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 2016  gennaio 05 Martedì calendario

Intervista a Galletti, il ministro salvato dalla pioggia

Ministro Galletti, diciamo la verità, la sua poltrona è salva grazie a pioggia e vento che hanno abbattuto i livelli delle polveri sottili.
«Mah, direi invece che la pioggia ha salvato la salute dei cittadini. Non il mio posto».
Il pacchetto antismog uscito dalla riunione del 30 dicembre da lei presieduta è davvero poca roba, anche perché il protocollo d’intesa non è vincolante.
«Se non fosse piovuto, non sarei stato solo io in difficoltà, ma anche tutti i sindaci e i presidenti di Regione sottoscrittori di quel protocollo che prevede, in caso di sforamento per sette giorni dei limiti di smog, l’abbassamento di due gradi dei riscaldamenti, facilitazioni per chi utilizza mezzi pubblici e riduzione di 20 chilometri all’ora dei limiti di velocità nelle aree cittadine».
Non il blocco della circolazione delle auto, però. Perché?         
«La maggioranza dei sindaci non l’ha voluto. Ringrazio quelli che hanno deciso lo stesso di chiudere il traffico».
Se sono misure importanti, perché il governo non ha fatto un decreto legge per renderle obbligatorie?
«Non vedo quest’urgenza. Spetta ai comuni prendere provvedimenti come quelli del protocollo, il mio ministero non può imporre niente. La riunione del 30 dicembre aveva solo l’obiettivo di coordinare gli interventi, ed era la prima volta in Italia che governatori e sindaci si sedevano a un tavolo per parlare di ambiente. Se qualcuno pensava che avessimo la bacchetta magica, si è sbagliato».
In che senso?
«Nel tempo i valori delle emissioni sono migliorati, ma in casi di situazioni climatiche eccezionali come quella di fine dicembre si riproporranno gli stessi problemi. Servono interventi strutturali forti, e su quelli ci stiamo concentrando».
Secondo i Verdi di Angelo Bonelli avete finto di avere la copertura finanziaria per farli. È vero?
«No. Nella legge di stabilità e nel collegato ambientale abbiamo messo 35 milioni per la mobilità sostenibile dei comuni per i prossimi tre anni, 250 milioni a fondo perduto per l’acquisto di nuovi autobus, 12 milioni per gli sconti a chi prende i mezzi pubblici…».
Dodici milioni, spalmati su tutta Italia, sono spiccioli.
«Non mi pare proprio. Per adesso bastano, e mi impegno a trovarne altri se ce ne sarà bisogno».
I Verdi sostengono che lei non abbia le competenze per stare dove sta e sia diventato ministro solo per logiche di spartizione politica.
«Bonelli chiede le mie dimissioni dal primo giorno in cui mi sono insediato, ipotesi a cui io non ho mai pensato. La verità è che lui in 20 anni ha parlato molto, ma quando il suo partito è stato al governo non ha fatto niente. Esiste la casta degli ambientalisti, e io non ne faccio parte».
Ma è vero o no che lei non ha competenze specifiche nel settore?
«Ma fatemi capire… per fare il ministro dell’Ambiente bisogna essere per forza un geologo o un fisico? Non mi pare. Sono stato assessore al comune di Bologna e mi vanto di aver contribuito a una grande operazione ambientale: la creazione della multiutility Hera e la sua quotazione in borsa. È la seconda azienda ambientale del Nord. Rispondo anche a Beppe Grillo che pare attribuirmi le migliaia di morti per smog: anch’io sono preoccupato per l’inquinamento, però non speculerò mai sulla salute delle persone come fa lui».
Grillo dice anche che lei è il commercialista di Pierferdinando Casini, motivo per cui ora sarebbe a capo dell’Ambiente.
«Sono commercialista, è vero. Ma non di Casini. E questo mi rende indipendente dalla politica. Ah certo, non ho vinto un concorso per fare il ministro. Ma sembra che sia richiesto solo a me!».
Cosa si impegna a fare entro il suo mandato?
«Senza un’intesa forte con sindaci e governatori, poco. Per l’inquinamento incentiveremo l’uso dei mezzi pubblici anche sostituendo quelli vecchi e miglioreremo l’efficientamento energetico delle case con l’Ecobonus. Per il dissesto idrogeologico abbiamo 800 milioni per progetti di risanamento. Il futuro è la green economy, come è stato indicato nel vertice mondiale di Parigi. Noi abbiamo delle grandi opportunità di tipo ambientale e di tipo economico».
E però regalate ai grandi gruppi industriali deroghe per scaricare in mare come avete fatto col decreto 91 del 2014.
«I limiti imposti dall’Europa sono rispettati. Quelli che si volevano introdurre in Italia, basati su un aggiuntivo principio di prudenza, avrebbero violato il principio di competitività e comportato la chiusura di molte aziende perché sul mercato non esistevano le tecnologie per poterli rispettare».