Maurizio Caverzan, Il Giornale 29/12/2013, 29 dicembre 2013
FARINETTI, L’ULTIMO INTOCCABILE DELLA SOLITA SINISTRA DA SALOTTO
Adesso tocca a lui, Natale Farinetti detto Oscar. Nativo di Alba, provincia di Cuneo, figlio del partigiano Paolo, comandante della XXI Brigata Matteotti, fondatore di Eataly, catena gastronomia tricolore partecipata al 40 per cento dalle Coop rosse e di gran moda nei salotti che contano.
Tocca a lui allungare la lista degli intoccabili della sinistra, degli ascoltatissimi big fuori classifica. Citarlo al momento giusto fa molto chic. Amico e fervente consigliere di Matteo Renzi (anche se ha declinato l’invito in direzione). In odore di candidatura, magari alle prossime regionali. O chissà, direttamente in Parlamento. Intervistato dai giornali tosti, nel tentativo di anticipare il «verso» del cambiamento dell’Italia renziana. Imprenditore innovativo, con un piede e mezzo nella politica, prontissimo anzi voglioso di finanziare il Pd, come ha dichiarato al Fatto quotidiano. Insomma, il profilo perfetto per accomodarsi nella galleria dei totem democrat. Vera categoria mediatica, formula antropologica della politica. Industriali, politici, scrittori, artisti, archistar, filosofi, magistrati, maître à penser di varie ed eventuali. Tanto per citare alla rinfusa i primi nomi che vengono: Umberto Eco, Sergio Marchionne prima maniera, Diego Della Valle, Dario Fo, Roberto Saviano, il desaparecido Antonio Ingroia, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Laura Boldrini, ancora in tiro.
Provengono da mondi diversi, in comune hanno la durata. Come le pile e il tempo delle infatuazioni. Grazie ai suoi giornali, il popolo della sinistra se ne innamora perdutamente. Li scopre, li legittima, li promuove, li esalta, li consacra. E li scarica precocemente. Corsi e ricorsi, direbbe Vico. Adesso (Natale) Oscar Farinetti è nel fulgore dell’esaltazione, non ancora un maestro venerabile. Però, guai a chi lo tocca. A serramanico scatta la difesa dei grandi giornali (Repubblica e Stampa), come si è visto in quel di Torino.
In occasione del messaggio di fine anno, pur senza far nomi, il traballante governatore piemontese Roberto Cota ha voluto regolare qualche conto. Coloro che lo vogliono mandare a casa «sono quelli che hanno finanziato le sontuose campagne per le primarie del Pd», ha scritto su Facebook. «Vogliono introdurre un sistema dove i politici arrivano al potere con il loro gruppo di amici e di interessi». Ovvero il clan dei renziani di confessione sabauda, Fassino e Chiamparino in testa. Per chiarire meglio con chi ce l’aveva, Cota ha citato l’imprenditore «che si mette la sciarpa rossa e poi paga la gente nei suoi negozi di successo meno di otto euro lordi all’ora». Il riferimento era al recente scoop del Fatto quotidiano che, nel giorno dell’apertura del punto vendita fiorentino (imminente anche l’inaugurazione a Milano), aveva parlato con alcuni precari dei negozi di Roma e Bari. «800 euro, lo stipendio: 40 ore a settimana, comprese le domeniche quando capita o quando devi». Il contratto che si rinnova di mese in mese. E le perquisizioni al personale a fine turno...
Guai a sfiorarlo. Imbufalito, (Natale) Oscar Farinetti aveva replicato in una lunga intervista. «Abbiamo dato un’occupazione a tremila persone. Io non voglio creare un’azienda, fallire e mettere la gente in cassa integrazione».
Sul fronte imprenditoriale, il nuovo intoccabile della sinistra ha idee chiare. E in fondo, il curriculum - da UniEuro fondata dal padre e da lui potenziata con l’annessione di Trony, poi ceduta al gruppo inglese Dixon, all’ultima creatura alimentare - è lì a mostrare che in fatto di creatività i numeri ci sono. Con i nove store aperti a Tokyo, i due negli States, quello di Dubai e Istanbul, il marchio tira. Tanto da far gola anche alla Cassa depositi e prestiti, il salvadanaio che spinge il made in Italy.
Dicono che potrebbe candidarsi alle prossime regionali del Piemonte. Ma lui dissimula, si ritrae e parla di vino e di vela. La politica rischia di bruciarlo. Come rischia di bruciarsi in fretta la passione per la sinistra se continuerà a dire che i sindacati e l’articolo 18 «sono un impedimento». Amico di Giovanni Soldini, lo accompagnò in una traversata da Genova a New York. Autore di libri, l’ultimo, Storie di coraggio (Mondadori), consta di dodici interviste a vignaioli veraci. Viene dalla provincia di Cuneo come Carlin Petrini e Falvio Briatore.
Con la geniale crasi di eat e Italy ideata da Celestino Ciocca e il gioco di vocali che non cambia la pronuncia ma la rendono internazionale e spendibile per l’esportazione, l’artigianato diventa brand. Made in Eataly o Forza Eataly? Il dubbio resta. Tessera numero 1: (Natale) Oscar Farinetti. Chissà perché ha cambiato nome.