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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

La Borsa cinese inizia il 2016 malissimo. E trascina con sé tutti gli altri mercati

I mercati in Cina muoiono di paura all’alba (-7%) e il resto della giornata finanziaria si rabbuia a tutte le latitudini. Va in rosso Tokyo (-3,06%), poi l’Europa, con Piazza Affari giù del 3,2% e Francoforte ancora più triste (-4,28%). Poi cade Wall Street, l’ultima a svegliarsi, con banche e titoli tecnologici a guidare la disfatta e statistiche apocalittiche in agguato. Per il Dow Jones, l’indice storico della Borsa americana, si palesa la peggior apertura d’anno dal 1932, nel pieno della Grande Depressione, quando il club di Wall Street perse più dell’8%.  La cronaca dell’infarto cinese, che ha costretto tutte le Borse del mondo a cominciare il 2016 con un tramonto, inizia dai numeri cattivi dell’indice Caixan, il termometro della manifattura della Repubblica Popolare, sceso in dicembre a 48,2 dopo una serie – evidentemente troppo lunga – di risultati deludenti. La paura che il cuore dell’economia di Pechino stia battendo troppo piano – unita al nervosismo per lo yuan sempre più debole e per l’imminente scadenza del divieto per i grandi azionisti cinesi di vendere i loro pacchetti, imposto dal governo dopo la bufera di agosto – ha fatto crollare i listini di Shanghai (6,9%) e Shenzen (8,2%). E il disastro non è nemmeno andato in scena senza freni, «controllato» per la prima volta dai computer che hanno fermato tutto alle 13 e 28 locali (le 6 e mezza del mattino in Italia). Proprio ieri entrava in funzione su questi mercati il sistema di interruzione che spegne la luce in Borsa fino al giorno dopo se i movimenti dei 300 titoli più rappresentativi superano la soglia fatidica del 7%. Un debutto impegnativo per il «defibrillatore» nuovo di zecca in dotazione alle Borse cinesi.  In Europa non si è salvato nessuno. L’indice Stoxx 600, che rappresenta i principali titoli del Vecchio Continente, ha ceduto il 2,68%: 264 miliardi di euro bruciati in una seduta. Maglia nera a Francoforte, ma anche Londra (-2,39%) e Parigi (-2,47%) pagano pegno. In Piazza Affari, giù di oltre il 3% a 20.733 punti, era la prima volta di Ferrari, già quotata a Wall Street: il Cavallino resiste, chiudendo la giornata con un +0,53%. Tra i principali nomi del nostro listino, il peggiore è stato Yoox (-7%), seguito da Mps (-5,1%), Ferragamo (-5%), Mediolanum (-4,8%) e Banco Popolare (-4,4%). Debole anche Telecom (-4%) mentre Eni si ferma a -2,6%. Wall Street deve scomodare la storia di 84 anni fa quando vede l’indice Dow Jones aprire a meno 450 punti, prima di riprendersi per chiudere poi a -1,58% a 17.150 punti. Lo Standard & Poor’s 500, invece, archivia il peggior inizio dal 2001 e finisce la giornata a 2012 punti (-1,51%). Oltre allo choc venuto dalla Cina, gli Stati Uniti hanno fatto i conti con un indice Ism in discesa ai minimi del 2009. Manifattura galeotta, a Pechino e dall’altra parte del mondo. E proprio in dicembre, nel mese in cui la Fed ha deciso il primo (simbolico) rialzo dei tassi. Chiusura in calo anche per l’euro, a 1,08 dollari. Mentre il petrolio, dopo un incursione a 37,6 dollari al barile per le tensioni tra Iran e Arabia Saudita, ha riperso terreno, tornando a 36 dollari e mezzo.