Alessandra Di Pietro, Gioia 15/10/2010 (uscita 8/10), 15 ottobre 2010
ALLA RICERCA DELLA VAGINA PERFETTA
Tra le conseguenze della depilazione integrale c’è stata un’impennata di conoscenza della vulva propria e altrui, la rapidissima affermazione personale e collettiva di un presunto canone di intima bellezza, l’immediata possibilità di accedere a un intervento chirurgico estetico e correttivo molto ben pubblicizzato. Non esiste una statistica sul numero di operazioni, private e ambulatoriali: «Come voler sapere quante carie vengono curate: è impossibile» risponde testuale il professor Gianfranco Bernabei, chirurgo plastico a Milano, ma sommando il numero di interventi effettuati nelle più importanti cliniche specializzate, può dirsi che almeno un migliaio di italiane all’anno sborsa dai 2 ai 10 mila euro per labioplastica (diminuire le piccole labbra, rimodellare, allineare), vaginoplastica (restringere la vagina, tonificare, elasticizzare), sistemazione delle grandi labbra (rimpolpare, ridurre, parificare), riduzione/aumento del monte di Venere, ampliamento del punto G (pochissime in verità), ricostruzione delle condizioni di verginità (imenoplastica, la praticano solo le donne musulmane).
Non esiste (ancora) un catalogo dove scegliere la migliore forma estetica da dare al proprio organo sessuale ma, per favore, nessuno scandalo se entro qualche anno (mese?) sarà disponibile: c’è già per il seno, i glutei, la pancia, il naso, la bocca, perché non per l’organo sessuale? L’ultima frontiera è stata abbattuta a tempo di record. Lo sdoganamento del seno nudo è passato per la battaglia libertaria di prendere il sole in topless e, ora che è lecito, la maggior parte saggiamente si copre per evitare danni. La vulva (e la vagina, ovvero il canale interno) invece è sempre rimasta nascosta e innominata, circoscritta da pozzetti di stoffa che, nel corso del tempo, si sono ristretti in maniera inversamente proporzionale all’aumento della zona da depilare. Fino a quando la diffusione del perizoma come elemento strutturale, e non occasionale, della biancheria intima, ha obbligato allo scoprimento pressoché totale. Con la necessità di imparare a conoscere la morfologia dell’organo, mostrarsi non solo al partner ma anche alle altre negli spogliatoi delle palestre, scoprire che ogni donna ha una natura diversa e le differenze non sono difetto. Ed qui che l’avventura comincia a farsi problema.
Il dottore Jamal Salhi, 50 anni, palestinese, in Italia da 30, lavora a Roma, ha una lunga esperienza sulla chirurgia dei genitali e se ne occupa con «uno specifico marketing» (il sito vaginoplastica.it): «Dal 2006 registro un aumento del 40 per cento delle richieste di informazioni. La metà delle donne viene per la visita e su 10 di loro almeno 4 faranno l’operazione. L’età varia da 20 ai 49 anni, il 65 per cento vuole interventi di labioplastica, poche di vaginoplastica, più spesso una combinazione delle due operazioni, per un totale di circa 300 interventi all’anno». Il tariffario va dai 2 ai 4mila euro; il dottore precisa che per rimpolpare non usa filler liquido ma il derma porcino liofilizzato. Secondo Salhi, le donne richiedono aggiustamenti nelle parti intime non per aumentare il piacere sessuale, ma per bellezza: «La vagina compromessa è come i capelli bianchi, un segno di vecchiaia, vogliono una vagina elastica». Le sue clienti non sono (solo) signore ricche, ma anche casalinghe, cameriere, sportive, donne che chiedono un prestito in banca per l’intervento: «Lo fanno per sentirsi a posto con se stesse, spesso non hanno un partner». Il medico è sposato e ha 4 figli. Siccome la pubblicità della vaginoplastica martella sui (presunti) danni dopo le nascite, gli chiedo se sua moglie è ricorsa alla chirurgia: «Per sua natura, non ne ha bisogno». A questo punto domando se esiste la vagina perfetta: «Sì, certo». La descrive, per favore? «Deve avere un aspetto armonioso, colorito roseo, tono muscolare perfetto, pelle tonica e idratata, nessuna ruga né colori strani, clitoride di giuste dimensioni, pochi peli, una dimensione accettabile».
La chirurgica degli organi genitali interviene su malfor-
mazioni, traumi da parto, nelle ricostruzioni post tumorali e cambio del sesso. L’uso estetico ha avuto il suo lancio in America all’inizio del 2000 con il dottor David Matlock che ha messo a punto due tecniche di operazione, ora sotto copyright: la Div (Designer laser vaginoplasty) e Lvr (Laser vaginal rejuvenation). Matlock posa per le copertine dei magazine come fosse un divo di C.S.J. e ha scritto pure un libro, Sex by design, in cui teorizza che un sana e lunga vita sessuale passa per un organo genitale tenuto in forma smagliante dal laser.
«La vagina perfetta calza perfettamente al pensiero di "sesso perfetto", che invece è cosi lontano dalla realtà clinica quotidiana», dice Cristina Critelli, ginecologa e sessuologa dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma. «Cancellare imperfezioni e i segni del passato - i parti, l’età, la menopausa -, restituire a se stessi e all’altro un corpo impeccabile fa parte di un modello ideale, che però non ci fa vivere la nostra capacità sessuale, un’arte antica alla quale servono tempi lunghi e pazienza».
Più netto e drammatico è lo psicoanalista Massimo Recalcati su Fame, sazietà, angoscia (rivista kainos, 2007): «La produzione elettrizzata della girandola degli oggetti-gadget avvolge il soggetto ipermoderno in un’atmosfera di maniacalità collettiva. Il legame con l’Altro e la dimensione dello scambio erotico-amoroso che esso implica lascia il posto alla relazione unilaterale con una serie illimitata di partner-inumani (droga, cibo, alcol, psicofarmaco) ma anche un’immagine feticizzata del proprio corpo».
A Londra, 172 cliniche offrono il servizio di vaginoplastica, il costo va dalle 3 alle 5mila sterline e il numero di donne che ha fatto l’intervento è aumentato del 300 per cento, come ha dichiarato Heather Leach, regista che ha girato per Channel 4 il documentario Thè perfect Vagina. In Italia, il professor Gianfranco Bernabei, che applica il metodo Matlock, racconta che su un centinaio di interventi all’anno, una decina sono in "second opinion", ovvero «un ritorno sull’operazione già effettuata perché non ha soddisfatto la richiesta o è stato fatto male, con asimmetrie, cicatrici, talvolta le piccole labbra sono state recise troppo, ma non è più possibile ricostruirle». Bernabei sottolinea che lo scarto tra richieste, visite e intervento è sempre più alta: «Su dieci donne che arrivano in ambulatorio, metà si fa operare. Nell’altra metà la realtà è variegata: donne che hanno solo bisogno di essere rassicurate, per esempio alcune pensano di avere tessuti rilassati e invece hanno solo un partner ipodotato, altre credono che un aumento del punto G possa fare miracoli, quando magari non hanno mai avuto un orgasmo. Però ci sono pure signore con idee chiare, come una mia affezionata paziente, 42 anni, che un giorno mi disse: "Ho rifatto il seno, l’addome, gli occhi e un lifting per essere piacente e concorrenziale con le mie coetanee e le donne più giovani, perché proprio lì non devo ringiovanirmi?"». Non è più tornata, dunque è contenta, mi dice il dottore. Beato lui, che questo sillogismo esista e funzioni.