando nel frattempo di trovare un accordo definitivo anche con l’architetto Piano, che teme di veder ridimensionato il suo progetto originale. E senza la firma dell’archistar tutta l’operazione rischia di tornare in alto mare.