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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

Ilaria Cucchi non è pentita

Ilaria Cucchi, s’è accorta di aver fatto un autogol, mettendo a rischio la battaglia per la verità sulla morte di suo fratello?  
«Io? No, perché?». 
Perché ha diffuso la foto di uno dei carabinieri inquisiti per il pestaggio di Stefano, esponendolo al pubblico ludibrio, e adesso quel carabiniere sostiene di aver ricevuto addirittura minacce di morte. 
«Questo mi rattrista e me ne rammarico, ma io mi sono dissociata appena sono comparsi i primi commenti violenti; così come sei anni fa con i miei genitori scendemmo in strada per prendere le distanze da chi aggrediva le forze dell’ordine e bruciava i cassonetti in nome di mio fratello. Abbiamo sempre detto che vogliamo giustizia, non vendetta». 
E non le pare esagerato definire un indagato per lesioni «quello che ha ucciso mio fratello», prima di un eventuale processo?  
«Le intercettazioni per me sono prove schiaccianti. Tra loro, senza che avessero motivo di mentire, gli inquisiti discutono delle strategie per avere la pena sospesa, usano quattro o cinque telefonini come fanno i banditi, uno insulta la ex moglie che gli ricorda di quando si vantava di aver picchiato Stefano... E in questi sei anni hanno taciuto, lasciando processare persone che sono state dichiarate innocenti».  
Ecco, anche questo è un problema: nel primo processo sostenevate la colpevolezza degli imputati poi assolti; non sarebbe consigliabile un po’ più di prudenza?  
«Di certo non avevamo gli elementi di oggi. I nuovi indagati, di fatto, confessano il pestaggio. E chi ha testimoniato al processo ha detto bugie. Il maresciallo Mandolini (inquisito per falsa testimonianza, ndr ), il quale ora si vanta per l’arresto di uno spacciatore che vendeva droga fuori dalle scuole dopo un esposto delle mamme, e di aver taciuto per rispetto ciò che Stefano gli avrebbe confidato sulla nostra famiglia, al processo disse tutt’altro. Perché? Forse pensavano di averla fatta franca, mentre ora si sentono alle corde e si difendono gettando fango su di noi». 
Questo giustifica la gogna per gli indagati? 
«Guardi che la vera gogna l’ha subita mio fratello, dopo essere stato ucciso. Io non ho mai detto che Stefano non aveva colpe, ma doveva essere giudicato ed eventualmente condannato, non pestato e lasciato morire. Scrivendo il messaggio non ho pensato al rischio di fomentare la violenza; volevo solo che l’immagine muscolosa e sorridente di quel carabiniere fosse messa a confronto con quella di Stefano. Era una foto già pubblica, lui l’aveva messa su Facebook e l’ha tolta solo l’altro ieri, non quando s’è saputo che è inquisito per il pestaggio. Il mio è stato uno sfogo contro chi non s’è limitato a picchiare, ma se n’è pure vantato». 
Quel carabiniere l’ha denunciata.  
«Non c’è problema: io non porto divise e mi assumo le mie responsabilità. Ma basta con le ipocrisie, sono stanca: hanno massacrato un ragazzo, poi hanno nascosto le prove arrivando a sbianchettare un registro ufficiale, hanno taciuto e mentito. E adesso querelano? Si vede che non hanno altra strada. Piuttosto mi chiedo come sia possibile che questi carabinieri, tra cui quello che medita di rapinare gli orafi se lo cacciano, siano ancora in servizio; che girino armati con le pistole di ordinanza». 
Il comandante generale Del Sette ha già definito grave la vicenda e promesso provvedimenti, mettendo però in guardia dal delegittimare l’Arma. Non si fida? 
«Certo che mi fido, l’ho sempre fatto e voglio continuare a farlo. Ma per non generalizzare e delegittimare tutti devono garantire fermezza. Non posso pensare che i tanti carabinieri onesti che ho conosciuto abbiano come colleghi persone che evidentemente credevano di godere dell’impunità, si sentivano protetti. Ecco, io temo la protezione, ma spero che non ci sia». 
Non credevate nemmeno che la Procura potesse arrivare a nuove incriminazioni... 
«Quando il procuratore Pignatone mi disse che non poteva promettermi nulla se non il massimo impegno l’ho frainteso, pensavo stesse mettendo le mani avanti. Invece lui e il pm Musarò hanno fatto un lavoro straordinario». 
Ora però contestate i periti scelti dal giudice per i nuovi accertamenti tecnico-legali. Come se voleste sempre qualcosa in più, o di diverso se non coincide con la vostra tesi. 
«L’accertamento sulle connessioni tra le percosse e la morte di Stefano è decisivo. Che posso fare se il mio stesso consulente denuncia il conflitto di interessi per uno dei nominati, già candidato per il partito dell’ex ministro La Russa che da ministro della Difesa assolse subito i carabinieri, e con legami professionali con i periti precedenti? Possibile che non si trovi qualcuno senza rapporti sospetti? Se in Italia non c’è lo andassero a cercare in Svizzera». 
Nessun pentimento, insomma? 
«Sinceramente no. Poi se ho sbagliato si vedrà. Io non ho paura, a differenza di altri».