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 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

ORA ANCHE IL BELGIO È A RISCHIO CRAC

Il Belgio è da tre mesi senza governo, il suo debito pubblico si avvicina al 100% del Pil e il differenziale dei titoli di Stato a 10 anni sul benchmark tedesco si è triplicato da inizio anno. Sarà il Belgio il prossimo paese a dover affrontare una crisi del debito sovrano? Finora è riuscito tenersi lontano dai radar degli investitori internazionali, quasi tutti concentrati su Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo. Ciò potrebbe però cambiare se la crisi politica - che si protrae da due anni - non sarà risolta presto.
Per meglio delineare il futuro economico del Belgio può essere utile illustrarne quattro scenari. Il primo, lo status quo, è improbabile, anche se ciò possa sorprendere. In questo caso, non ci sarebbe un ulteriore trasferimento di poteri dal centro alle regioni, ma il processo di riforma costituzionale implicherebbe un tale capitale politico che nessuno dei partiti principali né fiammingo né vallone potrebbe restarne indifferente. Nel secondo scenario, i partiti si accorderebbero su un livello minimo di devolution alle regioni. In questo caso, il nodo critico sarebbe la quota delle risorse tributarie spettante alle regioni, il cui scenario di minima coinciderebbe con la linea dei socialisti francofoni che prevede una quota massima del 10%. Nel terzo scenario, la scala del trasferimento fiscale sarebbe molto più consistente, nell´ordine del 50%, come richiesto dai separatisti fiamminghi.
Quali sarebbero le implicazioni dei due scenari di devolution per il debito pubblico e per il deficit in generale? quest´interrogativo non è quasi stato affrontato negli attuali negoziati. Il problema è che essi sono entrambi sostanzialmente insostenibili perché, inevitabilmente, a un certo punto o lo Stato federale o le amministrazioni regionali si ritroverebbero senza le risorse necessarie per coprire le spese.
Il secondo scenario aiuterebbe il bilancio dello Stato federale a servire il debito e ad assolvere agli oneri della previdenza sociale, ma la quota del gettito tributario trasferita alle regioni sarebbe troppo bassa per coprire le nuove spese a queste spettanti. Nel terzo caso, è lo Stato federale che potrebbe non trovarsi in condizioni di onorare le spese ancora di sua spettanza e se la crescita economica reale si rivelasse inferiore a quella prevista, la situazione potrebbe acuirsi.
Il quarto scenario è la divisione del paese, ma è difficile immaginare come i partiti potrebbero mettersi d´accordo su una divisione totale finché le parti avranno interesse a mantenere in piedi lo Stato e l´opinione pubblica continuerà a non essere molto interessata una tale estrema soluzione. Tuttavia, il clima politico è elettrico e pertanto nemmeno questo scenario, per quanto appaia irrazionale, può essere escluso. Una divisione non è mai il risultato di un accordo amichevole tra le parti e sarebbe concepibile soltanto se si prevedesse un qualche mediatore esterno. Un eventuale accordo per la divisione includerebbe la delega alle regioni di ogni tipo di competenza di spesa e di potere fiscale impositivo. Meno chiaro è invece che cosa succederebbe con debito dello Stato, che include anche quello nascosto nel sistema di previdenza sociale: occorrerebbe un qualche accordo su come spartirne il peso.
Indipendentemente dalla soluzione che si adotterà, essa sarà preceduta da instabilità politica e per quanto riguarda il nuovo debito, nel frattempo, il suo costo salirà e a causa dei tassi di interesse reali alti e della crescita economica bassa ne risulteranno esasperate le dinamiche negative. Se sarà il Belgio il prossimo paese a soccombere a una crisi del debito dipenderà da ciò che i belgi sceglieranno. Tutti gli scenari che prevedono una devoluzione comportano o un costo politico o un costo finanziario elevato o tutti e due.
*direttore esecutivo di i Eurointelligence ASBL
(Traduzione di Guiomar Parada)