Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Carla Mari, casalinga 52enne di Busto Arsizio, sposata e con due figli, sono state trapiantate le mani nella notte tra lunedì 11 e martedì 12 ottobre. L’operazione, durata sei ore, è stata eseguita all’ospedale San Gerardo di Monza dall’equipe di Massimo Del Bene, direttore dell’Unità operativa di Chirurgia plastica ricostruttiva, chirurgia della mano e microchirurgia ricostruttiva. La donna è cosciente e in buone condizioni. È la prima volta che in Italia viene effettuato un doppio trapianto di mani su un paziente amputato.
• Che cosa può provocare, in un essere umano, la perdita sia delle mani che dei piedi?
In questo caso s’è trattato di una “sepsi”, cioè di una setticemia… Tradotta dal greco la parola “sepsi” significa “putrefazione”. La signora Carla tre anni fa era stata colpita da questo male, originato da una semplice cistite, ed era rimasta colpita alle estremità. I medici erano stati costretti ad amputarle mani e piedi, sostituiti poi con altrettante protesi. L’avevano messa in lista per il trapianto nel 2008 e dallo scorso aprile la seguiva l’équipe di psicologia clinica del San Gerardo. L’11 ottobre è arrivata la notizia che all’ospedale di Cremona erano disponibili gli arti di una donna di 58 anni appena deceduta. Meno di due ore dopo è cominciato il trapianto e il giorno dopo la donna ha mostrato i primi segni di mobilità alle dita. Ci vorranno sette giorni per sciogliere la prognosi. Quando s’è guardata le mani, Carla si è commossa. Oltre tutto è una donatrice, iscritta da vent’anni all’Aido (Associazione italiana donatori organi).
• E il rigetto?
È stata utilizzata una tecnica anti-rigetto basata sulle cellule staminali: le staminali prelevate dal midollo della stessa paziente, vengono poi re-iniettate nelle prime 24 ore successive al trapianto. Andrea Biondi, direttore della Cell Factory del San Gerardo, una delle tre officine cellulari attive in Italia: «Si tratta di cellule che, per motivi che ancora non sappiamo, hanno una potente azione immunosoppressiva». A Carla verrà praticato in seguito un trapianto nella mano di tessuti adiposi prelevati dalla donna stessa. Poi un altro trapianto di epidermide sul dorso. Sono trucchi per depistare gli anticorpi, per depotenziare l’azione di rigetto. Si spera che in questo modo non sarà necessario assumere troppi farmaci anti-rigetto.
• I medici sono proprio convinti di quello che hanno fatto?
Il professore Massimo Del Bene che l’ha operata: «Quella del doppio trapianto è una decisione che abbiamo preso senza esitazione. Una persona senza mani né piedi non può alzarsi dal letto se non arriva qualcuno ad applicarle le protesi; ora Carla potrà provvedere da sola, con un miglioramento incredibile della qualità della propria vita». Sempre Del Bene: «In Italia è la prima operazione del genere, nel mondo sono già stati fatti 22 trapianti bilaterali. La paziente sta bene, la profusione delle mani è ottimale e non ci sono problemi di natura vascolare che sono sempre la nostra paura nel primo periodo. Poi ci sarà il problema funzionale e del recupero psicologico. È una donna fortissima che ha espresso da subito la volontà del trapianto». Adesione convinta anche da Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti: «Si tratta di un intervento straordinario per la sua complessità e di un grande risultato della rete delle donazioni in Italia. Le potenzialità perché l’intervento riesca ci sono. Dietro c’è il grande sforzo della rete dei trapianti nel nostro Paese: un’operazione del genere presuppone infatti una complessa organizzazione ed era da tempo che si cercava un donatore adatto per questo caso».
• Critiche?
Marco Lanzetta, il direttore dell’Istituto italiano di chirurgia della mano e il primo ad effettuare un intervento di questo genere in Italia (nel 2000, a Monza, su un uomo di 43 anni), è critico: «L’età della paziente è troppo avanzata sulla base dei criteri internazionali stabiliti per questo tipo di intervento. A cinquant’anni le possibilità di recupero a livello di rigenerazione nervosa sono inferiori». Cinzia Caporale, membro del Comitato nazionale di bioetica, raccomanda grande cautela: l’intervento è troppo sperimentale perché ci si pronunci così presto.
• Quante volte è stata fatta un’operazione come questa, nel mondo?
Considerando gli interventi più importanti, una ventina di volte. Stiamo parlando del doppio trapianto. Mentre è mentalmente alla nostra portata un trapianto di cuore, quello della mano risulta difficile da concepire. Ma lo stesso Lanzetta spiega: «Il trapianto della mano ci ha permesso di capire che si possono trapiantare tessuti, e non solo organi. La mano è in definitiva un composto di tanti tessuti. Questo tipo di intervento ha aperto la strada al trapianto di altri tessuti: la faccia, gli arti inferiori, la laringe, la parete addominale e il ginocchio». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 15/10/2010]
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