Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 29 Domenica calendario

LA VIA ALGERINA DEI GENERALI


NEI confronti dei Fratelli Musulmani, che continuano le proteste contro la deposizione di Morsi nel Delta come a al-Azhar, i militari egiziani scelgono la via “algerina”: eradicazione totale. Anche se, in riva al Nilo, l’intolleranza ha investito pure componenti laiche e democratiche della società, come dimostrano i processi agli attivisti del movimento del 6 aprile e di Tamarrod. Si illudeva chi riteneva che il “golpe popolare” servisse a allargare il campo della democrazia.
La decisione del governo di dichiarare organizzazione terroristica la Fratellanza, dopo averne bandito legalmente le attività pochi mesi fa, polarizza ulteriormente la scena. D’ora in poi solo esserne membro può condurre a una condanna a cinque anni di carcere.
Le stellette hanno colto la palla al balzo, imputando ai Fratelli l’attentato alla caserma di Mansura, nel quale sono rimasti uccisi quattordici poliziotti. Poco importa che l’attentato sia stato rivendicato da un gruppo jihadista con base nel Sinai, Ansar Bait al Maqdis. Schiacciare la Fratellanza su posizioni terroriste è proprio l’obiettivo dei generali: solo in questo modo è possibile una repressione dura che non sollevi troppe critiche della comunità internazionale e conti sull’aperto sostegno dei tanti nemici degli Ikwhan nella regione, sauditi in primo luogo.
Un errore, come ha ricordato al governo egiziano lo stesso segretario di Stato americano Kerry, fautore di una linea di inclusione della Fratellanza nel gioco politico. Il golpe ha sicuramente avuto consenso, anche di fronte alla pessima prova di governo di Morsi e del suo partito; ma quel consenso per trasformarsi in legittimità deve democraticamente passare per le urne. Paradossalmente, ma non troppo, in questa fase gli obiettivi di militari e jihadisti convergono: distruggere la Fratellanza. I primi vogliono sgomberare il campo dall’unica forza che, per radicamento, avvertono come concorrente. I secondi, ritengono che l’agognata dissoluzione dei “revisionisti islamici” apra spazi a quanti intendono finalmente combattere in armi “per i diritti di Dio”. Una semplificazione del campo che permette di dispiegare, dilatandole sino all’estremo, strategie e nostalgie, che rinviano a un passato che sembrava davvero tale.
Grande è il disordine sotto il cielo d’Egitto, ma la situazione non è affatto eccellente.