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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

BETTINI, ADDIO ITALIA

BETTINI, ADDIO ITALIA -
Paolo Bettini lascia la guida della Nazionale italiana di ciclismo. Non più commissario tecnico della Squadra, come l’hanno ribattezzata gli avversari per rispettare quella che — verrebbe voglia di dire da sempre — viene considerata la formazione più forte, più prestigiosa, la più carismatica e, spesso ma non sempre, la più compatta e solidale. «Il Grillo», com’era chiamato per i suoi improvvisi scatti, molla il comando e torna in gruppo.
È un pomeriggio toscano nel suo sole, obliquo, nei suoi profumi, invernali, nel suo spirito, quello malinconico ma profondamente cosciente ed estremamente umano, in cui si celebra il funerale di un uomo di ciclismo, toscano, innamorato di questo mondo: Stefano Benvenuti.
Bettini, quando è maturata la sua decisione?
«Fino al 18 dicembre la situazione era tranquilla. Nulla lasciava presagire l’interruzione del mandato».
Poi?
«Quello che, fino ad allora, era stato soltanto un abboccamento, un incontro, un’ipotesi, si è all’improvviso trasformato in una proposta autentica, concreta, tangibile. Mi sono trovato davanti a un bivio».
E allora?
«È stata una decisione lunga e sofferta. Non avevo scadenze: la scadenza me la sono data io. Una settimana per valutare le ragioni del cuore, con freddezza, e il peso dei fatti, con lucidità. E ieri mattina (venerdì, ndr), ho telefonato al presidente Renato Di Rocco e gli ho comunicato la mia scelta».
Di che cosa si tratta?
«Per rispetto verso i miei nuovi interlocutori, non posso dire nulla se non che rimango nel mondo del ciclismo».
Non può neppure specificare se è un club o una Nazionale?
«No. Però posso aggiungere che è un progetto molto importante e ambizioso, di alto livello e profilo, che ha, con me, una durata iniziale di cinque anni, e che prevede anche grossi investimenti».
È quella società e quella squadra cui fa capo Fernando Alonso, e di cui si era già parlato alcuni mesi fa?
«Mi spiace, cercate di capirmi: non posso dire nient’altro (la pista è quella è l’ufficialità avverà il 7 gennaio, n.d.r.)».
La decisione di lasciare la Nazionale dipende dal rapporto, non sempre idilliaco, con il presidente Di Rocco?
«No, anche se il nostro rapporto ha avuto momenti difficili. Lo scorso luglio avevo già rassegnato le dimissioni, perché mi sembrava che non ci fossero più le basi per continuare, poi ci siamo chiariti, ho ritirato le dimissioni, e la situazione è migliorata».
Il caso-Sciandri è stato emblematico della diversità di vedute?
«Ho sempre pensato che il ruolo di commissario tecnico non fosse quello del semplice selezionatore. Il primo ad allargare i compiti e ingigantire il ruolo è stato Alfredo Martini. E Franco Ballerini ha proseguito su quella stessa strada, passando da regista di una sola corsa a responsabile di un intero movimento per un intero anno e per più anni».
Invece?
«Sciandri faceva parte di un sistema allargato e mirato. Ma quando l’accordo era stato raggiunto, le ristrettezze economiche della Federazione non ne permettevano più l’assunzione».
Si è chiacchierato di una email in cui Di Rocco la criticava e che le è stata inviata involontariamente.
«Con il passare del tempo, ho saputo apprezzare l’opera di Di Rocco, la sua presenza nel nostro mondo a tanti livelli, per attività, attaccamento, iniziative. Sia chiaro che non lascio la Federazione per un litigio o per una email».
Dunque?
«Mi piace fare le cose in grande. E nel nuovo progetto sarà così».
Ma lei si è mai sentito amato da Di Rocco?
«Mi gratifica di più sapere di essere amato da mia moglie Monica. Con Di Rocco mi basta la stima: quella c’è, ed è reciproca».
E adesso?
«Innanzitutto voglio andare da Alfredo Martini per spiegargli come sono andate le cose. Lui mi ha accolto, ascoltato, a volte confortato e confermato. Lui sa quanta passione, ma anche quanta energia ci ho sempre messo. Non ho voluto prendere, nel suo cuore, il posto di Ballerini, ma lui spesso mi ha fatto sentire così. E nessuno meglio di Martini può capire il mio stato d’animo».
Qual è?
«Sereno. Con qualche tristezza se guardo indietro, con enormi voglie se guardo avanti».
Guardiamo indietro: le sono mancati i risultati.
«Vero. Ma sono molto più numerosi i momenti belli di quelli brutti. La costruzione della squadra è un lavoro difficile e delicato, ma fantastico nella sua umanità. In questo senso, mi ha arricchito».