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 2010  ottobre 15 Venerdì calendario

FUSI: COSI’ VERDINI MI AIUTO’. APPALTI? CONTANO GLI AMICI —

«Ogni mattina devo alzarmi e spiegare a tutti, specialmente alle banche, che io e Denis siamo amici ma non gemelli siamesi. Lei non immagina i danni che mi arrivano da questa etichetta che mi ritrovo addosso». Riccardo Fusi ha la solita voglia di spaccare il mondo. I suoi avvocati lo guardano a vista, troppe scadenze giudiziarie imminenti per gridare al complotto dei giudici, alla grande congiura. Meglio volare bassi.
L’imprenditore preferito da Denis Verdini — «ma per le vacanze, perché io di affari con lui non ne ho mai fatti» — deve ancora decidere se presentarsi lunedì ai magistrati dell’Aquila che l’hanno indagato, naturalmente con Verdini, per concorso in abuso d’ufficio. La mattina dopo, infatti, comincerà a Roma il processo per la Scuola marescialli, dove il proprietario della Baldassini Tognozzi Pontello è accusato di corruzione, con Verdini. Ma il nuovo fronte, sempre in tandem, è proprio quello abruzzese della ricostruzione post terremoto.
I suoi legali, Sara Gennai e Sandro Traversi, si tolgono un sassolino dalla scarpa. «Riteniamo inconcepibile che un indagato debba apprendere di essere tale dai quotidiani, ben 20 giorni prima di ricevere una comunicazione ufficiale, e dopo la pubblicazione di atti ancora coperti da segreto istruttorio». Il resto è la versione di Fusi su questa nuova puntata delle vite parallele.
Verdini dice che siete stati in affari fino al 1995. I carabinieri sostengono che ha mentito, perché i vostri rapporti societari si interrompono nel 2007. Chi ha ragione?
«Denis ha detto la verità. Quelli che vengono definiti "legami d’affari" riguardano una società che non ha mai fatto alcuna operazione, la ParVed. Era stata costituita da Verdini, che nel 2006 l’ha ceduta a me e mia sorella, che con poca fantasia, abbiamo cambiato il nome in ParFu». Cosa ve ne facevate? «Mia sorella aveva appena acquisito una proprietà immobiliare e i commercialisti ci avevano detto che c’era bisogno di una scatola vuota per mettercela dentro. Mi dissero che c’era questa società di Verdini che non aveva mai fatto niente, se lui era d’accordo... Lui mi disse che non vedeva l’ora di disfarsene. E così ParVed divenne ParFu. Ma non c’è stato un singolo momento in cui siamo stati soci».
Non negherà una certa conoscenza reciproca...
«Quando ho avuto bisogno ci siamo sempre sentiti e abbiamo collaborato. In società, mai».
Ettore Barattelli, presidente del Federico II, il Consorzio di imprenditori abruzzesi in gara per gli appalti della ricostruzione post terremoto, ha detto di aver scelto la sua Btp come partner perché lei godeva di appoggi politici. Quali?
«A me risulta che stesse cercando di associarsi a un’impresa che avesse i requisiti per vincere la gare. Se aveva altre mire, ha sbagliato: io prendevo più appalti quando al governo c’era il centrosinistra».
Per questo li ha portati tutti da Gianni Letta?
«I soci locali del Consorzio erano stufi di rimanere a bocca asciutta perché con la storia dell’emergenza Bertolaso faceva gare a trattativa privata e assegnava i lavori a chi voleva lui. Mi dissero che era necessario farsi conoscere da Gianni Letta. Io alzai il telefono e chiamai Verdini».
Quindi il presidente del Consorzio ha ragione sugli appoggi politici?
«Sono così appoggiato che l’unica gara vinta come Consorzio Federico II è stata a buste chiuse, con miglior offerta al ribasso. Sa quanti sono stati i cantieri aperti all’Aquila? Dodicimila. Se avessi avuto tutti questi appoggi forse qualche cantiere serio l’avrei avuto pure io».
La Procura si chiede perché Verdini è così interessato a far lavorare un imprenditore che secondo la Banca d’Italia «è esposto per centinaia di milioni». Risposta?
«Denis lo fa per amicizia, non certo per interesse personale. Detto questo, i numeri non sono quelli. Se diciamo 20 milioni ci andiamo più vicino. Inoltre la Banca d’Italia allarga il perimetro delle mie società. Ci sono quelle del mio gruppo e quelle dove ho il 10% e nessun potere decisionale. Perché abbiano voluto contare anche queste, proprio non lo so».
A proposito: chi è il «Gianni» che secondo Verdini «porta tutto» il materiale del Consorzio Federico II a Bertolaso?
«Sicuramente è Letta, non Chiodi, il governatore dell’Abruzzo. Ma secondo me non ha nemmeno portato nulla, al massimo avrà detto di averlo fatto, tanto che Bertolaso non ci ha mai chiamato». Ma a lei sembra normale? «Che un imprenditore si rivolga a un politico? Perché, la Lega non ha le sue "aziende"? E il Pd non ha le Coop? Non ci vedo nulla di male. Per tornare all’inchiesta sulla Scuola Marescialli: parlo con Altero Matteoli tramite Verdini. Non vedo il problema». Un classicissimo così fan tutti? «In Italia tutto il mondo degli appalti gira intorno ad associazioni, conoscenze, consorterie. Perché non dovrei girarci anch’io?»
Magari perché ci sono imprenditori che per parlare con Matteoli scrivono una lettera, o passano dal centralino.
«Certo, e io sono un marziano. I miei competitor non stanno mica in fila ad aspettare di essere ricevuti. In via Ferratella, alle Infrastrutture, io ero l’unico fuori. Gli altri, tutti dentro, al caldo».
Marco Imarisio