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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

Alla conquista del mondo ancora da scoprire

L’uomo si prepara a tornare sulla luna: la Cina vuole mandarci i suoi astronauti entro il 2020, la Russia costruirci una base permanente nel 2024. E la Nasa ha in programma lo sbarco di umani su Marte a partire dal 2030. Ma i discendenti di Colombo, Vespucci e Magellano, i moderni esploratori insomma, di qualunque nazionalità siano, si preparano a piantare una simbolica bandierina anche su un sacco di luoghi ancora vergini sulla Terra. L’idea che sul nostro pianeta abbiamo già conquistato, visto e fotografato tutto, magari con uno smartphone per farci un selfie, è sempre più diffusa ma profondamente sbagliata: migliaia di montagne, dall’Himalaya alle Ande, restano da conquistare, metà delle caverne del globo non sono mai state solcate da uno speleologo, l’Antartico (che da solo è più grande di Stati Uniti e Messico messi insieme) e la Groenlandia, di fatto due continenti, rimangono in gran parte incontaminati, così come milioni di ettari di foresta pluviale in Amazzonia, nel Borneo, nella Nuova Guinea e in altri parti dell’Estremo Oriente e dell’Africa. Per non parlare del fondo degli oceani, di cui conosciamo a malapena l’1 per cento. Ci sono perfino popoli ancora completamente isolati, che non hanno mai incontrato la nostra civiltà – anche se probabilmente preferirebbero continuare a non incontrarla.Si profila perciò una nuova “age of discovery”, un’altra età delle scoperte, intese nel senso geografico come nel passato dei grandi navigatori o scalatori, ma pure e soprattutto nel senso scientifico del termine, afferma l’Economist dopo avere provato a tracciare la mappa dei siti tuttora inviolati del nostro mondo. Una maggiore consapevolezza di quanto sia prezioso il pianeta in cui viviamo, e l’allarme sui danni provocati dal cambiamento climatico, spingono infatti gli odierni esploratori a non voler conquistare terre, vette o mari solo perché “sono là”, per il gusto avventuroso di farlo, ma con spirito di scienziati, nella speranza che ogni nuova scoperta, ogni avventura nel deserto, a 8mila metri di altitudine o 20mila leghe sotto i mari porti a progressi di conoscenza utili all’umanità intera. E nello stesso tempo le nuove tecnologie permettono a un sempre maggior numero di persone di partecipare all’avventura, di dare il proprio contributo, possibilmente stando attenti a non cacciarsi nei guai e non dover poi chiedere soccorsi. La nuova età delle scoperte, sostiene il settimanale britannico, sarà più scientifica, eticamente corretta e democratica.Per il Cristoforo Colombo del 2016 c’è l’imbarazzo della scelta. Se i 14 picchi al di sopra degli 8mila metri sono stati tutti scalati (il più alto, l’Everest, ben 7mila volte), migliaia di monti restano da conquistare, comprese centinaia di vette nell’Himalaya sui 6-7mila metri e la maggioranza delle 2800 montagne nepalesi sopra i 6mila (Muchu Chhish, nel Kashmir, la montagna più alta ancora conquistabile). Nuove tecniche laser consentono una migliore esplorazione anche nell’altra direzione – sotto terra, per esempio nel gran numero di caverne scoperte ma inesplorate in Malesia e in Cina. Ancora più inesplorato è il fondo marino, che potrebbe lanciare la cosiddetta “economia blu”, minerali e materie prime a grande profondità. Basti pensare che solo tre persone hanno finora raggiunto il fondo della Fossa delle Marianne, 11mila metri sotto il Pacifico: lo svizzero Jacques Piccard e l’americano Don Walsh nel 1960, seguiti nel 2012 da James Cameron, il regista di Avatar, tanto per rammentare a sé e a tutti noi che “l’altro mondo” si può ancora trovare anche nel nostro.