il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2016
Se la Rossa paga le tasse a sua Maestà. A Londra gli azionisti godono di un’esenzione fiscale del 95%
Felice come un bambino ieri Sergio Marchionne ha dichiarato: “Ho un solo obiettivo: riportare il titolo a Maranello”. Il presidente del Consiglio Renzi avrebbe potuto ribattere: “Io invece voglio riportare la tua residenza fiscale, quella della Fiat, della Ferrari in Italia”. Tutti siamo orgogliosi dei 2.971 dipendenti di Ferrari che sono riusciti a vendere 5 mila e 643 macchine nei primi 9 mesi del 2015, ben 619 alla spocchiosa Gran Bretagna, in barba alla Aston Martin. Solo che agli italiani farebbe piacere sapere che tutte le tasse sui redditi prodotti dal genio di Marchionne finiscono poi nelle casse del nostro erario e non in quello di Sua Maestà.
La Ferrari nei primi 9 mesi del 2015 ha realizzato profitti per 354 milioni per 119 milioni di euro di tasse versate in Italia. Il punto è che la Ferrari quotata ieri in borsa da Renzi non si chiama più Spa ma Nv. La società produce in Italia ma è registrata sotto il diritto olandese e ha residenza fiscale a Londra. È nata nel giugno del 2013 ad Amsterdam sotto il nome di New Business Netherlands Nv (più olandese di così) e il 17 ottobre scorso ha registrato il cambio in Ferrari Nv. La struttura societaria ricalca quella della Fca, Fiat Chrysler Automobiles, e della Cnh Industrial. Quest’ultima vende i veicoli industriali prodotti anche in Italia (come Iveco) ma è quotata a Milano e a New York ed è una Nv olandese basata fiscalmente a Londra, proprio come Fca e come ora Ferrari.
Nell’assemblea straordinaria del 9 luglio 2013 che ha dato il via libera al progetto Cnh, la società spiegava così il vantaggio di risiedere a Londra. “le plusvalenze realizzate da società residenti in Italia nella cessione di azioni o diritti in Cnh Industrial beneficiano dell’esenzione al 95 per cento, a condizione che siano rispettate alcune condizioni previste dalla normativa italiana. La medesima esenzione del 95 per cento si applica ai dividendi ad azionisti italiani”.
Nel suo rapporto annuale alla Sec (autorità di controllo sulla Borsa americana) la Cnh sotto la voce “Altri Rischi” spiegava ai suoi azionisti come una mezza tragedia la possibilità che il nostro Fisco potesse riportarla sotto il regime italiano: “La residenza di Cnh Industrial sotto il regime fiscale italiano rappresenta una questione di fatto da verificare sulla base delle circostanze. Dal punto di vista del regime italiano, una presunzione semplice (che ammette prova contraria, ndr) della residenza in Italia della Cnh potrebbe essere applicata sulla base della legge italiana. Comunque, Cnh Industrial ha un management e una struttura organizzativa tale che dovrebbe essere considerata residente nella Gran Bretagna ai fini dei trattati fiscali Italia-Uk”. Nulla però è detto per sempre: “Poiché questa analisi è fattuale e potrebbe dipendere dai futuri cambiamenti nel management e nella struttura, non ci può essere assicurazione che la determinazione della residenza fiscale di Cnh Industrial sarà rispettata da tutte le autorità competenti”. Poi Cnh spiega agli investitori le conseguenze nefaste: “Cnh Industrial sarebbe assoggettata alla tassazione societaria in Italia”. Insomma, conclude Cnh, se si torna sotto la legge italiana si può incorrere in “costi e spese addizionali”. Per fortuna né Renzi né le autorità fiscali italiane sembrano intenzionati a sostenere che la vera residenza di Ferrari o di Cnh non è a Londra ma a Maranello.
Renzi non ha detto ieri nemmeno una parola sul provvedimento del 21 ottobre scorso dell’Unione europea che ha chiesto alla tesoreria del gruppo, la Fiat Chrysler Finance Europe S.A, (già Ftt Ltd), una somma di 20 milioni di euro perché “il Lussemburgo ha concesso vantaggi fiscali selettivi a Fiat, incompatibili con le norme europee sugli aiuti di stato”. In quel caso sul banco dei discoli con Fiat c’era anche il Lussemburgo dell’attuale presidente della Commissione Jean Claude Juncker e si può comprendere che Renzi non abbia infierito. Nonostante il comunicato della commissaria per la Concorrenza Margrethe Vestager fosse accompagnato da disegnini (pubblicati a fianco) facili da comprendere.
C’è però un’altra domanda ancora più semplice che ieri Renzi avrebbe potuto porre a Marchionne: “Caro Sergio”, avrebbe potuto dire Renzi, “come può il leader del primo partito della sinistra europea farsi fotografare sorridente mentre prende un ‘modellone’ della Ferrari Formula 1 da uno come te che è cittadino italiano ma risiede a Zug, il luogo della Svizzera dove si pagano meno tasse? Come faccio a chiedere agli italiani che guadagnano meno di 28 mila euro lorde all’anno una tassazione al 27 per cento se tu che (secondo il Wall Street Journal) guadagni 72 milioni di dollari in un anno tieni la residenza a Zug? Un paesino dove non ti vede mai nessuno e paghi un’aliquota del 22 per cento?”. Ma questa domanda Renzi non l’ha fatta.