Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 29/12/2013, 29 dicembre 2013
LE INCOGNITE SULLA STRADA DEL GOVERNO CINESE
PECHINO. Dal nostro corrispondente
Viene in mente il cubo di Rubik al pensiero della missione che la nuova leadership cinese si appresta a realizzare nel 2014: il duo Xi Jinping-Li Keqiang dovrà far quadrare tutte le facce del futuro prossimo del Paese, trovando la combinazione buona a realizzare il Chinese dream.
Non sarà facile. È l’economia il fulcro del meccanismo di riforma nato dal Terzo Plenum di novembre, per una svolta che promette di essere la più incisiva dai tempi di Deng Xiaoping, l’uomo dell’apertura al capitalismo con caratteristiche cinesi. Aver chiare le direttrici della rotta, non sarà sufficiente, ogni mossa potrebbe scontentare qualcuno dei poteri che finora hanno retto la Cina guidandola verso ciò che è oggi: la seconda potenza mondiale, alle spalle degli Stati Uniti.
Il catalogo del da farsi è questo: Stato e mercato dovranno ridefinire i rispettivi ruoli, le piazze finanziarie aprirsi agli investimenti stranieri, i tassi fluttuare liberamente, le aziende statali diventare profittevoli e la corruzione combattuta, i finanziamenti degli enti locali riformati e così le tasse sulle proprietà immobiliari, i consumi interni favoriti rispetto a un’economia ancora dipendente dall’export, lo yuan internazionalizzato, il Welfare rifondato.
Non sarà facile. La People’s Bank of China continua a privilegiare la stabilità del mercato mentre la liberalizzazione dell’economia procede a scatti, lo yuan viene tenuto alto sul dollaro a scapito delle esportazioni già penalizzate dalla crisi globale, ma a maggio e a novembre si sono verificati insoliti picchi a doppia cifra. E, ancora, il peso dei crediti incagliati per le banche cinesi, i timori dell’inflazione oltre il 3%, i salari che crescono oltre il 20% annuo, la voragine dei debiti delle municipalità sull’orlo del default, la corsa degli immobili che, a detta di Wang Jianlin, fondatore del big developer Wanda Dalian Group, «continuerà almeno per i prossimi vent’anni e non c’è niente da fare».
Il ruolo della National development and reform commission (Ndrc) ne esce rafforzato, è da lì che partono gli input del cambiamento. Precisa Wang Jun, a capo del dipartimento finanziario della World bank East Asia and Pacific region, che «proprio da questo snodo si capirà che per le riforme economiche ci vuole più indipendenza dal potere politico». In altri termini, può lo Stato riformare il mercato senza, prima, riformare se stesso?
Un dogma sembra accantonato: la crescita, a tutti i costi, del Pil. Il Chinese dream non coincide più con un Pil a due cifre, ma la sostenibilità promessa un decennio fa dalla quinta generazione di leader oggi si deve compiere. I tempi stringono: i costi pagati all’industrializzazione in termini di distruzione di risorse e di inquinamento sono stati altissimi. Bene l’obiettivo del 7,5%, dunque, per il 2014, in equilibrio sul rallentamento creato da crisi dell’export, società inefficienti, misure di contenimento dei prezzi delle case.
Il governatore Zou Xiaochuan a differenza di quanto ha appena fatto il 20 dicembre, nel giugno scorso ha rifiutato di immettere liquidità per lanciare un segnale al sistema sul cortocircuito di prestiti a breve per finanziare progetti immobiliari, ma continua a comprare buoni del tesoro americani e a stampare moneta. Il cambio dollaro-yuan è piombo nelle ali per l’export cinese e gli investimenti in riserve monetarie estere. Ma Zhou non guarda solo alla politica monetaria, ha eliminato restrizioni ai tassi dei prestiti in luglio e a settembre introdotto un benchmarking di qualità.
La China security regulatory commission (Csrc) fa gli straordinari per la riforma dei mercati borsistici. A gennaio ripartono le Ipo bloccate da un anno, nuove regole sul delisting, i nuovi certificati di deposito, si studiano le garanzie sui depositi necessari per arrivare a una liberalizzazione dei tassi.
Le variabili nascono dalla globalizzazione. La politica estera, il mondo, diventeranno essenziali nel 2014 per l’economia cinese. La Cina vuol far la sua parte nella politica globale. Ma il presidente Xi non potrà distogliere lo sguardo dalle cose di casa propria.