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 2010  ottobre 15 Venerdì calendario

CRANACH, LA SENSUALITA’ DEL NORD

Hanno la pelle d’avorio, gli occhi a mandorla, il corpo talmente morbido e malleabile da sembrare senza struttura ossea, i sorrisi maliziosi da femme fatale: sono le donne di Lucas Cranach, che appaiono nude o avvolte in abiti sontuosi, sempre seducenti, sempre molto inquietanti. Hanno invaso silenziosamente la Galleria Borghese, sistemandosi attorno alla loro «sorella», la Venere ritratta accanto a Cupido in atto di rubare un favo di miele, che le aspettava da quattro secoli, filiforme ed elegante, vestita soltanto di un largo cappello piumato. La tavola è l’unica opera di Cranach presente nella collezione della Galleria. Fin dal 1613 o 1614, come si era creduto fino ad oggi. Ma una recente ricognizione negli archivi della Borghese, ha portato alla scoperta di un nuovo documento che anticipa l’entrata del dipinto al 1611. Si tratta del foglio che attesta il pagamento, da parte di Scipione Borghese al maestro falegname Vittorio Roncone, di due cornici per due «Veneri lunghe» di palmi 10 di lunghezza e 6 di larghezza, registrato il 24 gennaio 1611. L’altra Venere sarebbe del Brescianino, che da sempre fa da pendant a quella di Cranach. Spiega Anna Coliva, direttrice della Galleria, che questa anticipazione rende molto precoce, e inconsueta per il collezionismo romano di primo Seicento, l’entrata del capolavoro del pittore nordico, facendola risalire al primo nucleo di opere con cui la collezione si andava velocemente costituendo. Ad attrarre il cardinal nepote sarebbero stati il soggetto erotico, la maestria del pittore e la favoletta morale, raccontata in lettere dorate sullo sfondo.
Comunque è da questa tavola che ha preso ispirazione la mostra, con 45 dipinti tra i più significativi di Cranach provenienti dalle massime collezioni pubbliche europee e statunitensi e dieci xilografie che dimostrano la virtuosità dell’artista anche nella tecnica grafica. «Una mostra che intende affrontare e approfondire una questione rimasta tuttora aperta, ovvero il rapporto tra l’opera di Cranach e l’arte rinascimentale italiana dell’epoca», dice Bernard Aikema, che insieme a Coliva cura l’esposizione. Per illustrare questo rapporto i quadri del pittore nato nel 1472 a Kronach, cittadina della Franconia al centro della Germania, sono stati collocati a fianco di opere significative presenti nella Galleria Borghese e di altre arrivate da fuori, che includono capolavori di Lorenzo Lotto, Cima di Conegliano e Tiziano (stupefacente il suo ritratto dell’elettore Giovanni Federico di Sassonia messo a confronto con il ritratto dell’imperatore Carlo V di Cranach).
La sfida di Aikema, studioso dell’arte rinascimentale tedesca ed europea, è di dimostrare che esiste un «altro Rinascimento», finora negato, diverso da quello a cui siamo abituati perché legato più alle novità fiamminghe che a quelle italiane. Non a caso è la prima volta che in Italia si organizza una mostra su Cranach. «Il suo - sostiene Aikema - è un Rinascimento non basato sulla riproduzione dell’antico e con una riproduzione della natura tutta sua. E la mancanza di aderenza ai canoni italiani e umanistici ha fatto sì che ci sia stato un blocco della sua opera nei musei italiani». Amico di Lutero, Cranach ha creato delle formule iconografiche che hanno avuto uno straordinario successo nel nascente movimento luterano, espresse per esempio nel ritratto di Lutero e sua moglie, arrivato qui in prestito dagli Uffizi. Ma Cranach non fu solo pittore della riforma. Moltissime furono le committenze cattoliche, documentate nell’ultima sezione della mostra, allestita nella sala di Raffaello. Grande imprenditore, oltre che artista, Cranach aveva infatti creato una vera e propria fabbrica di immagini, in cui elaborava i suoi temi e li faceva riprendere più volte a un folto numero di assistenti.
Lauretta Colonnelli