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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

PER ROCCA SALIMBENI SI APRE IL CAPITOLO STATALIZZAZIONE


GLI OSTACOLI
ROMA L’incertezza. E’ questo il peso che dovrà sopportare Mps nei prossimi mesi, dopo il rinvio dell’aumento di capitale da 3 miliardi votato dalla Fondazione. L’incertezza sui tempi effettivi dell’operazione, ma anche quella ancora più pesante sull’esito dell’iniezione di liquidità richiesta al mercato, visto che dovrà essere ricostituito un consorzio di garanzia composto da ben 15 istituti internazionali (non un affare da poco coi tempi che corrono e il pressing degli stress test della Bce). E’ il macigno messo sul tavolo dal presidente Alessandro Profumo per spingere sul varo immediato dell’aumento di capitale. Al quale però ora se ne aggiunge un altro altrettanto pesante, visto che è difficile immaginare che la decisione di respingere la decisione del cda non provochi scosse al vertice. Il cocktail di incertezze è insomma di quelli più odiati dal mercato. Che naturalmente non tarderà a presentare il conto. Il contrario di una panacea per il titolo ormai arrivaro a quota 0,17 euro (ieri ha perso il 2,5%) quando solo tre anni fa valeva 90 centesimi.
Fin qui le incognite. È invece certo il prezzo del rinvio, se non altro in termini di maggiori interessi sul prestito da 4,1 miliardi del Tesoro. Si tratta di 120 milioni di euro di maggiori interessi da mettere in bilancio per 4 mesi di ritardo nel rimborso dei Monti-bond (ogni mese in più costa all’incirca 30 milioni, considerato un tasso del 9,5%). E non è finita. Perchè la banca senese, come è noto, tra breve dovrà pagare al Tesoro una rata di interessi 2013 di 330 milioni: l’avrebbe pagata senza affanni una volta alleggerita di 3 miliardi di debito coperti dall’aumento di capitale. Ora però che il calendario è cambiato, sul groppone di Mps rimangono i 4,1 miliardi di debito mentre toccherà sborsare per interessi un totale di 450 milioni.
Conto pesante, insomma. E probabilmente lo diventerà ancor più. Perché proiettare l’operazione a giugno significa mettere in preventivo anche costi maggiori per la costituzione del consorzio di garanzia. Senza contare che se l’aumento dovesse saltare anche a giugno per via della non disponibilità delle banche che compongono la ciambella di salvataggio, allora il Tesoro, e quindi tutti i contribuenti italiani, si troveranno sulle spalle un mancato incasso cash di 3,33 miliardi (più i 120 milioni degli interessi aggiuntivi). Tutto ciò con la nazionalizzazione alle porte secondo i tempi dettati dalla Ue (il rimborso del prestito deve essere chiuso entro il 2014). Se invece non ci saranno intoppi, già dal 12 maggio la banca avrà due settimane per la negoziazione dei diritti e poi un’altra settimana per l’inoptato. E già a luglio lo Stato potrebbe incassare l’assegno atteso. Ma lo consentiranno i mercati? La domanda non è oziosa.
Comunque vada a finire (anche considerando che l’operazione vada liscia a giugno), la banca andrà gestita per quattro mesi con un peso non indifferente sulle spalle, non previsto dal piano industriale. E chi sarà a muoverne le sorti? Un cda azzoppato con un nuovo presidente e magari un nuovo amministratore delegato, o sarà tutta la prima linea a essere cancellata da un colpo di dimissioni in un momento così cruciale per Siena? Questo si chiederà già da lunedì il mercato. Per ora Profumo si è limitato a dire che ogni decisione è rinviata a gennaio, al primo cda dell’anno nuovo (è già in calendario una riunione a metà mese ma i tempi potrebbero accelerare). Il suo disimpegno è però dato quasi per scontato dai più, già impegnati nel toto-successore (si parla di Carlo Salvatori, Divo Gronchi, Piero Barucci o Lorenzo Bini Smaghi). Ammesso che uno dei nomi in circolazione sia disposto a raccogliere il testimone in un momento così delicato.
Quanto a Fabrizio Viola, sembrerebbe più orientato a mantenere il timone. Per la verità l’ad, a quanto pare, ha accarezzato seriamente l’ipotesi di gettare la spugna. Ma la tentazione di portare in porto la ristrutturazione, seppure in ritardo, sembra tenerlo al momento ancora stretto all’incarico. Naturalmente, molto dipenderà dal cda.