Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
L’aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena slitta alla prossima estate. Un rinvio voluto dall’azionista di maggioranza (la Fondazione Mps) che suona come un atto di sfiducia nei confronti dei vertici, cioè del presidente Alessandro Profumo e dell’amministratore delegato Fabrizio Viola. Alla vigilia dell’assemblea dei soci che ha deliberato il rinvio s’era detto che una decisione di questo tipo - oltre tutto accompagnata da un intervento molto duro della presidentessa Antonella Mansi - avrebbe indotto Profumo alle dimissioni. Ma ieri il grande banchiere s’è limitato a dire che aver votato per lo slittamento dell’aumento di capitale è stato un errore, e, quanto alle sue dimissioni, valuterà a mente fredda nel prossimo consiglio d’amministrazione di gennaio.
• Lei sa già che deve spiegare tutto dall’inizio, altrimenti io e i lettori non capiamo niente.
A gennaio si scoprì che il Monte dei Paschi era in grossi guai per una gestione dissennata delle proprie ricchezze, specialmente per due derivati velenosissimi che si chiamano Alexandria e Santorini. Mentre i vecchi vertici venivano licenziati e messi sotto inchiesta dalla magistratura, i nuovi vertici, cioè il duo Profumo-Viola, si insediavano con la benedizione della Banca d’Italia, del ministero del Tesoro e dell’Unione europea. Fatta un po’ di pulizia di gestione (tagli del personale ecc.), Profumo e Viola si finanziavano con un prestito presso il Tesoro, attraverso l’emissione dei cosiddetti Monti-bond. Per questo prestito, di tre miliardi, la Banca si rassegnava al pagamento di un interesse-monstre di quasi il 10 per cento annuo. L’Unione europea, temendo che si trattasse di aiuti di stato, indagò a fondo la faccenda e alla fine diede il suo benestare, a patto però che il Monte restituisse almeno il 70% dei tre miliardi entro il 2014. Operazione che non è possibile fare se qualcuno non mette i soldi nella banca.
• Questo sarebbe l’aumento di capitale: qualcuno mette i soldi nella banca e ne diventa proprietario, in tutto o in parte.
Esatto. Ora il Monte dei Paschi, un tempo terza banca del Paese, è sempre stato nelle mani del Partito democratico e specialmente del Partito democratico di Siena. Il controllo viene esercitato attraverso la Fondazione del Monte dei Paschi di Siena, che una volta possedeva più del 50% e adesso sta al 35,5%. Il cda della Fondazione, 14 membri, è tutto politico, se si fa eccezione del membro nominato dalla diocesi: quattro stanno lì a nome del Comune, due della Provincia, uno della Regione, gli altri di varie istituzioni locali. Un tempo c’era perfino la regola che il voto di nessun socio diverso dalla Fondazione potesse valere più del 4%, qualunque quota avesse. Per dirle che razza di controllo esercitava il partito. La Ue ha poi imposto che questa regola venisse abrogata.
• La Fondazione non vuole l’aumento di capitale, perché dopo l’aumento di capitale conterebbe molto di meno.
Per onorare il suo 33,5% la Fondazione dovrebbe tirare fuori un miliardo. Non solo non ha il miliardo, ma non ha in cassa che un debito di 340 milioni verso le banche. La Fondazione, il cui patrimonio nel 2009 era di 5,58 miliardi, è adesso ridotta a un patrimonio di 673 milioni (il valore della banca oggi). E ha un debito di 340 milioni. Piuttosto che un aumento di capitale, preferirebbe vendere un po’ delle sue azioni prima, in modo da pagare i debiti e avere abbastanza soldi per far fronte all’aumento di capitale dopo. Gli analisti dubitano che questo piano stia in piedi. C’è anche un problema di prezzo: la Fondazione pretende di vendere a 18-20 centesimi per azionie. Ma Mps sta in borsa intorno ai 17 centesimi. Nessuno compra in queste condizioni, si aspetta casomai di prelevare, con un esborso irrisorio, al momento della liquidazione o del fallimento.
• Vuoi vedere che i senesi sono sicuri di un intervento della politica?
Renzi sta zitto, e anzi in altri tempi ha ufficialmente dichiarato di non voler mettere la bocca su Siena. Però il sindaco Bruno Valentini è un renziano doc. E, a proposito delle dimissioni di Profumo, ha detto: «Morto un sindaco se ne fa un altro». Profumo, poco amato in città, viene incasellato tra i dalemiani. È stato chiamato al vertice del Monte dal sindaco precedente, Franco Ceccuzzi, dalemiano. La faccenda è molto politica.
• Che faranno i creditori vedendo che il debitore prende tempo?
Se il titolo in Borsa dovesse scendere sotto i 12 centesimi le banche creditrici entrerebbero automaticamente in possesso delle azioni della Fondazione: la Fondazione le ha date in pegno, piegandosi a questa clausola. Altra ipotesi: il Tesoro, come previsto dal contratto, trasforma i Monti-bond in suo possesso in azioni. In questo caso Mps diventerebbe statale. Non è detto che Letta non voglia fare un dispetto a Renzi. Non è detto che tutti e due non preferiscano questa soluzione a quella di far arrivare Goldman Sachs, Citigroup o Ubs, che sono pronti a sottoscrivere l’aumento di capitale purché si decida entro gennaio (con loro ci sono altre 12 banche). Gli stranieri farebbero finire di colpo il nostro sistema in cui le azioni si pesano e non si contano.
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