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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

SICILIA, LE PROVINCE ABOLITE RISCHIANO DI RINASCERE BOCCIATA LA PROROGA DEI COMMISSARI E C’È L’IPOTESI DI RITORNO ALLE ELEZIONI


PALERMO — Nonostante la grancassa mediatica sulla soppressione delle Province, in Sicilia questi nove enti (solo) commissariati a maggio rischiano di rinascere più forti di prima puntando addirittura a nuove elezioni. È il paradossale effetto di un flop della maggioranza del governatore Rosario Crocetta battuto ieri in Assemblea regionale dove ha perso la battaglia per il rinnovo dei commissari durante una sessione segnata da un’altrettanta incerta corsa di fine anno verso l’approvazione del Bilancio.
Battuto con 33 voti contro 32. Una beffa che lascia infierire il capogruppo dei 5 Stelle Giancarlo Cancelleri, tante volte invano tentato da Crocetta quando sbandierava in tv il «Modello Sicilia»: «Se si escludono i nostri 13 voti, con la maggioranza hanno votato appena in 19». Sarà forse una sorpresa per tanti che, ascoltando già in primavera Crocetta all’Arena di Giletti su Raiuno o in altri talk show, davano per acquisito il grande passo. E invece si torna al punto di partenza. Anche se, da un punto di vista tecnico, la bocciatura riguarda non la legge di abrogazione, ma la proroga dei 9 commissari adesso destinati «a restare in carica 45 giorni per via amministrativa», come spiega il presidente dell’Assemblea regionale Giovanni Ardizzone, attenendosi all’unica certezza. Perché per il resto, se a metà febbraio non si arrivasse al varo della vera riforma per liberi consorzi e città metropolitane, scatterebbero i termini per indire nuove elezioni. E le Province, da 7 mesi afflosciate, con migliaia di dipendenti ignari del loro futuro, rinascerebbero come palloni, gonfiati con il compressore della prossima campagna elettorale.
Siamo a un brusco stop per la «rivoluzione» di Crocetta. Anche perché un pezzo robusto della sua maggioranza sembra remare contro e lui esplode: «Se così fosse, si potrebbe parlare di controrivoluzione. L’abolizione dell’ente non è una boutade lanciata in tv. La riforma non l’ho sognata da Giletti. Sta nero su bianco nel programma elettorale. E chi vuole governare con me, deve rispettare quel programma».
Posizione interpretata come una minaccia esplicita a quanti in aula hanno indossato i panni di «franchi tiratori»: «Questo voto servirà a fare un po’ di igiene politica». Come dire che si potrebbe andare a un rimpasto in assenza di chiarezza perché Crocetta parla di «un rigurgito parassitario di chi vuole un ritorno al passato». Posizione opposta a quella del leader delle opposizioni, Nello Musumeci che attacca la «mistificazione mediatica» di Crocetta: «I commissari che voleva prorogare sono di fatto i proconsoli del governo, all’interno di una vicenda grottesca e incomprensibile perché i liberi consorzi dei Comuni svolgono le stesse funzioni delle Province e il cambio di una semplice denominazione non può passare per riforma». Dibattito infuocato in una Regione che, forte dell’Autonomia, sembrava aver dettato la linea al resto del Paese e si ritrova comunque un passo indietro. Un altro.