Oscar Giannino, Panorama 15/10/2010 (uscita 8/10), 15 ottobre 2010
ABBIAMO UN RAPPORTO DEFICIT/PIL TRA I PIU’ BASSI AL MONDO. LO CONFERMA ANCHE IL FONDO MONETARIO. MA MI DIRETE CHE SONO TUTTE BALLE...
Povero Calimero, tu non sei nero, sei solo sporco. Non so quanti ricordino la vecchia pubblicità. Ma resta viva nel modo in cui buona pane della politica e dei media italiani guarda agli andamenti e agli aggregati economia del nostro Paese. Ultimo esempio: il defidt pubblico italiano in questo 2010. Gli andamenti di cassa restano inferiori a quelli dello stesso periodo dell’anno precedente, la proiezione annuale è di poco superiore al 6 per cento del pil. Come il dato viene presentato da Repubblica? Come un disastro, la prova che i conti sono fuori controllo. Che cosa racconta il governo? Balle naturalmente È questo ciò che resta nella mente dei lettori di Repubblica. Come nella testa di tanti italiani: la mattina, quando conduco la mia trasmissione radio, ogni tentativo di affrontare qualunque argomento partendo da numeri e rappresentazioni contabili oggettive si scontra con la reazione di migliala di ascoltatori: sono tutte balle.
Prima considerazione: un paese è condannato alla mancanza di serietà se il suo dibattito pubblico diventa privo di ogni linguaggio condiviso per descrivere i fenomeni e i problemi. Secondo: è vero o è falso che siamo alla perdita di controllo dei conti? Andiamo a vedere i numeri non elaborati dal povero tapino che qui scrive, ma dal Fondo monetario intemazionale, appena aggiornati per l’assemblea annuale che si terrà a Washington a fine settimana, sulla stima di deficit pubblico tendenziale per il 2010. Dopo la nuova iniezione di miliardi pubblici resasi necessaria per evitare che l’Anglo Irish Bank finisse gambe all’aria, Dublino è diventata leader del deficit pubblico tra i paesi avanzati con una percentuale sul pil che supera il 32 per cento. Segue il Regno Unito sopra l’11. Poi gli Stati Uniti di Barack Obama, che faticano a mantenersi entro il 10,5. Poi la Spagna, oltre il 9, malgrado l’austerity che porta il governo socialista al minimo dei consensi. Poi ancora nell’ordine Grecia, Francia, Giappone e Portogallo, tutti ben oltre la media dell’euroarea che sta al 7. E poi Germania e Italia, di poco entrambe sopra il 6 per cento, con un probabile aggiornamento al 5,1 per cento.
Dunque siamo tra i virtuosi. È un punto di vista filogovernativo? È piaggeria verso Giulio Tremonti? No, è un fatto. Dopodiché è sacrosanto aggiungere: ma possiamo ritenerci al riparo dai guai? No, neanche per idea. Perché proprio il caso irlandese ha rilanciato la crisi dell’eurodebito, che resta strisciante sui mercati, pronta a ripartire e aggravata dalla corsa a svalutare competitivamente che oggi è assunta da americani e giapponesi, e che giocoforza vede anche i tedeschi interessatissimi a incorporare pure una svalutazione dell’euro per rendere le loro merci ancora più competitive sui mercati. E come si svaluta l’euro, quando yen e dollaro e yuan tendono a scendere più che a salire? Grazie ai paesi periferici e inguaiati dell’euroarea, che coi loro debiti pubblici e bassa crescita proiettano sull’euro debolezza. Ma lo ha detto o non lo ha detto il governo che la politica deve stare attenta a non inguaiare l’Italia perché corriamo seri rischi? Lo ha detto, lo ha detto il solito Tremonti martedì 5. Con tanti saluti, a Calmiero.