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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

Troppo silenzio intorno al fallimento di Banca Marche

Jesi, corso Matteotti, 8,30 del mattino. Dovrebbe iniziare la manifestazione delle «Vittime del salva-banche» ma di fronte alla vecchia sede di Banca Marche, nel cuore della cittadina marchigiana, ci sono solo due vigili. I rappresentanti di soci e obbligazionisti arriveranno alla spicciolata: verso le 9,30 si radunano circa 30 persone, qualche giornalista e le telecamere delle tv. Chi passa lancia sguardi distratti o commenti sprezzanti. Se provi a chiedere perché, i commenti vanno dal meteorologico («piove e fa freddo») all’antropologico («i marchigiani sono più pacati dei toscani» di Etruria, dice Mauro dal suo ufficio, qualche centinaio di metri più in là).
Eppure, i numeri parlano chiaro. Il decreto del governo ha azzerato 1,2 miliardi di risparmi e investimenti, tra azioni e obbligazioni subordinate. Circa 400 milioni sono quelli delle fondazioni azioniste (Jesi, Macerata e Pesaro) che hanno praticamente azzerato il proprio patrimonio. Qui a Jesi vuol dire fine delle erogazioni, circa 2 milioni all’anno principalmente per sanità ed educazione, punti di forza dell’attività passata dell’ente. Poi ci sono 700 posti di lavoro tra la città e i comuni limitrofi, che fanno di Banca Marche la prima “industria” della zona.
Il consigliere comunale grillino Massimo Gianangelo cita la rassegnazione per una vicenda che si trascina da più di due anni. Bruno Stronati è presidente dell’Associazione piccoli azionisti di Banca Marche e si dice comunque soddisfatto. «I nostri soci sono perlopiù ultrasessantenni, difficile portarli in piazza. Questa era la prima volta. Finora abbiamo portato avanti le nostre istanze in altri modi ma se serve torneremo ancora a manifestare».
Il sospetto che viene, di fronte a tanta ostentata indifferenza, è quello di un sistema che ha garantito favori a tanti per tanti anni e che adesso nessuno voglia alzare troppa polvere. «Credo che il punto sia proprio questo», dice Massimo Bacci, sindaco di Jesi dal 2012, eletto con una lista civica e una delle poche voci critiche nei confronti di quanto successo in passato nella banca e della rete delle connivenze. Di quanto accaduto, prosegue il sindaco, «se ne parla troppo poco. Si creerebbe un effetto domino, questa è la verità. Tra amministratori, fondazioni, controllori se cade una pedina cade tutto». E in quel tutto c’è l’assunzione del parente e il fido all’azienda dell’amico. Ci sono potentati locali e referenti nazionali. «Il sistema di Bianconi funzionava così: se stai dalla mia parte hai favori, agevolazioni, promozioni. A quel punto sei legato a me e ti tengo in pugno. Se non stai dalla mia parte ti trasferisco», racconta un manager della banca. Così, nell’aprile del 2013, con i conti già in dissesto ma prima del commissariamento, succede che l’assemblea boccia la proposta di un’azione di responsabilità contro l’ex dg Massimo Bianconi. La Fondazione di Macerata vorrebbe portarla avanti, ma Jesi e Pesaro votano contro.
Intanto l’inchiesta della procura di Ancona, che coinvolge 37 persone tra manager, consiglieri e sindaci revisori va avanti da oltre due anni e non sono ancora arrivate le richieste di rinvio a giudizio. Il timori di chi vorrebbe chiarezza è che la prescrizione arrivi prima delle sentenze definitive.
La nuova banca, quella nata “ripulita” dopo il decreto del governo, cerca di resistere alla tempesta. L’ad Luciano Goffi ha ribadito la disponibilità ad incontrare i rappresentanti dei risparmiatori «in tutte le occasioni» e si sta dando un gran da fare per evitare al territorio impatti ancora più gravi. «Goffi è una persona seria che conosce benissimo la situazione del territorio – dice ancora Bacci – Adesso è importante che arrivi qualcuno che sostenga il credito sul territorio, la struttura produttiva soffre molto».
Sebastiano, gestore del bar di fronte alla sede, forse si aspettava più clienti ieri mattina. «Ma vede, qui a Jesi la gente sta bene, tutto sommato. In molti hanno perso ma hanno perso pochi soldi e qui non ci vengono, perché tanto in qualche modo si farà».