Il Sole 24 Ore, 5 gennaio 2016
Ha lasciato l’unico italiano nella squadra di Juncker
Dal 2 gennaio non c’è più nessun italiano nella squadra del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. L’unico italiano nel team del presidente, l’esperto giuridico Carlo Zadra, si è dimesso e dal 6 gennaio tornerà a ricoprire l’incarico che aveva fino ad un anno fa in una direzione dell’esecutivo europeo. Il governo italiano, attraverso il sottosegretario alla presidenza Sando Gozi, con delega alle Politice Ue, ieri mattina ha reagito con decisione con Bruxelles, definendo «inaccettabile» l’assenza di un componente italiano nel gabinetto della presidenza della Commissione. Perciò ha chiesto la nomina di un altro italiano che dovrà essere individuato. È?interessante ricostruire il modo in cui si è stata gestita l’operazione da parte del capo di gabinetto di Juncker, il tedesco Martin Selmayr. Secondo quanto è stato possibile ricostruire anche sul sito web della Commissione, tra il 21 e il 23 dicembre ha chiamato nella squadra della presidenza l’inglese Michael Shotter (con cui aveva già lavorato fianco a fianco dal 2007 al 2013 sotto l’ex commissaria Ue alla Giustizia, Viviane Reding) e lo ha nominato “esperto giuridico senior” affidandogli il “coordinamento strategico” delle materie già delegate a Zadra, tra cui migrazioni, giustizia, affari interni.
Di fatto l’esperto giudirico italiano alla vigilia di Natale si è ritrovato in un angolo e sostanzialmente senza deleghe. Stanco anche dei modi “dispotici” di Selmayr e abituato a lavorare senza compromessi, ha lasciato passare le feste e si è dimesso. Un vero e proprio blitz consumato in pochi giorni a cavallo della pausa natalizia e proprio mentre è in corso l’avvicendamento alla Rappresentanza permanente, l’ambasciata presso l’Unione europea, tra l’ormai ex rappresentante, Stefano Sannino trasferito a Madrid, e il suo successore Cesare Maria Ragaglini in arrivo da Mosca.
L’operazione, formalmente legittima, orchestrata da Selmayr arriva qualche giorno dopo lo scontro in Consiglio europeo tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e la cancelliera tedesca Angela Merkel il 18 dicembre scorso. Congetture. Ma è un fatto che non c’è più una presenza italiana tra i tredici membri del gabinetto Juncker, la cabina di regia dell’esecutivo europeo, il crocevia da cui in un modo o nell’altro passano tutti i dossier più importanti. Formalmente, i funzionari delle istituzioni europee non rappresentano il Paese di provenienza. Ma ogni Stato membro punta ad avere “antenne vigili” nei posti che contano. Sono punti di contatto che, se ben curati, possono rivelarsi molto utili per lo Stato membro in questione, nell’indirizzare le decisioni comunitarie in un senso o nell’altro, come da qualche anno hanno imparato a fare benissimo i tedeschi e come facevano in passato i francesi.
È vero, come è stato ricordato più volte sia dalla Rappresentanza che dal Dipartimento per le Politiche Ue, che in questa Commissione numericamente l’Italia ha avuto più posizioni che in passato, ma la presidenza non si può lasciare sguarnita, soprattutto in un momento storico delicato come quello che l’Unione sta attraversando e che vede l’Italia impegnata su più fronti, dal patto di Stabilità alle banche, dalle impronte digitali dei migranti ai fondi strutturali. Non solo. L’episodio di Zadra ha messo in allarme altri italiani in posizioni di vertice in Commissione. A questo punto c’è chi si chiede chi sarà il prossimo “giubilato”. Insomma, c’è il rischio che tra gli italiani si diffonda una sindrome da accerchiamento che, giustificata o no, non fa bene né all’Italia né all’Europa.