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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

Quo vado?, il film di Checco Zalone, viaggia al ritmo di 7 milioni a sera e più. Al terzo giorno di programmazione siamo oltre i 22 milioni, e i 52 milioni del Sole a catinelle (2013), record assoluto per un film italiano, sembrano proprio a portata di mano

Quo vado?, il film di Checco Zalone, viaggia al ritmo di 7 milioni a sera e più. Al terzo giorno di programmazione siamo oltre i 22 milioni, e i 52 milioni del Sole a catinelle (2013), record assoluto per un film italiano, sembrano proprio a portata di mano. D’altra parte Lino Banfi ha facilmente previsto i 60 milioni. E forse, considerato che a gennaio non ci saranno grossi avversari in sala (Tarantino arriva a febbraio), si potrebbero persino azzardare i 70 milioni o i 75. Avatar di James Cameron arrivò a 65 milioni.

Tutto questo, mi par di capire, è un problema.
Sì, lo stesso problema dei cinepanettoni o, si parva licet, dei film di Totò, che i giornali dell’epoca facevano sempre commentare non alle prime firme della critica, ma ai loro vice. L’aceto italico, lo spirito popolare, il cinema che, almeno apparentemente, fa ridere e basta hanno successo e questo dà fastidio a tutti quelli che sanno come stanno le cose e se la prendono volentieri col pubblico (e con gli elettori) quando non si comportano come si devono comportare. Quindi il successo di Zalone, come ai suoi tempi quello di Totò, è in qualche misura imperdonabile. Senonché, qualche migliaio di anni fa, anche Aristofane, Plauto e Terenzio facevano ridere facile, o apparentemente facile, e molti secoli dopo i frati dei conventi medievali li hanno ritenuti degni di essere copiati e tramandati, e altri secoli dopo li si son dati da studiare agli studenti di Lettere dell’università.  

Bella forza. Sono scritti in latino, e questo li nobilita. Questo genere di polemiche non ha mai riguardato i comici non-italiani, che so, Benny Hill o mr. Bean o magari Stanlio e Ollio.
E già, e già. La critica laureata dimentica volentieri, tra l’altro, che un film popolare, una commedia, una cosa che fa ridere hanno problematiche espressive molto più sottili e complicate di quelle di un film o di un’opera drammatica. Le opere drammatiche ci appaiono d’istinto più serie e più importanti di quelle comiche, e però si tratta di una trappola mentale. Ci pensi: la sofferenza e le sue manifestazioni sono diffuse in tutto il mondo animale, il riso è proprio solo di homo sapiens. Il riso è un mistero su cui hanno indagato con qualche successo in pochissimi. E il nostro ridere è legato a elementi impalpabili, il tempo della battuta, la complicità con chi vede o ascolta, la sorpresa. Nessuno ride di una barzelletta che già conosce. E questo imparenta il comico alla bellezza assoluta: non c’è bellezza senza sorpresa, e nessuno che rifaccia qualcosa attinge davvero alla dimensione del bello.  

Roba troppo difficile.
Tiriamoci su con qualche battuta di Checco. «“Qual è la sua donna ideale?” “Quella con le tette”». “Ci dice una cosa di sinistra?” “Le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Specie se bone”. “E qualcosa di destra?” “La famiglia è importante. L’amante meno”». Eccetera. Anche se per me resta inarrivabile quella di Sole a catinelle: «“Noi siamo di Equitalia”, “E noi siamo cattolici”».  

Analizziamo questo quarto successo cinematografico.
C’è intanto la scelta astuta del mese, cioè gennaio, con partenza a Capodanno, giorno che tantissime famiglie italiane dedicano al cinema. A gennaio è esaurita, o comunque indebolita, la spinta dei cinepanettoni e di Stars Wars. Il film è stato distribuito in 1.300 sale, cioè la distribuzione ne ha forzato in qualche modo il successo, anche se qui si tratta di stabilire se è nato prima l’uovo o la gallina. C’è poi da calcolare che il film  precedente, Sole a catinelle, è uscito nel 2013 e che in questi due anni Checco s’è fatto vedere il meno possibile, creando quindi un desiderio di sé. Mai o quasi mai in televisione. Anche a ridosso dell’uscita di Quo vado? s’è limitato a un’apparizione da Fazio e a una da Giletti, non ha mostrato trailers e s’è solo limitato a cantare in anteprima la canzone La prima repubblica, eseguita alla maniera di Celentano. Che poi sul “Corriere” lo ha elogiato.  

Già, in mezzo ai tanti che hanno storto il naso, c’è stato pure qualche riconoscimento importante.
Beh, Jena, sulla “Stampa”, gli ha dato addosso: «Milioni di italiani corrono a vedere Checco Zalone e noi ingenui ancora ci meravigliamo che al governo ci sia Renzi», battuta che non si sa se più cattiva con Checco o con Renzi. Il quale però ci ha tenuto a far sapere di aver visto il film e di aver riso dalla prima all’ultima inquadratura. Poi Aldo Grasso, che nel 2007, trovandoselo con Amadeus a “Canta e vinci” (su Italiauno), aveva scritto «Pare un po’ stordito, fuori posto, e non fa ridere», e adesso invece, dopo l’esibizione da Fazio, ha commentato: «Da due battute [...] si capisce come lo sguardo di Zalone si posi beffardo su tutto ciò che è convenzione, ideologia corrente, spirito del tempo, si faccia forte di emozioni che sfidano la certezza dell’imminente delusione». Infine i critici Mariarosa Mancuso, Marco Giusti e Paolo Mereghetti, a cui si deve questo giudizio «Checco Zalone è cresciuto in consapevolezza e ambizione. Così come sono cresciuti i bersagli da colpire: ieri erano i luoghi comuni del politically correct. Oggi, in Quo Vado?, sono diventati i miti di una nazione che si ostina a non crescere: la cucina della mamma, la sicurezza della famiglia, la certezza del posto fisso».