G.O.L., Avvenire 29/12/2013, 29 dicembre 2013
Nel 1950 il matematico inglese Alan Turing propose un criterio per stabilire l’intelligenza di un computer: l’esaminatore poneva domande e, se le risposte inducevano a credere che fossero fornite da un umano, la macchina era dichiarata «intelligente»
Nel 1950 il matematico inglese Alan Turing propose un criterio per stabilire l’intelligenza di un computer: l’esaminatore poneva domande e, se le risposte inducevano a credere che fossero fornite da un umano, la macchina era dichiarata «intelligente». Per Turing entro mezzo secolo i pc sarebbero stati in grado di superare il test. Ciò non è avvenuto, ma i programmi letterari e poetici di Prokopovic e Parker avvicinano al traguardo. Viene in mente Orwell, che in «1984» immagina una società totalitaria dove la scrittura creativa è sostituita da macchinari elettromeccanici che confezionano poesie, canzoni e racconti. Vengono in mente anche gli autori dell’Oulipo («Ouvroir de Littérature Potentielle»), che producevano componimenti con metodi combinatori; così a partire da 10 sonetti Raymond Queneau costruisce centomila miliardi di poesie. La neonata «Narrative Science» ha invece iniziato a produrre, senza intervento umano, articoli divulgativi; alcuni temono (o auspicano?) la fine del giornalismo scientifico. (G.O.L.)