Il Sole 24 Ore, 5 gennaio 2016
Che fortuna per le banche tedesche essere tedesche
È uno dei paradossi più eclatanti della Germania Uber Alles. All’economia strutturalmente più forte dell’eurozona corrisponde uno dei sistemi bancari tra i più fragili, puntellato costantemente dalla mano pubblica che ha sorretto le proprie banche, dall’avvio della crisi nel 2008, con la bellezza di 197 miliardi di denaro pubblico, tra aumenti di capitale e titoli tossici rilevati dallo Stato federale o dai vari Land. Una cifra che (sono dati della Commissione Ue) vale oltre il 7% del Pil tedesco. Se poi alle iniezioni di denaro pubblico si aggiungono le garanzie statali e le linee di liquidità offerte la cifra balza addirittura a 465 miliardi il 17% della ricchezza annua prodotta. Un’enormità che disvela la particolare struttura del sistema creditizio teutonico.
Si pensi solo all’ultimo salvataggio in ordine di tempo. Quello che ha riguardato pochi mesi fa la Hsh Nordbank. L’istituto controllato dal Land dello Schleswig-Holstein e dal Comune di Amburgo ha avuto l’ennesimo aiutino pubblico sotto forma di 3 miliardi di nuove garanzie statali. Tra la moltitudine frammentata delle centinaia di piccole, piccolissime Sparkasse, le casse di risparmio municipali e le grandi Landesbank, oltre un terzo del sistema del credito della più grande economia dell’Eurozona è di fatto in mano pubblica. E per buona parte è sottratto alla Vigilanza di Francoforte. Questo ha permesso una gestione della crisi bancaria, che in Germania è stata più acuta di quanto ci si poteva aspettare, sotto il segno della massima discrezionalità e spesso con tratti di grande opacità.
Hsh non è un nome nuovo nel panorama delle banche pericolanti di Germania. L’istituto di Amburgo che è piombato in crisi già nel 2008 e ha avuto a disposizione linee di credito garantite per decine di miliardi, ha accumulato lo stesso, dall’inizio della crisi, 1,9 miliardi di perdite, pur avendo quasi dimezzato l’attivo. Il dimagrimento non è bastato a uscite dal baratro e ora il nuovo salvagente propedeutico a una vendita o una liquidazione. Una banca zombie tenuta in vita artificialmente. Hsh non è affatto un caso isolato. È l’epifenomeno, neanche il più macroscopico, della pesante gracilità del sistema del credito. Buona parte delle grandi Landesbank tedesche vive sorretto costantemente dalle casse regionali. Come evidenzia con dovizia di particolari l’ultimo rapporto di R&S Mediobanca, le sei principali banche dei Land tedeschi hanno ricevuto dai soci (pubblici) nei lunghi anni post-crisi 25,3 miliardi tra aumenti di capitale e altre contribuzioni, una somma che vale il 65% dei patrimoni che le banche avevano all’inizio della Grande crisi. Non solo. Ma per fronteggiare la crisi di liquidità hanno beneficiato di garanzie sia statali che dei Land per 98 miliardi di euro. Un vero cordone sanitario steso attorno alle grandi banche regionali che non ha (altro paradosso) risolto definitivamente il nodo della solidità patrimoniale.
Nonostante le ricapitalizzazioni, infatti, il sistema delle Landesbank resta tuttora poco capitalizzato. Il capitale netto aggregato nel 2013, spiega ancora R&S Mediobanca, rappresentava il 4,5% dell’attivo di bilancio, rispetto al 5,4% medio delle principali banche europee, con una “leva” di 23, superiore di un’ unità al moltiplicatore europeo, già di per sé il più elevato nel confronto internazionale. C’è stato, è vero, un miglioramento rispetto al 2007 quando il capitale era solo il 2,7% dei bilanci, ma ottenuto più con la riduzione degli attivi, scesi di oltre 400 miliardi che con le ricapitalizzazioni. Iniezioni di denaro (pubblico) necessarie a fronteggiare le perdite che solo nel biennio 2008-2009 sono ammontate a 14 miliardi di euro per le banche regionali. Se per le grandi Landesbank il panorama mostra tuttora gli antichi vizi pre-crisi, con bassi livelli di capitale nonostante le iniezioni pubbliche, crediti a rischio non contrastati e livelli di titoli tossici in portafoglio ancora ingenti, il quadro è ancora più preoccupante e sfuggente per le piccole Sparkasse. La competenza della vigilanza sulle Sparkasse è in mano alla Bafin, la Consob tedesca, ed è sottratta completamente allo sguardo più occhiuto e meno compiacente della Bce. Non c’è di fatto un obbligo di contabilizzazione ufficiale dei crediti dubbi. Stando ad alcune stime le Sparkasse erogano prestiti per circa 1.700 miliardi di euro, quanto di fatto l’intero sistema bancario italiano. Se solo le Sparkasse avessero in pancia il livello medio di sofferenze dell’intero sistema bancario teutonico saremmo a circa 85 miliardi di euro di crediti malati. Ma gli osservatori internazionali dall’Fmi (che chiede trasparenza nella contabilità delle banche municipali di Berlino) ad altri, temono che siano molti di più. Il fatto che non siano sottoposti alla Vigilanza bancaria europea permette classificazione dei prestiti malati a maglie assai larghe. Un sistema dove la trasparenza non è certo di casa. Ma se il sistema creditizio pubblico non brilla per solidità, che dire dei due colossi di Germania? Deutsche Bank è reduce da una perdita di 6 miliardi nel terzo trimestre: pesano oneri per i contenziosi giudiziari e avviamenti svalutati. Sta di fatto che il gigante bancario è da tempo in forte frenata sul piano della redditività, ha sì aumentato il capitale ma ha tuttora in pancia titoli illiquidi valutati dalla stessa banca in 31miliardi, poco meno della metà dell’intero capitale. Un fardello che è stato limato dall’avvio della crisi ben poco e che resta un vulnus possibile per il futuro. Per non dire di Commerzbank. La banca si prepara solo ora al ritorno al dividendo, per la prima volta dal 2007, e dopo che, a partire dal 2008, ha avuto bisogno di due salvataggi con soldi pubblici per circa 18 miliardi e ha visto l’ingresso salvifico nel capitale del Governo tedesco. Verrebbe da dire: Che fortuna per le banche tedesche, essere tedesche.