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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

1964 L’INVENZIONE DEI GIOVANI


Fu l’anno che diede un taglio al Novecento: l’anno in cui si allungarono i capelli e si accorciarono le gonne. Altro che ’68: è il 1964 l’anno che inventò i giovani. Quando Albert Maysles corre all’aeroporto da poco intitolato a John Fitzgerald Kennedy — il presidente quarantatreenne massacrato tre mesi prima — quei quattro ragazzi che immortala sulla scaletta del volo PanAm 101 hanno frange a caschetto corto e cravatte penzoloni. È il 7 febbraio 1964. Alla fine di quell’anno indimenticabile, 4 dicembre, in copertina di Fab Four hanno ancora lo stesso taglio, ma i capelli già fin qui, le cravatte nascoste dagli sciarponi che tra un po’ faranno tanto contestazione. Prima e dopo: basta allungarsi i capelli per dare un taglio alla storia? È sempre nel febbraio ’64 che Bob Dylan sforna il suo manifesto, The Times Area-Changing. E i tempi stanno cambiando davvero.
John Lennon lo incontra tra la prima apparizione alla tv Usa, all’Ed Sullivan Show, e la cancellazione di un concerto: «Lo spazio pubblico non può diventare una platea per ridicolizzare la religione di nessuno». Perché succede anche questo durante il primo tour americano che Maysles impacchetta nello storico
First U.S. Visit: i Beatles vengono censurati. E succede nella bigottissima Memphis, la città del Tennessee dove quattro anni dopo verrà ammazzato Martin Luther King, il profeta nero che nel giugno 1964 lancia la Freedom Summer, la grande battaglia per i diritti dove per la prima volta protagonisti sono gli studenti, e che a trentacinque anni diventa il Nobel per la pace più giovane della storia.
Tutti gli anni sono indimenticabili: ma alcuni sono più indimenticabili di altri. Chissà cosa avrebbe pensato George Orwell — l’autore di 1984 è morto nel ’50 — vedendo nascere sulla sua Bbc, gennaio 1964, Top of the Pops.
La prima trasmissione televisiva “per voi giovani” è più che un segno dei tempi. Okay, Jon Savage ha scritto un libro, L’invenzione dei giovani, per dimostrare che le radici di quella cultura affondano più lontano: non si impazziva già negli anni Trenta per Frank Sinatra, alias “Swoonatra”, visti gli svenimenti delle fan? Per non parlare, naturalmente, di Elvis Presley. Nella Storia dei giovani Patrizia Dogliani risale adirittura ai riti d’iniziazione del Cinquecento: sesso & droghe, col rock dell’epoca, non scuotevano già il Carnevale peggio degli unz-unz-unz della techno di oggi? Ma la differenza con i Presley e i Sinatra è abissale. I Beatles con la cravatta — e prima di loro Elvis, e prima ancora Frank — erano giovani che volevano apparire grandi: altra cittadinanza sociale non c’era. I Beatles con i capelli lunghi sono i primi giovani che rivendicano, e non solo fisicamente, l’appartenenza a una specifica categoria sociale. I furboni del business, più veloci di qualsiasi intellettuale, subito vanno all’incasso: A Hard Day’s Night, il debutto cinematografico dei Beatles che già nella sceneggiatura segna la frattura generazionale con i giovinastri che si prendono gioco del nonno di Paul, straccia negli incassi — estate, manco a dirlo, del 1964 — proprio l’idolo Elvis di Viva Las Vegas.
Sì, succede davvero di tutto in quest’anno che fa da confine tra le generazioni, tramonto dei Baby Boomers (1946-1964) e alba della Generation X (1965-1976). I Rolling Stones incidono il primo disco, uno studente di origine italiana — Mario Savio — lancia il Free Speech Movement che inaugura la protesta studentesca, Herbert Marcuse scrive L’uomo a una dimensione e incendia la rivolta anticonsumi, in Inghilterra le bande giovanili sono così organizzate da darsi battaglia — Mods contro Rockers — sulla spiaggia di Brighton (e gli Who ci sciveranno un disco e un film, Quadrophenia con Sting), al Village di New York arrivano le prime minigonne disegnate a Carnaby Street da Mary Quant, in Cina Mao Zedong pubblica il Libretto Rosso della rivolta generazionale. Proprio mentre Radio Caroline, al largo dell’Essex, di nuovo Inghilterra, inaugura la stagione delle “radio pirata”.
Ricorda sempre Savage che «gli americani incominciarono a usare il termine teenager già nel 1944: definizione di marketing che rifletteva la nuova capacità di spesa degli adolescenti». Vero. Ma è solo nel 1964 che la linea tracciata tra l’ordinata del marketing e l’ascissa (l’ascesa!) della cultura giovanile incontra il punto più alto. È nel 1964 che Vance Packard, archiviati i Persuasori Occulti (ci vuole altro per manipolare i consumi della prima generazione nata con la tv) pubblica The Naked Society, denuncia di una società ormai nuda di fronte alle tecnologie che invadono la privacy. Ed è contro “the Machine”, l’apparato, che si scagliano i giovani di Berkeley, iniziando la lunga marcia che nel ’68 sconvolgerà il mondo: che è diventato, intanto, un Villaggio Globale, come si affanna a spiegare sempre nel 1964 — il libro si chiama Capire i media — un “certo” Marshall McLuhan. Neppure il ricatto della Bomba regge più: il Dr. Stranamore di Peter Sellers (e Stanley Kubrick) dimostra ai ragazzi del ’64 che si può sorridere, con rabbia, perfino dell’incubo nucleare.
L’immaginazione non è ancora al potere ma la rivoluzione, nei costumi e consumi, è irreversibile. «L’impossibilità di distinguere tra arte e intrattenimento è uno dei due più importanti avvenimenti culturali degli anni Sessanta» nota sornione William L. O’Neilly in Coming Apart: «L’altro è l’esplosione di quella che diviene nota come controcultura ». Non c’è più religione: nella primavera 1964 Ken Kesey e i Merry Pranksters comprano per 1500 dollari uno scuolabus, lo dipingono, lo riempiono di acidi e droghe d’ogni tipo e partono alla volta di New York. Vogliono rendere omaggio a Timothy Leary: ma la diaspora tra vecchi e giovani si è consumata perfino qui, il dottore dell’Lsd non vorrebbe neppure incontrarli quei ragazzacci che considerano la droga solo un gioco. Quattro anni dopo, mentre i Beatles tornano in classifica, capellonissimi e barbuti, con quel Magical Mistery Tour che al viaggio di Kesey somiglia tantissimo, sull’avventura psichedelica dei Pranksters il grande Tom Wolfe scriverà The Electric Kool-Aid Acid Test, che Gus Van Sant sta trasformando in un film proprio oggi: oh yes, giusto in tempo per il cinquantennale del 2014... Fu l’anno che diede un taglio al Novecento: e vi sorprende che bruci ancora?