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 2013  dicembre 29 Domenica calendario

ASCESA E CADUTA DI UN RIFORMATORE


Tra quanti assistettero al rogo di Girolamo Savonarola e di due suoi fedeli frati domenicani, in piazza della Signoria a Firenze il 23 maggio del 1498, probabilmente in molti si aspettavano ancora un atto clamoroso, una prova eccezionale che mostrasse la verità e il senso delle sue profezie su Firenze, la nuova Gerusalemme.
Così almeno annota nel suo diario Luca Landucci, testimone prezioso di quegli accadimenti e fonte importante per la ricostruzione dei fatti fiorentini del tempo. Non è l’unico a interrogarsi sull’eccezionalità della figura di Savonarola e sulla straordinarietà degli eventi politici e profetici che lo videro protagonista. Fin troppo facile – ma la questione storiografica è ancora aperta e appassionante – è evocare la profonda impressione che Savonarola esercitò su Machiavelli, che per un verso ne trasse un insegnamento sulla condanna al disastro per ogni «profeta disarmato», per un altro verso ne riconobbe la grandezza e il disegno riformatore: «Essendo Firenze, dopo al 94, stata riordinata nello stato suo con lo aiuto di frate Girolamo Savonerola, gli scritti del quale mostrono la dottrina, la prudenza, e la virtù dello animo suo».
Ma Machiavelli rimprovera anche il brusco cambiamento di rotta del frate che, dopo aver riformato le leggi di Firenze, assicurando che ciascun cittadino avrebbe potuto fare ricorso al Consiglio grande in caso di condanne, lasciò che cinque ottimati accusati di complottare a favore del ritorno dei Medici venissero condannati a morte senza possibilità di appello e senza una base legale per la condanna.
Questo brutale e contraddittorio ritorno a una condizione di illegalità fu secondo Machiavelli il primo passo verso la caduta del Savonarola, dal momento che «avendo scoperto l’animo suo ambizioso e partigiano, gli tolse reputazione, e dettegli assai carico».
Di certo l’azione e la predicazione di Savonarola ebbero una straordinaria funzione di catalizzatori di forze e tensioni che attraversavano la società italiana e che a Firenze trovarono un punto di rottura e di nuovo equilibrio. Savonarola è un riformatore, politico e religioso, con il suo linguaggio profetico e la sua capacità di comprendere e reindirizzare le energie civili e collettive, le aspirazioni di gruppi e di singoli, alcuni fenomeni sociali; come ad esempio la violenza delle bande di «fanciulli» che si scatenava in sassaiole e in scontri sanguinosi, come una sorta di incontrollata energia che Savonarola cerca invece di incanalare positivamente al servizio della città, come egli stesso afferma in una predica del 1496: «E che questa mutazione de’ fanciulli sia stata opera di Dio, tu ne hai di molti segni: e prima perché tu sai che per li tempi passati non si è mai potuto per forza d’alcuno magistrato, né per bandi e pene forti, rimuovere quella mala consuetudine (...), e ora un fraticello con poche parole, mediante l’orazioni delli buoni, la ha rimossa».
Savonarola ha molto impressionato i suoi contemporanei, ma non ha mai smesso di provocare le generazioni successive ed è oggi al centro di un rinnovato interesse storiografico.
La monografia del noto specialista americano Donald Weinstein, Savonarola. Ascesa e caduta di un profeta del Rinascimento, rimette in prospettiva l’azione di Savonarola nel contesto dell’Italia della fine del Quattrocento, e punta l’attenzione sulla formazione e l’evoluzione del frate domenicano, sulla sua graduale presa di coscienza della propria missione, intrecciandola con la trasformazione di una situazione politica e culturale estremamente complessa e mobile, che Weinstein ci restituisce in profondità e con una scrittura molto gradevole.
Il libro mostra il percorso evolutivo di un Savonarola che quasi sembra voler costruire se stesso, che cerca con determinazione la propria strada e la propria vocazione. Diventa domenicano contro il parere della famiglia e segue dapprima il normale corso formativo di ogni predicatore, attingendo anche a quella varia e vasta sensibilità profetica che caratterizza i suoi tempi e che marca la sua cultura. A Firenze diventa predicatore di grande potenza, dopo alcuni inizi stentati, e infine profeta politico capace di assumere un ruolo e uno spazio nella vita della città, contribuendo alla caduta del regime di Piero de’ Medici e all’instaurarsi quasi prodigioso di un nuovo regime repubblicano.
Firenze diventa la nuova Gerusalemme, il re di Francia diventa il nuovo Ciro, mandato in Italia per punire la corruzione della Chiesa e dei governi. Politica e profezia si intrecciano in modo non banale, con un processo graduale ma sempre più ambizioso, in cui le vicende politiche interne e internazionali sono segni di trasformazioni imminenti, che confermano la lettura profetica e la sua veridicità, con una straordinaria capacità di ulteriore mobilitazione dei cittadini e determinazione di nuovi avvenimenti.
Il libro di Weinstein mostra come questa onda, individuale e collettiva, di trasformazione si sia man mano prodotta, come Savonarola abbia colto tensioni culturali e sociali moltiplicandone la forza e indirizzandole sempre più chiaramente verso un progetto politico che aveva il suo epicentro a Firenze ma che era nutrito di ambizioni ancora più vaste e difficilmente governabili.
Ne risulta un Savonarola potente, ma anche ambiguo, «disarmato» sì, come diceva Machiavelli, ma disarmato anche di fronte al suo stesso progetto, che di colpo lo isola, lo conduce alla scomunica, lo espone alla delusione popolare, quando i segni lo contraddicono e c’è chi lo sfida sul suo stesso terreno della profezia, e infine lo sottopone alla tortura – in cui la tempra savonaroliana sembra schiantarsi nell’ammissione di colpe, azzardi, errori – e al rogo.
Al Savonarola predicatore e filosofo ci riporta invece il lavoro di Lorenza Tromboni, Inter omnes Plato et Aristoteles: Gli appunti filosofici di Girolamo Savonarola, che presenta l’edizione critica del testo latino di due raccolte di appunti filosofici di Savonarola, il De doctrina Aristotelis e il De doctrina Platonicorum, preceduta da una lunga e accurata introduzione.
Si tratta di due testi piuttosto tecnici, ma che ci illuminano sul lavoro del Savonarola trattatista e predicatore. Infatti questi appunti fungevano da repertorio di citazioni da inserire all’occorrenza nei sermoni e nei trattati, anche quelli in lingua volgare e negli scritti destinati a un pubblico di laici.
I grandi filosofi, Aristotele e Platone, sono da Savonarola visti con rispetto e la loro presenza è attestata in molte sue opere: ne parla a proposito del naturale desiderio di conoscere, della figura del saggio, della semplicità del sapiente, della politica, li usa nel confutare l’astrologia, tutti temi che si prestano a essere utilizzati nella predicazione. Tuttavia i filosofi pagani rappresentano un sapere limitato alle capacità umane, utile in molti casi, ma che rischia di essere fuorviante in altri casi.
Quando per esempio i «due ingegni grandi, Aristotele e Platone» descrivono un Dio che si disinteressa agli uomini, non fanno altro che proiettare il loro proprio disinteresse nei confronti degli uomini, la loro propria superbia e vanno dunque confutati.
È qui il Savonarola predicatore che difende chi lo ascolta dai possibili errori dei filosofi, che vanno affrontati da pari a pari, è qui che si coglie qualcosa del suo stile quando ancora il frate è «signore» dal suo pulpito: «Orsù parliamo a questi superbi, superbamente».