Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 29 Domenica calendario

A CHI FA ANCORA PAURA LA VERA FACCIA DI ROBESPIERRE?


Niente da dire, l’immagine è tutto. Perfino se ci si chiama Maximilien François Marie Isidore de Robespierre (1758-1794), e si è l’incarnazione per antonomasia dei princìpi (e delle degenerazioni) dell’idea rivoluzionaria. Ma quando in Francia si tocca l’avvocato russoviano di Arras che voleva edificare il governo delle virtù in terra, si sa, fischia il vento e infuria la bufera.
La polemica transalpina del momento riguarda infatti il «vero volto» di Robespierre. Non quello politico, bensì – letteralmente – la sua fisionomia, ricostruita in 3D da un infografico e specialista di ricostruzione facciale (Philippe Froesch, già applicatosi in passato al viso di re Enrico IV) e da un medico legale (Philippe Charlier dell’Université Versailles Saint-Quentin), i quali asseriscono, partendo da un calco fatto da Madame Tussaud, di aver utilizzato le tecniche dell’Fbi. A scanso di equivoci, la coppia ha pubblicato le immagini e le risultanze del proprio lavoro sul numero del 21 dicembre della blasonata rivista medica Lancet.
Si scopre così che l’Incorruttibile, morto (ghigliottinato) a 36 anni, aveva un volto butterato, scavato dal vaiolo, segnato da lesioni e da grandi borse sotto gli occhi. Un uomo assai affaticato, sul cui stato fisico influiva gravemente anche la lunga lista di malattie da cui era affetto, minuziosamente rivelata, con una diagnosi retrospettiva, da Charlier: oltre al vaiolo, soffriva verosimilmente di sarcoidosi diffusa (una malattia infiammatoria dalle cause sconosciute e caratterizzata dalla formazione di granulomi – e potrebbe essere a questo punto, avanzano l’ipotesi i due studiosi, il primo caso di cui si ha notizia nella storia), astenia, problemi di vista, itterizia, emispasmi facciali ed epistassi (le perdite di sangue dal naso).

Insomma, un quadro clinico pesantissimo: e questa è (o dovrebbe essere…) scienza. Ma non c’è investigazione medica, men che meno metodologia alla Csi, che tenga: nella Francia socialista e molto in crisi della Quinta Repubblica, i tratti somatici dell’intransigente leader del giacobinismo costituiscono una questione culturalmente sensibile e vanno a toccare dei nervi politicamente scoperti (basti pensare alle controversie furiose seguite alla tesi di François Furet sulle parziali similitudini tra Terrore robespierrista e regime di Stalin). Quasi un «affare di Stato» e, soprattutto, un affaire serissimo per la politique politicienne, con il coro di coloro che si dichiarano scandalizzati da questa «operazione indecente». Che va dalle (per certi versi comprensibili) rimostranze di qualche lontano parente, alle proteste degli esponenti della sinistra rossissima del Front de Gauche, come Jean-Luc Mélenchon (che denuncia la «manipolazione», essendo stato lui stesso apostrofato da Marine Le Pen come portatore di un «fisico ripugnante») e Alexis Corbière (già sostenitore dell’intitolazione di una strada di Parigi all’alfiere del «culto laico» dell’Essere supremo, che parla di una «calunnia» approntata da un gruppo di «ciarlatani»), sino agli storici Guillaume Mazeau ed Eric Hazan, i quali intravedono il ritorno del «fantasma di Robespierre» e il tentativo (magari inconscio) di liquidare l’intera eredità della Rivoluzione del 1789.
Di sicuro, nonostante l’indignazione (categoria particolarmente transalpina) dell’ultragauche, la lotta politica per via fisiognomica – seppure in versione decisamente meno high-tech, e prevalentemente bidimensionale – non costituisce una novità, ma una tendenza di «lunga durata», come si sarebbe detto dalle parti delle Annales. Dalle caricature ottocentesche degli uomini pubblici di Honoré Daumier alle tavole di Georg Grosz sul periodico Simplicissimus, da Il Borghese di Leo Longanesi (a destra) alla banda di Cuore e alle imitazioni dei fratelli Guzzanti (a sinistra), il «lombrosismo» è strumento superlativo ed efficacissimo di satira, come pure di battaglia politica. Mentre, nel caso dell’ideologo del Club dei giacobini, ci si dovrà forse rassegnare a una revisione visiva della sua iconografia eroica. D’altronde, a quell’epoca, spin doctor e image-maker non erano stati ancora inventati, e Robespierre rappresentava in tutto e per tutto un uomo dei propri tempi, estremamente complicati dal punto di vista della salute privata come di quella pubblica…