Arnaldo Benini, Il Sole 24 Ore 29/12/2013, 29 dicembre 2013
EFFETTO MILGRAM: UN FALSO?
Stanley Milgram, psicologo sperimentale, alla voce "Obedience" dell’Oxford Companion to Mind, si chiede come una persona per bene possa diventare, in breve tempo, omicida su comando delle autorità. La domanda, dice Milgram, non è assurda. Società, anche evolute, hanno ordinato ai loro giovani soldati di sterminare intere popolazioni, e il comando è sempre stato eseguito. Obbedire alle leggi e alle istituzioni è il fondamento della vita sociale. L’eccesso d’obbedienza può portare a conflitti morali intensissimi.
In un appunto custodito negli archivi dell’Università di Yale a New Haven, Milgram scrisse che l’essere ebreo (era nato nel Bronx, a New York, nel 1933, figlio di una rumena e di un ungherese, ebrei immigrati anni prima) lo rendeva particolarmente sensibile alla necessità di spiegare scientificamente la deriva psicologica di chi aveva eseguito l’ordine di sterminare gli ebrei durante il Nazismo. L’obbedienza per simili efferatezze è stata solo di quel tempo e di quel popolo o è tendenzialmente presente in ciascuno di noi? Milgram si propose di rispondere alla domanda circa la disponibilità ad eseguire ordini immorali con un esperimento di psicologia sociale senza precedenti, dal quale ricavare dati matematici indiscutibili. Dopo il consenso della National Science Foundation, l’esperimento fu condotto con 780 persone nel 1961 e 1962 nel laboratorio di psicologia dell’Università di Yale. Milgram l’ha descritto più volte: un volontario preso dalla strada era istruito a somministrare scariche elettriche crescenti da 15 a 450 volt ad un allievo se non rispondeva correttamente alle domande del direttore dell’esperimento. Nel tasto di 15 volt c’era scritto "leggera scarica", poi via via "scarica moderata", "scarica forte" fino al trentesimo tasto con "scarica severa e pericolosa", che il volontario sapeva che poteva essere mortale. Le domande erano semplici: venivano lette coppie di parole, poi l’allievo doveva ricordare quale di loro era associata alla prima. Ad esempio: ammaestrare. Fra lupo, cane, gatto, orso, l’ultima era giusta. Se l’allievo sbagliava, il volontario, al quale era garantita l’irresponsabilità di quel che sarebbe accaduto, riceveva dal direttore l’ordine di colpirlo con una scarica elettrica, più forte al ripetersi degli errori. Il volontario, almeno teoricamente, ignorava che l’allievo era una persona preparata per quel ruolo e che le scariche erano finte. Scopo dell’esperimento, secondo le inserzioni sui giornali per reclutare i volontari, era di valutare l’effetto di punizioni fisiche sull’apprendimento. La collaborazione di un’ora era onorata con quattro dollari e mezzo, a quel tempo, dice un volontario, "a lot of money". I volontari furono ingannati, perché non si trattava di studiare l’apprendimento, bensì la disponibilità all’obbedienza.
Nel primo articolo, uscito nell’ottobre 1963 sul Journal of Abnormal and Social Psychology, Milgram riferisce i risultati con 40 volontari maschi, il 65% dei quali avevano somministrato voltaggi alti, e 26 il massimo di 450 volt. In un ambiente prestigioso come l’università di Yale, lo scopo di migliorare l’apprendimento toglieva remore alla tortura e all’omicidio, purché ordinati da un’autorità. Dopo pochi giorni il lavoro fu ripreso dal New York Times ed entro poche settimane dalla stampa di tutto il mondo. Era nato "l’effetto Milgram", l’esperimento più famoso di psicologia sociale, discusso ancor oggi nelle riviste specializzate. L’articolo di Milgram uscì quasi contemporaneamente alle corrispondenze da Gerusalemme per il New Yorker di Hannah Arendt sul processo Eichmann, raccolte nel libro La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme. La disponibilità all’ubbidienza cieca rivelata da Milgram poteva essere la base psicologica dell’universale banalità del male e la spiegazione storica e sociale dell’Olocausto. Oltre a sorpresa e consensi, il lavoro suscitò reazioni incredule, critiche e ostili. Fu giudicata insostenibile la tortura psicologica inferta ai volontari, circa i quali non è stato ancora oggi chiarito quanti di essi, alla fine della seduta, siano stati informati che s’era trattato di una tortura simulata. Una ricerca, di cui Milgram era informato, compiuta da un assistente di Yale durante l’esperimento, rivelò che oltre il 40% dei volontari non aveva dubbio che si trattava di una finzione e che quasi solo loro erano arrivati alla scarica mortale, senza scrupoli perché sicuri che si trattava di un gioco. 11 anni dopo Milgram, nel frattempo passato all’Università di Harward, pubblicò Obedience, libro nel quale conferma che il 65% dei 780 volontari, persone d’ogni ceto, cultura, religione e convinzione etico-politica, pur talora protestando e pregando d’esser dispensate, s’erano piegate al comando di usare scariche elettriche anche mortali. Con molto pathos egli sostiene che il suo studio era una battaglia etica contro i difetti morali e i disturbi psicologici delle persone ubbidienti ad ogni costo. Milgram paragona i suoi volontari ad Eichmann e agli scherani di Stalin. I dubbi sulla serietà scientifica della ricerca non si chetarono.
La psicologa australiana Gina Perry ha studiato per quattro anni il voluminoso fondo Milgram a Yale, le pubblicazioni sue e dei suoi imitatori e critici, ed ha parlato con volontari che avevano preso parte all’esperimento. Il risultato è riassunto nel giudizio che Milgram (morto nel 1984 d’infarto cardiaco) non era uno scienziato, ma un "cow boy della psicologia". Il più famoso esperimento di psicologia sociale, non ebbe nulla di scientifico. Non si era trattato di un esperimento, ma di 24 esperimenti con procedure diverse. I risultati differivano dallo 0 al 100 % se volontario e allievo erano nella stessa stanza o in stanze separate, ma di ciò nella statistica non si tien conto. Un articolo di poche settimane fa rivela che in tre sedute, quando il volontario mostrava la volontà di ritirarsi per le reazioni dell’allievo alla tortura, il direttore dell’esperimento andava nella stanza dell’allievo e tornava assicurando che egli voleva continuare, circostanza che non risulta nelle pubblicazioni. Lo scopo di Milgram, dice la Perry, era di legare il suo nome ad una ricerca che l’avrebbe reso famoso, come in realtà avvenne. Per questo la percentuale degli ubbidienti a tutti i costi doveva essere elevata, anche se i dati erano falsi. Francois Rochat, psicologo dell’Università di Fribourg, sostiene che, pur con difetti ed errori, l’"effetto Milgram" spiega quel che avvenne col Nazismo. Troppo semplice. Con dati falsi non si spiega nulla. Jean-Francois Lyotard ha scritto che l’Olocausto è stato un terremoto che ha distrutto non solo il terreno, ma anche i sismografi, lasciandoci fra le rovine senza spiegazioni. Claude Lanzmann, regista, nel 1985, del film-documentario Shoah, ritiene che capire lo sterminio degli ebrei è impossibile. Una guardia avvertì Primo Levi, appena arrivato ad Auschwitz, che lì non c’erano perché. La ragione non è in grado di spiegare tutti gli enigmi della mente.