MAURIZIO FERRARIS, la Repubblica 15/10/2010, 15 ottobre 2010
DA PLATONE ALL´ENTROPIA LA DIVULGAZIONE È UN´ARTE
- Heinstein ha detto che non si può essere certi di avere capito davvero qualcosa se non si è in grado di spiegarla alla nonna. Metteva in chiaro un punto importantissimo, ossia che la divulgazione è anzitutto una verifica di ciò che sa il docente, anche se con una forma politicamente un po´ scorretta, giacché parlava della nonna, e non del nonno, quasi che il destinatario ideale delle divulgazioni fosse in realtà una destinataria. Colui che ha rivoluzionato il sistema di Newton condivideva un poco dello spirito con cui, nel Settecento, Francesco Algarotti aveva scritto il Newtonianesimo per le dame. Oggi i tempi sono cambiati e può accadere che l´autore di divulgazioni, sia per rendere più familiare il suo discorso, sia per non offendere nessuno o, meglio, per offendere uno solo, si rivolga al figlio, come individuo e non come espressione di un genere o di una classe.
È il caso del filosofo spagnolo Fernando Savater, fortunatissimo autore anni fa di un´etica, e poi di una politica, per il figlio, e che ora propone una Storia della filosofia (Laterza) in cui ogni capitolo viene concluso da un dialogo tra due scolari di dodici o tredici anni, Alba e Nemo. Savater ha fatto scuola e i figli si sono sentiti spiegare di tutto, da Kant al razzismo, e sempre dai padri, cioè da quelli che, nella vita reale, sono i meno inclini ad alzare la testa dal computer per spiegare la minima cosa. Non si è pensato di insegnare niente ai nipoti, che per definizione sembrano i destinatari delle favole piuttosto che delle divulgazioni, e ci si è guardati bene dal compiere il fatale passo falso che consisterebbe in un Il razzismo spiegato a mio nonno o (peggio, molto peggio) in un Kant spiegato ai miei colleghi. Ma è ovvio, e Savater lo dichiara esplicitamente, che questi libri indirizzati ai ragazzi sono in realtà rivolti a tutti. Si distinguono essenzialmente per l´uso di un linguaggio semplice e di uno stile non noioso, sul modello della Saggezza dell´Occidente di Russell che, racconta Savater, è stato il suo primo incontro con la filosofia. Dunque ci si rivolge a tutti, uomini e donne di ogni età, e persino colleghi di buona volontà ma di altre discipline, perché quello che so sulla fisica o sulla scrittura egiziana l´ho appreso da divulgazioni.
Malgrado il nome penalizzante o minimizzante, la divulgazione realizza dunque il grande sogno illuministico di un sapere per tutti. Su questo tema – e sulle sue tecniche – è appena uscito un importante volume di Francesco Piazzi, Mini-grammatica della divulgazione scientifica, pubblicato dal Cnr nel quadro di una attività di ricerca in collaborazione con le scuole. Il testo – la cui regola aurea è "non serve disprezzare l´ignoranza altrui" – deriva da una serie di lezioni di Piazzi, e affronta sia questioni stilistiche (tipi di testi, lessico, espedienti retorici e narrativi per essere chiari ed evitare la noia), sia questioni sociologiche ed etiche, sul ruolo della scienza nella società e sul fatto che la divulgazione sia, prima che un optional, una necessità intrinseca della scienza, e un dovere morale per tutti.
È significativo che a pubblicare questo libro sia proprio il Consiglio nazionale delle ricerche, perché la divulgazione non è estrinseca al sapere, ma ne è parte integrante. A parte la lieve scorrettezza politica la frase di Einstein sull´insegnare alla nonna riecheggiava una idea che troviamo nel Fedro di Platone come negli Analitici posteriori di Aristotele: si possiede davvero una conoscenza solo quando si è in grado di trasmetterla ad altri, e di trasmetterla non come un postino, ma spiegandola. Per questo, ad esempio, Hermes, il messaggero degli dèi, non era un sapiente, perché si limitava a consegnare agli uomini i messaggi divini, senza capirli. Al di là della confezione mitologica, il discorso è chiaro. In cosa consiste la differenza tra il sapere (umanistico o scientifico) e la magia? Nel fatto che il primo può essere divulgato, la seconda no. Sia perché non avrebbe senso spiegare in parole povere cosa vuol dire "abracadabra", sia perché l´ultimo degli interessi di maghi e fattucchiere è che il loro modus operandi sia chiaro a tutti. Ma a ben vedere la necessità della divulgazione per il sapere è ancora più profonda della lotta contro l´esoterismo, e riguarda le condizioni di sopravvivenza di una scienza. Il sapere ha bisogno di essere scritto (o almeno registrato in maniera durevole) per poter creare quel processo di accumulo, e di progresso, senza cui non si ha scienza. Ma, soprattutto, deve essere compreso, e compreso da un numero sufficiente di persone, altrimenti sulla scienza graverebbe sempre il rischio della scomparsa, o della mistificazione, o della perdita di senso.
Il sapere, dunque, deve essere, almeno idealmente, per tutti. Ma fra tutti i saperi ce ne è uno, la filosofia, che si qualifica come una sorta di "sapere su tutto", ossia manifesta un caratteristico istinto enciclopedico ben rappresentato dal Dizionario delle idee non comuni di Armando Massarenti, che esce in questi giorni da Guanda. Un libro che non solo rappresenta la realizzazione pratica delle regole comunicative di Piazzi (in particolare per la chiarezza espositiva e per la capacità di esemplificazione concreta), ma fa un passo in avanti decisivo rispetto a Savater. Se infatti Savater ci offre una storia della filosofia, Massarenti, con il suo dizionario, ci propone una filosofia in atto. Dove troviamo certo tipiche voci da dizionario filosofico classico, da Agnosticismo ad Ascetismo e Atarassia, via via sino a Zero passando per Teodicea, Progresso, Relativismo, Verità. Ma anche voci meno classiche, come Animalismo, Mesofatti, Geni, Ogm, Quanti. Il punto, però, è che nel dizionario di Massarenti si trovano anche voci che inutilmente si cercherebbero nella Garzantina o nell´Abbagnano, come Applauso, Caccole, Doping, Karaoke, Evasione fiscale, Fotogiornalismo, Mezze stagioni, Marijuana, Porno-tax, Reductio ad hitlerum – voci di cui tuttavia si scopre la totale legittimità filosofica (come non averci pensato prima?). In un libro che è molto più che una eccellente introduzione alla filosofia contemporanea Massarenti rilancia il gioco di Voltaire nel suo Dizionario filosofico: si tratta di spiazzare, e di partire da un caso per trovare un concetto filosofico nascosto, o forse ancora inespresso. Ma è un gioco molto serio e creativo, e si attaglia bene a Massarenti ciò che Eco ha scritto una volta di Odifreddi, e cioè che ha inventato un genere nuovo: la divulgazione creativa.