Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Quo vado?, il film di Checco Zalone, viaggia al ritmo di 7 milioni a sera e più. Al terzo giorno di programmazione siamo oltre i 22 milioni, e i 52 milioni del Sole a catinelle (2013), record assoluto per un film italiano, sembrano proprio a portata di mano. D’altra parte Lino Banfi ha facilmente previsto i 60 milioni. E forse, considerato che a gennaio non ci saranno grossi avversari in sala (Tarantino arriva a febbraio), si potrebbero persino azzardare i 70 milioni o i 75. Avatar di James Cameron arrivò a 65 milioni.
• Tutto questo, mi par di capire, è un problema.
Sì, lo stesso problema dei cinepanettoni o, si parva licet, dei film di Totò, che i giornali dell’epoca facevano sempre commentare non alle prime firme della critica, ma ai loro vice. L’aceto italico, lo spirito popolare, il cinema che, almeno apparentemente, fa ridere e basta hanno successo e questo dà fastidio a tutti quelli che sanno come stanno le cose e se la prendono volentieri col pubblico (e con gli elettori) quando non si comportano come si devono comportare. Quindi il successo di Zalone, come ai suoi tempi quello di Totò, è in qualche misura imperdonabile. Senonché, qualche migliaio di anni fa, anche Aristofane, Plauto e Terenzio facevano ridere facile, o apparentemente facile, e molti secoli dopo i frati dei conventi medievali li hanno ritenuti degni di essere copiati e tramandati, e altri secoli dopo li si son dati da studiare agli studenti di Lettere dell’università.
• Bella forza. Sono scritti in latino, e questo li nobilita. Questo genere di polemiche non ha mai riguardato i comici non-italiani, che so, Benny Hill o mr. Bean o magari Stanlio e Ollio.
E già, e già. La critica laureata dimentica volentieri, tra l’altro, che un film popolare, una commedia, una cosa che fa ridere hanno problematiche espressive molto più sottili e complicate di quelle di un film o di un’opera drammatica. Le opere drammatiche ci appaiono d’istinto più serie e più importanti di quelle comiche, e però si tratta di una trappola mentale. Ci pensi: la sofferenza e le sue manifestazioni sono diffuse in tutto il mondo animale, il riso è proprio solo di homo sapiens. Il riso è un mistero su cui hanno indagato con qualche successo in pochissimi. E il nostro ridere è legato a elementi impalpabili, il tempo della battuta, la complicità con chi vede o ascolta, la sorpresa. Nessuno ride di una barzelletta che già conosce. E questo imparenta il comico alla bellezza assoluta: non c’è bellezza senza sorpresa, e nessuno che rifaccia qualcosa attinge davvero alla dimensione del bello.
• Roba troppo difficile.
Tiriamoci su con qualche battuta di Checco. «“Qual è la sua donna ideale?” “Quella con le tette”». “Ci dice una cosa di sinistra?” “Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Specie se bone”. “E qualcosa di destra?” “La famiglia è importante. L’amante meno”». Eccetera. Anche se per me resta inarrivabile quella di Sole a catinelle: «“Noi siamo di Equitalia”, “E noi siamo cattolici”».
• Analizziamo questo quarto successo cinematografico.
C’è intanto la scelta astuta del mese, cioè gennaio, con partenza a Capodanno, giorno che tantissime famiglie italiane dedicano al cinema. A gennaio è esaurita, o comunque indebolita, la spinta dei cinepanettoni e di Stars Wars. Il film è stato distribuito in 1.300 sale, cioè la distribuzione ne ha forzato in qualche modo il successo, anche se qui si tratta di stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina. C’è poi da calcolare che il film precedente, Sole a catinelle, è uscito nel 2013 e che in questi due anni Checco s’è fatto vedere il meno possibile, creando quindi un desiderio di sé. Mai o quasi mai in televisione. Anche a ridosso dell’uscita di Quo vado? s’è limitato a un’apparizione da Fazio e a una da Giletti, non ha mostrato trailers e s’è solo limitato a cantare in anteprima la canzone La prima repubblica, eseguita alla maniera di Celentano. Che poi sul “Corriere” lo ha elogiato.
• Già, in mezzo ai tanti che hanno storto il naso, c’è stato pure qualche riconoscimento importante.
Beh, Jena, sulla “Stampa”, gli ha dato addosso: «Milioni di italiani corrono a vedere Checco Zalone e noi ingenui ancora ci meravigliamo che al governo ci sia Renzi», battuta che non si sa se più cattiva con Checco o con Renzi. Il quale però ci ha tenuto a far sapere di aver visto il film e di aver riso dalla prima all’ultima inquadratura. Poi Aldo Grasso, che nel 2007, trovandoselo con Amadeus a “Canta e vinci” (su Italiauno), aveva scritto «Pare un po’ stordito, fuori posto, e non fa ridere», e adesso invece, dopo l’esibizione da Fazio, ha commentato: «Da due battute [...] si capisce come lo sguardo di Zalone si posi beffardo su tutto ciò che è convenzione, ideologia corrente, spirito del tempo, si faccia forte di emozioni che sfidano la certezza dell’imminente delusione». Infine i critici Mariarosa Mancuso, Marco Giusti e Paolo Mereghetti, a cui si deve questo giudizio «Checco Zalone è cresciuto in consapevolezza e ambizione. Così come sono cresciuti i bersagli da colpire: ieri erano i luoghi comuni del politically correct. Oggi, in Quo Vado?, sono diventati i miti di una nazione che si ostina a non crescere: la cucina della mamma, la sicurezza della famiglia, la certezza del posto fisso».
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