Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 14 Giovedì calendario

L’agenzia europea che spreca soldi e ci rifila i clandestini degli altri - Se gli ingressi illegali via mare hanno subìto una flessio­ne, sarebbe merito di una mis­sione Ue che guarda a vista i pa­esi rivieraschi, almeno secon­do il rapporto trimestrale del­l’Agenzia Frontex, che coordi­na i pattugliamenti nel Medi­terraneo e sventola successi

L’agenzia europea che spreca soldi e ci rifila i clandestini degli altri - Se gli ingressi illegali via mare hanno subìto una flessio­ne, sarebbe merito di una mis­sione Ue che guarda a vista i pa­esi rivieraschi, almeno secon­do il rapporto trimestrale del­l’Agenzia Frontex, che coordi­na i pattugliamenti nel Medi­terraneo e sventola successi. Ma in realtà meriti non ne ha molti l’Europa, che in materia di immigrazione clandestina sta creando all’Italia soltanto grattacapi. Ciò che non funzio­na è proprio l’organismo, che dovrebbe occuparsi di ridurre gli sbarchi e che invece porta spesso in Italia clandestini che sarebbero diretti altrove. Che cos’è dunque Frontex, che il ministro dell’Interno,Ro­berto Maroni, ha definito un al­tro «eurocarrozzone»? Provia­mo a capire, soprattutto, per­ché i pattugliamenti funziona­no a­l meglio quando l’Italia agi­sce in solitaria: 90 per cento de­gli sbarchi in meno rispetto al­l’anno precedente dall’inizio dei respingimenti nel 2009. Mentre nel corso di operazioni coordinate da Frontex, i clan­destini vengono portati sulle coste italiane anche da altre na­zioni, e non sempre immedia­tamente rimpatriati. Secondo le linee guida del testo euro­peo, i funzionari dovrebbero procedere, come prima opzio­ne, allo sbarco delle persone nel Paese da cui l’imbarcazio­ne è partita. Ma se la nave ha raggiunto le acque territoriali, è sufficiente che una persona a bordo esprima la volontà di chiedere asilo in uno dei 27 pa­esi Ue, ed ecco che si getta l’an­cora in Italia e si avviano le pro­cedure. Da quel momento la doman­da sarà a carico della Penisola, come pure il contributo quoti­diano di circa 17 euro per qua­rantacinque giorni che spetta ad alcuni richiedenti, con buo­na pace dei paesi che avrebbe­ro potuto accoglierli. Certo non la Grecia, che ai possibili rifugiati pone i paletti più rigidi di qualsiasi altro stato del­l’Unione. Tantomeno la Tur­chia, che ai migranti extraeuro­pei non concede neppure il modulo per lo status. Che cosa succede dunque a pochi chilometri dalle nostre coste? E come mai le operazio­ni congiunte si rivelano spesso sfavorevoli per l’Italia? Secon­d­o gli ultimi rapporti dell’intel­ligence, i barconi, più spesso «barchini», vengono danneg­giati di proposito dagli immi­grati, dotati di piccoli gps capa­ci di segnalare l’ingresso in ac­que territoriali italiane, facen­dosi avvistare al momento giu­sto. Le linee guida di Frontex dicono infatti che i clandestini, superato il confine, devono es­sere soccorsi e portati nel por­to europeo più vicino; anche se dichiarano di essere diretti in Francia o in Danimarca. Secondo punto. Sbarcati in Italia, la volontà di voler chie­dere asilo in un altro stato non conta. La domanda sarà raccol­ta dalle autorità italiane. Da quel momento, il migrante è a carico della Penisola, potendo decidere se presentare doman­da di asilo, se restare in Italia per un periodo di circa sei mesi – tempo medio di valutazione delle richieste –oppure se esse­re rimpatriati. Ma a carico del­lo Stato «ospitante». Su questo tema, il ministro dell’Interno ha chiesto che sia l’Agenzia a sobbarcarsi i costi dei «richiedenti asilo», almeno a seguito dei pattugliamenti Frontex; viste le lacune della normativa europea e visti i dif­ferenti approcci alle domande di asilo. Maroni ha chiesto un contributo per i voli «di rimpa­trio congiunto» e nel 2011 l’Agenzia dovrebbe organizza­re tra i trenta e i quaranta voli (non solo dall’Italia). Maroni chiede poi l’istituzione di Cen­tri di identificazione europei, perché anche il trattenimento è a carico nazionale. I soldi ci sarebbero: Frontex dispone di 88,2 milioni di euro per 2011. Ma anziché procedere al «rie­same »degli obiettivi dell’Agen­zia, come si legge nel piano plu­riennale definito l’anno scor­so, l’Ue tergiversa. Ennesimo sollecito settimana scorsa. Ita­lia e Francia hanno indirizzato alla presidenza di turno una let­tera per discutere la gestione degli immigrati «a livello unita­rio e non dei singoli stati». Ma anziché orientare le risorse ver­so questi progetti, Frontex ha impegnato il 41 per cento dei fondi in analisi di lungo perio­do, tagliando le spese «operati­ve » del 14. Se non sarà modificata la nor­mativa in tempi brevi, renden­do i p­attugliamenti più operati­vi come ha proposto il Vimina­l­e, le operazioni congiunte con­tinueranno a rivelarsi un falli­mento. Rischio paventato an­c­he dal direttore esecutivo del­l’Agenzia, il finlandese Illka Laitinen, che in un’intervista ha riassunto così il malfunzio­namento di Frontex: «Abbia­mo più risorse per combattere il fenomeno, ma finiamno con l’attirare i barconi dei traffican­ti ». A spese dell’Italia.